L’Arabia Saudita ha annunciato questo mercoledì un progetto per accrescere la sua rilevanza nel settore dei semiconduttori e stimolare la diversificazione dell’economia, che attualmente dipende dalle esportazioni di petrolio. Il piano, chiamato National Semiconductor Hub, punta ad attirare nel paese cinquanta aziende fabless di microchip – ossia aziende specializzate nella fase di progettazione ma non in quella di fabbricazione, che viene esternalizzata – entro il 2030; nel breve e medio termine la manifattura di questi componenti avverrà comunque all’estero, non in territorio saudita.
“NON STIAMO CERCANDO DI SOSTITUIRE NVIDIA O DI SFIDARE INTEL”
L’Arabia Saudita ha specificato di non stare “cercando di sostituire NVIDIA o di sfidare Intel”: significa che il regno non sta puntando sui microchip avanzati, come quelli necessari ai sistemi di intelligenza artificiale o agli armamenti, ma su dispositivi molto meno sofisticati, anche perché non possiede una base industriale, una filiera e una forza-lavoro sufficientemente sviluppate. In prospettiva, però, il paese punta a trasformarsi nel principale polo tecnologico del Medioriente: non solo semiconduttori, dunque, ma anche centri dati e intelligenza artificiale.
IL PIANO DELL’ARABIA SAUDITA PER I MICROCHIP
A febbraio l’Arabia Saudita ha creato una società di investimento, Alat, dedicata allo sviluppo di centri di microchip e alla ricerca di soci: ha una dotazione di 100 miliardi di dollari provenienti dal PIF, il fondo sovrano nazionale presieduto da Mohammed bin Salman, il principe ereditario (ma regnante di fatto) nonché principale promotore del piano di trasformazione e crescita economica “Vision 2030”.
Alat punta a produrre un milione di wafer (si chiamano così le “fette” di materiale semiconduttore necessarie alla produzione di chip) entro il 2030, stimando entrate per circa 10 miliardi di dollari. Nell’immediato, tuttavia, l’Arabia Saudita si concentrerà non sulla manifattura ma sull’attrazione e la creazione di aziende fabless, alle quali fornirà incentivi di vario genere (terreni, accesso al credito, stipendi pagati per metà dallo stato per due anni). Tre società hanno già aderito al programma e altre dieci hanno fatto richiesta.
LA COMPETIZIONE TRA STATI UNITI E CINA
L’iniziativa saudita sui semiconduttori risente della competizione politico-tecnologica tra gli Stati Uniti e la Cina. Washington, infatti, sta limitando le esportazioni di microchip avanzati verso l’Arabia Saudita e altre zone del Medioriente per impedire alle aziende cinesi – che non possono acquistarli direttamente – di entrarvi in possesso attraverso i centri dati situati nella regione.
Il capo di Alat, peraltro, ha anche fatto sapere che il fondo è pronto a disinvestire dalla Cina qualora gli venisse chiesto dagli Stati Uniti: l’Arabia Saudita ha bisogno della componentistica americana – sono americane tutte le principali società di processori, come NVIDIA e AMD – per sviluppare l’intelligenza artificiale. Il PIF ha stanziato una somma di 40 miliardi di dollari per gli investimenti in questa tecnologia.