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Netflix Hollywood

Perché la cura della password fa bene a Netflix

Negli Stati Uniti 100mila abbonati in più per Netflix nei primi giorni dalla stretta sulla condivisione delle password del gigante dello streaming entrata in vigore il 23 maggio

Anche se è finito l’amore ai tempi della condivisione password, gli abbonati non mollano Netflix.

La piattaforma ha guadagnato circa 100mila sottoscrizioni giornaliere negli Stati Uniti, nei giorni successivi al limite di condivisione degli account tra vari utenti. È quanto emerso da un report della società di analisi Antenna, rilasciato venerdì scorso.

Netflix in precedenza aveva chiuso un occhio sulla condivisione delle password perché stava alimentando la crescita. “L’amore è condividere una password” twittava la società nel 2017, come ricordato da The Verge. Tuttavia, l’anno scorso la società ha annunciato che avrebbe represso la condivisione delle password perché danneggia i suoi profitti.

E all’inizio del 2023 la piattaforma ha iniziato a reprimere la condivisione delle password in diversi paesi, tra cui Canada, Nuova Zelanda, Portogallo e Spagna. Dopodiché il giro di vite sul “password sharing” è arrivato per tutti gli altri.

Tutti i dettagli.

LA STRETTA SULLE PASSWORD…

Netflix aveva stimato che oltre 100 milioni di famiglie avevano fornito le proprie credenziali di accesso a persone fuori casa, di cui 30 milioni negli Stati Uniti e in Canada

Secondo la nuova politica, chi vuole far utilizzare il proprio account a persone esterne al proprio nucleo famigliare, deve pagare un prezzo aggiuntivo, pari a 4,99 euro in Italia e 8 dollari negli Stati Uniti. In questo modo ottiene uno “slot” entro cui inserire l’indirizzo email di chi sfrutterà l’abbonamento a Netflix per i contenuti in streaming.

HA DATO I SUOI FRUTTI

Tra il 26 e il 27 maggio, giorno dell’annuncio della nuova stretta sulle password, negli Stati Uniti gli abbonati a Netflix sono aumentati del 102% rispetto alla media giornaliera dei mesi precedenti. Secondo Antenna, una crescita del genere non si vedeva dai tempi dei lockdown per il Covid.

“La media giornaliera delle iscrizioni a Netflix ha raggiunto i 73.000 durante quel periodo, un aumento del +102% rispetto alla media dei 60 giorni precedenti. Questi superano i picchi delle iscrizioni osservati durante i blocchi iniziali del Covid-19 negli Stati Uniti a marzo e aprile 2020” ha spiegato la società di ricerca.

Se alcuni abbonati hanno deciso di annullare l’iscrizione a Netflix, nuove iscrizioni hanno sommerso la piattaforma di video streaming, ha osservato Antenna.

PER ORA LA STRATEGIA PAGA

In occasione della presentazione dei risultati trimestrali lo scorso aprile, la società ha spiegato di aver registrato una “reazione di annullamento in ogni mercato quando annunciamo la notizia” sull’opzione di condivisione a pagamento, ma poi vede “un aumento delle acquisizioni e delle entrate”. Nel primo trimestre del 2023 Netflix ha registrato un aumento netto di 1,75 milioni di abbonati in streaming globali nel primo trimestre, quasi il 5% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, anche se inferiore agli oltre 3 milioni previsti dagli analisti di Wall Street.

Lo stop agli abbonamenti condivisi non ha solo fatto aumentare le sottoscrizioni ma ha anche portato ad un balzo del titolo in Borsa. Netflix ha visto salire le proprie azioni, con un aumento del 25% nell’ultimo mese e del 129% dall’anno scorso.

E I RIVALI SEGUONO

Infine, i rivali guardano alle mosse del leader di mercato e seguono le orme.

Come Netflix, anche Disney ha lanciato l’anno scorso una versione supportata dalla pubblicità della sua piattaforma di streaming, Disney+. Un’opzione supportata dalla pubblicità sarà inoltre aggiunta a Disney+ in Europa entro la fine dell’anno. “Abbiamo appena iniziato a grattare la superficie di ciò che possiamo fare con la pubblicità su Disney+”, ha spiegato il ceo Bob Iger in occasione della trimestrale.

Pure Amazon starebbe pensando a un abbonamento per Prime Video con la pubblicità, a costo più contenuto. Lo ha riferito per primo la scorsa settimana il Wall Street Journal.

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