Soprattutto nel periodo in cui il mondo pareva voler fare a meno del petrolio, i sauditi, seduti sui principali pozzi di greggio oggi conosciuti, avevano iniziato a diversificare le proprie attività puntando anche sul gaming, ovvero sui videogiochi. Difficile tenere conto del loro shopping sfrenato dato l’alto numero di partecipazioni e acquisizioni.
Quel che è certo è che l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca e il sovvertimento delle aziende green di tutte le cancellerie del mondo non sembra averli distolti dal rinnovato interesse per i videogame: hanno infatti appena preso parte alla più grande operazione leveraged buyout (cioè acquisizione compiuta almeno in parte con denaro preso in prestito) della storia: quella della software house statunitense Electronic Arts, che i più conoscono come Ea, sigla dei titoli calcistici un tempo su licenza Fifa.
EA ESCE DALLA BORSA
Ea è stata ceduta per 55 miliardi di dollari a un consorzio a tre punte composto dal Public Investment Fund dell’Arabia Saudita (Pif), da Silver Lake e dalla Affinity Partners di Jared Kushner, genero del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. I nuovi proprietari procederanno dal delisting dal Nasdaq, dove il produttore di videogiochi era attualmente quotato.
LA SCALATA DEL FONDO SAUDITA
Pif aveva già comprato una quota di Electronic Arts nel 2021 per 1,1 miliardi di dollari e aveva poi proceduto con la scalata fino a mettere nel portafogli il 10% della società californiana di Redwood City.
I TEMPI DEI TITOLI SU LICENZA SONO FINITI?
La software house che un tempo era presente in più ambiti e soprattutto aveva la forza economica di produrre titoli su licenza (sotto il marchio Ea abbiamo avuto le trasposizioni ufficiali di successi al botteghino del calibro di Harry Potter, Il padrino e Il Signore degli Anelli) si era ridimensionata nel corso degli anni, preferendo concentrare le proprie attività nel gaming sportivo: Fifa, che oggi è Fc, Madden Nfl (rugby), Nhl (hockey su ghiaccio) e titoli dedicati al golf.
SU COSA PUNTA EA OGGI
Poche le serie afferenti ad altri generi che il produttore statunitense ha mantenuto nel portafogli, solo blockbuster: Battlefield, Apex Legends e The Sims. L’ultimo capitolo della saga di Battlefield, ovvero Battlefield 6, secondo Alinea Analytics, avrebbe superato 600.000 ordini su Steam e risulterebbe nella lista dei desideri ammontano di 2,7 milioni di gamer. Che in soldoni si tradurrebbero in 35 milioni di dollari di introiti sul solo Steam.
Altrettanto poche le incursioni nei single player, con titoli di nicchia come Zau, Wild Hearts o Lost in Random. Insomma, la Ea dell’ultimo periodo non monopolizza più gli scaffali dei rivenditori come accadeva una ventina d’anni fa preferendo focalizzarsi su saghe annuali che garantiscano la massima remunerazione. Una scelta che si è rivelata vincente dato che l’ottimizzazione delle spese ha migliorato i bilanci.
TAGLI IN ARRIVO?
Se i bilanci sono tornati a sorridere, però, non lo si deve solo a un maggior ordine della propria pipeline di prodotti. L’etichetta americana infatti, come Start Magazine aveva già raccontato mesi fa, è risultata fin da subito tra le più entusiastiche dell’arrivo negli uffici degli algoritmi di intelligenza artificiale intesa come strumento per risparmiare. E ora potrebbe persino accelerare a ampliare i propri piani di sostituzione dei creativi con l’AI, almeno secondo il Financial Times, che rivela che la nuova direzione starebbe già lucidando la mannaia dei tagli.
Il solo che almeno per ora dovrebbe avere il posto assicurato è Andrew Wilson, amministratore delegato di Electronic Arts dall’ormai lontano 2013. I nuovi acquirenti hanno subito fatto sapere che resterà saldo alla sua scrivania, forte di una gestione che ha visto raddoppiare i ricavi e quintuplicare la capitalizzazione. Almeno fino a quando non si troverà un algoritmo capace di condurre meglio l’azienda.