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Arabia Saudita Videogiochi

Videogiochi d’Arabia. Come e perché bin Salman è a caccia di nuovi affari

L'Arabia Saudita insegue la Cina nel tentativo di diventare il prossimo player del settore dei videogiochi, che ha ormai superato i 200 miliardi. Il principe Mohammed bin Salman punta tutto sugli e-sports e ha presentato i progetti per un distretto innovativo in cui verranno disputati i campionati del futuro. Per ora, però, i ritorni sono esigui

Non saranno l’oro nero del futuro, ma i videogiochi sono un mercato che potrebbe contribuire a sostituire lo smercio di petrolio in un futuro che sembra sempre più green. O almeno è la speranza del principe Mohammed bin Salman, ormai intenzionato ad aggredire un comparto che vale globalmente più di 200 miliardi di dollari ( secondo PwC supererà i 300 miliardi di dollari – esclusi gli eSport – entro il 2026). Chiara la volontà di competere direttamente con l’ultimo attore arrivato sul proscenio, la Cina, che negli ultimi anni si è imposta spaccando la storica spartizione di Usa e Giappone.

LA COSTOSISSIMA PASSIONE DELL’ARABIA SAUDITA PER I VIDEOGIOCHI

Dopo avere istituito un fondo da 38 miliardi per importare nel Paese le imprese più fiorenti del settore e puntare tutto sugli e-sport, Mohammed bin Salman ha costituito Savvy Games Group (guidata da Brian Ward), che si è subito mossa acquisendo lo studio di sviluppo mobile Scopely (Kingdom Maker, Marvel Strike Force e Scrabble GO) per 4,9 miliardi di dollari.

Quindi l’Arabia Saudita ha investito 8 miliardi in 18 mesi in azioni in alcune delle maggiori compagnie esistenti: Nintendo, conosciuta per Super Mario e Zelda, nonché produttrice di piattaforme proprietarie (l’ultima, la Switch, in pochi anni ha piazzato qualcosa come 130 milioni di unità), Embracer (che detiene un nugolo di studi e IP, ma è in una crisi nera) e Take-Two, che tra le numerose proprietà intellettuali nel portafogli deve la sua fortuna soprattutto a GTA e Red Dead Redemption.

SHOPPING DA SCEICCHI DA ORIENTE A OCCIDENTE

In Nintendo l’Arabia Saudita aveva prima aumentato le quote azionarie fino a superare il 7%, quindi il fondo pubblico d’investimento (PIF), controllato in gran parte dal principe Mohammed bin Salman, ha raggiunto l’8,26% posizionandosi di fatto come il più grande azionista estero di Nintendo.

Cifre analoghe sul fronte statunitense, dove ha iniziato una eguale scalata in EA – Electronic Arts, software house dalla capitalizzazione da oltre 38 miliardi nota per le sue serie sportive (fino a poco tempo fa, per i suoi titoli calcistici aveva la licenza di Fifa). Prima si è accaparrata il 5,1% del colosso americano dell’intrattenimento, quindi nel giro di pochi mesi l’Arabia Saudita è salita al 5,8.

L’ARABIA VUOLE I VIDEOGIOCHI SPORTIVI DI EA

È notizia delle ultime che il Public Investment Fund (PIF),  il fondo d’investimento pubblico del Paese, ha acquistato altre azioni di Electronic Arts portando la quota al 9,2%, per un totale di circa 25 milioni di cedole.
In realtà, a leggere i documenti, non si tratta di una vera e propria novità: è semplicemente venuta alla luce una scalata graduale che era stata orchestrata ed eseguita nei mesi passati. Ma rimarca il grande interesse dell’Arabia Saudita nei videogiochi.

L’ARENA HI-TECH PER I CAMPIONATI DEL FUTURO

Non a caso, nel medesimo periodo è stata completata la realizzazione di Qiddiya City, un distretto innovativo di Riyhad dedicato esclusivamente all’intrattenimento, al cui interno sorgerà l’Esports Arena, un palazzetto con la più vasta area di schermi video al mondo e 5mila sedili 4D capaci di stimolare tutti i sensi per seguire gli e-sports anche grazie all’imponente “lampadario digitale” posto al centro della struttura. Un dispositivo senza pari, altamente tecnologico, che permetterà agli spettatori di assistere ai match che avverranno nell’arena.

QUANTO FRUTTANO I VIDEOGIOCHI PER L’ARABIA SAUDITA?

Secondo l’ultimo rapporto della società Niko Partners, il mercato dei videogiochi di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto (la zona denominata MENA-3) è aumentato del 7,8% su base annua, raggiungendo i 1,92 miliardi di dollari nel 2023 con una crescita prevista fino a 2,65 miliardi nel 2027. Un giro d’affari ancora irrisorio, se si pensa che solo in Italia il settore vale 2 miliardi.
Il Paese che ha generato più ricavi nella regione è l’Arabia Saudita, con oltre la metà del fatturato, seguita da Emirati Arabi Uniti (31,9%) ed Egitto (10,5%).  Al momento, insomma, i sauditi non sono stati ripagati di tutti gli investimenti fatti: ma a quanto pare siamo solo al momento della semina. Una semina innaffiata quotidianamente da miliardi di petroldollari.
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