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Quello strano silenzio dei cyber esperti sull’Acn

Che cosa dice l'Acn (Agenzia per la cybersicurezza nazionale) e che cosa (non) dicono gli esperti del settore. La lettera di Gagliano

Caro direttore, ho notato che Start Magazine ha sottolineato una certa ritrosia di esperti e analisti addentro alle cose cyber sul caso Equalize e non solo Equalize.

Eppure l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn) continua a occupare le prime pagine dei giornali, ma non tanto per i suoi successi nella protezione delle infrastrutture critiche italiane quanto per il turbinio di polemiche.

Si ha l’impressione – non so se del tutto corrispondente al vero – che in Italia sovente si tenda a trasformare ogni nuova istituzione in un poltronificio per i soliti noti, specie dopo aver letto alcuni articoli del quotidiano il Fatto Quotidiano proprio sull’agenzia diretta da Bruno Frattasi che il governo Meloni ha nominato al posto di Roberto Baldoni.

Oltre al silenzio di solitamente loquaci esperti, si nota anche l’assenza nel dibattito sul tema di un altro prolifico professionista del ramo, ossia Antonio Teti, un esperto di cybersicurezza conosciuto a livello nazionale, una delle voci più autorevoli nel settore. Tuttavia Teti di fronte all’ennesimo caso ha preferito rimanere in silenzio, almeno finora.

Teti è una figura di spicco nel panorama della cybersicurezza italiana, con un curriculum che vanta decenni di esperienza accademica e consulenziale. Professore universitario e responsabile dell’area di ricerca sulla cybersecurity e sull’intelligence presso l’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, Teti è spesso invitato come relatore in conferenze nazionali e internazionali su temi di sicurezza informatica e protezione delle infrastrutture critiche.

Negli ultimi anni, Teti è diventato un punto di riferimento per diverse istituzioni pubbliche, tra cui proprio l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, dove è stato chiamato come consulente in vari progetti strategici.

La sua collaborazione con l’Agenzia gli ha conferito un ruolo chiave nell’orientare le scelte tecniche e strategiche volte a proteggere il Paese dalle minacce cibernetiche.

Di fronte al terremoto che sta scuotendo anche l’Agenzia, sarebbe lecito aspettarsi una presa di posizione netta da parte di chi si è sempre vantato di essere un paladino della sicurezza cibernetica.

Peccato non leggere da parte di analisti ed esperti del comparto, che hanno più informazioni e capacità di approfondimento di altri, interventi sui progetti di digitalizzazione finanziati dal Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), progetti che avrebbero dovuto rafforzare le difese del Paese contro i sempre più sofisticati attacchi informatici provenienti dall’estero. Eppure, dietro le quinte, si mormora che parte di questi fondi siano stati dirottati verso incarichi e consulenze per i soliti noti, piuttosto che investiti in tecnologie e personale qualificato. Sarà vero? Spero ovviamente di sbagliarmi.

L’Agenzia, che avrebbe dovuto essere il baluardo della nostra difesa cibernetica, rischia invece di diventare l’ennesima scatola vuota, buona solo a offrire comode poltrone a chi ha le giuste amicizie? Anche se l’agenzia, specie su Linkedin, grazie ai suoi comunicatori, è prodiga di contributi per delineare e definire le vere attività dell’agenzia.

Eppure, mentre la classe politica si affanna a varare decreti su decreti per ampliare le competenze dell’Acn, il rischio è che queste competenze rimangano lettera morta, soffocate sotto il peso di un apparato burocratico che, più che risolvere problemi, sembra creato apposta per moltiplicarli.

Spero, caro direttore, di sbagliarmi su queste sensazioni, su questi dubbi, su queste domande.

Grazie dell’attenzione e cordiali saluti.

Giuseppe Gagliano

 

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