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Roberto Baldoni si è dimesso. Ma che diavolo è successo nell’Agenzia nazionale per sicurezza cibernetica?

Cara presidente Meloni, mi chiedo cosa faccia l’Agenzia per la cybersecurity nazionale, quanto costi, quanto spenda, addirittura a cosa serva. Un po’ di trasparenza non guasterebbe se davvero la pacchia è finita. L'intervento di Umberto Rapetto

 

Giallo ai vertici nazionali della cybersecurity e tensioni tra governo e direzione dell’Acn. Il direttore generale dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale Roberto Baldoni si è dimesso. Baldoni ha rimesso l’incarico da dg di Acn nelle mani del governo. Baldoni era stato nominato direttore generale di Acn nell’agosto 2021, e aveva assunto il mandato da settembre 2021. In precedenza era stato vice direttore generale del Dis per sviluppare l’architettura nazionale di cybersecurity e coordinare le azioni di mitigazione degli attacchi cyber con impatto sulla sicurezza nazionale. Dal 2002 professore ordinario di Informatica all’Università La Sapienza di Roma, fondò nel 2011 e diresse fino al 2017 il primo centro di ricerca in Italia su “Cyber Intelligence e Sicurezza Informatica”. Secondo le indiscrezioni giornalistiche, Baldoni è stato dimissionato dal governo dopo i recenti attacchi hacker ai sistemi istituzionali. (redazione Start Magazine)

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Il o la Presidente del Consiglio – accerchiata da “gaffeur” e improvvidi gregari – ha sicuramente ben altro a cui pensare, ma sarebbe bello trovasse due minuti per spiegare agli italiani cosa sta combinando l’Agenzia da cui dipende il destino della sicurezza cibernetica nazionale.

Sembra che l’organismo strategico su un così delicato fronte abbia avuto qualche problemino nella pubblicazione della tanto attesa Strategia Nazionale Cyber avvenuta sabato scorso.

Pare che la sfavillante “versione 1.7” apparsa online presentasse una minuscola ammaccatura, che non è sfuggita ai soliti fastidiosi soggetti sempre pronti a far le pulci a chi combatte strenuamente a tutela del nostro futuro.

A rovinare il weekend degli indomiti pretoriani della difesa informatica del Paese è stato il quotato security manager dell’Università di Siena, che corrisponde al dottor Michele Pinassi e che – in un mondo di tromboni saccenti – si identifica nel “Cittadino Medio” al punto di aver appioppato tale etichetta anche al suo progetto mirato a diffondere la massima consapevolezza al problema della cybersecurity.

Pronto ad abbeverarsi (attenzione, non a farsela dare a bere) alla fonte di saggezza e competenza dell’Agenzia Cyber ha scaricato ed aperto il sospirato documento che doveva dare indicazioni per la salvaguardia del patrimonio informativo dell’Italia intera.

La curiosità lo ha spinto a voler vedere chi – dietro l’egida della ACN – fosse stato l’estensore di cotanto nettare di erudite conoscenze. Pur specializzato in Digital Forensic, Michele Pinassi si è limitato a vedere le proprietà del prezioso documento e ha scoperto che il nome dell’autore era tale Nadia Gullo.

Il background scolastico da laureato in discipline umanistiche e una presumibile passione per le statistiche anagrafiche ha spinto Pinassi a domandarsi quante fossero le “Nadia Gullo” in circolazione e quante – tra loro – lavorassero alla ACN o operassero nel medesimo contesto professionale.

Non sussistendo alcun caso di omonimia, il dottor Pinassi è stato costretto a constatare che la signora o signorina in questione lavora nella celeberrima società americana “Accenture” come “Security Consulting Consultant” (la ripetizione tautologica non è un refuso ma una sottolineatura del ruolo consulenziale fatto dalla stessa interessata).

Nessuno discute della preparazione della dottoressa Gullo e della bontà del suo elaborato, ma in tanti si domandano se “certe cose” vagamente critiche dovessero essere appaltate all’esterno.

Probabilmente l’Agenzia, nonostante le tante decorose candidature finite nel cestino, non ha nemmeno uno specialista che possa provvedere ad una simile incombenza. La magra remunerazione “Bankitalia style” probabilmente non ha ingolosito chi avrebbe potuto far bene quel lavoro oppure non è sufficiente per pretendere dai dipendenti ACN di mettersi all’opera.

Il mondo intero – potenza di Internet, di Linkedin e del passaparola hi-tech – ha potuto saggiare il valore dei nostri tecnici migliori, rigorosamente scelti per scongiurare incidenti ed imprevisti. L’aver sostituito il documento con un altro esemplare “ritoccato” con l’eliminazione del nome della Gullo porta a domandarsi se Emilio Fede avrebbe esclamato il fatidico “che figura di mmmerda” per la prima sventurata uscita o per quella della versione corretta.

La o il Presidente Meloni è certamente in grado di valutare autonomamente la gravità dello spiacevole episodio.

Si chiede cosa faccia l’Agenzia, quanto costi, quanto spenda, addirittura a cosa serva. Un po’ di trasparenza non guasterebbe se davvero la pacchia è finita.

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