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Covid-19 Contagi Immunità Gregge

Meditazioni su Covid-19 e post-Covid

Il post di Stefano Biasioli Per certe cose mi riconosco in quel signore che, partito come operaio in una famiglia operaia di Torino, ha finito la sua carriera come ceo di uno dei grossi gruppi della Fiat, quello del settore agricolo. Costui, nei vari pezzi che scrive, ricorda sempre le sue origine e la sua…

Per certe cose mi riconosco in quel signore che, partito come operaio in una famiglia operaia di Torino, ha finito la sua carriera come ceo di uno dei grossi gruppi della Fiat, quello del settore agricolo.

Costui, nei vari pezzi che scrive, ricorda sempre le sue origine e la sua diffidenza contro gli attuali ceo delle grosse multinazionali, incluse quelle della finanza e dell’informatica.

Chi scrive è invece “partito” da una famiglia della media borghesia (padre ingegnere edile e madre insegnante di lettere), devastata nel suo essere e nelle sue potenzialità dalla morte sul lavoro del padre, scomparso a 38 anni per l’esplosione di una mina. È stata definita la tragedia di Carisolo (12/10/1950): 6 morti in galleria. Papà e altri 5 poveri tecnici. Mamma è rimasta sola, con cinque figli: il più grande (il sottoscritto, di 7 anni) e il più piccolo di 7 mesi. La vita di noi fratelli è stata devastata da quella morte, per cui abbiamo dovuto lottare per avere “un posto al sole”.

Questa lunga premessa mi serve per dire che “la teoria è ben diversa dalla pratica”. In  teoria, una tranquilla vita borghese per noi 5 figli. In pratica, una vita vissuta “combattendo” (costante impegno, in tutto) fino alla conquista di una “normale serenità” professionale e familiare.

TEORIA O PRATICA?

In tempi di Covid-19 vale di più la teoria o la pratica?

In altri termini, dobbiamo ringraziare gli epidemiologi che sono riusciti ad impostare (dopo le ovvie incertezze iniziali di fronte ad un virus strano) un corretto percorso protettivo per la gente.

Isolamento del focolaio iniziale (si pensi a Vo’ Euganeo), tamponi a tutti in contatti degli infetti, percorsi chiari e separati: assistenza domiciliare per le forme minori, assistenza ospedaliera per i sintomatici più gravi.

All’interno degli ospedali, zone Covid-19 e non-Covid, potenziamento delle terapie intensive, blocco quasi totale dell’attività ospedaliera ordinaria, escluse le emergenze.

Scelte ottimali, pur nella gravità dell’infezione, causata da un virus strano, da un virus nato “perfetto”, in grado di contagiare da subito centinaia di migliaia di persone.

A memoria personale, non ho ricordi di altre situazioni analoghe.

Invece altre parti di questa storia sono meno condivisibili: le controversie sulle terapie, apertis verbis, in TV e sui social, che dimostrano l’ignoranza della medicina attuale (quella teorica) e la pretesa di alcuni di essere i depositari della verità. Non faccio cognomi, per carità di patria. Ma la medicina accademica ne uscirà a pezzi, alla fine.

Dall’altra parte, i medici ospedalieri. Uno sforzo immenso, con una tragedia sanitaria imprevedibile: è scomparsa una piccola città italiana (ad esempio, equivalente a quella Di Legnago), sono scomparsi circa 130 medici e un numero equivalente di sanitari.

Con un carico di lavoro imponente non solo nelle terapie intensive (30% dei casi, al top della pandemia) ma anche — e soprattutto — nei reparti di malattie infettive e nelle pneumologie.

Sono stati definiti “eroi”, salvo poi aggredirli (siamo in Italia) con le solite denunce di malpractice.

Una guerra? Quasi una guerra, combattuta  con armi spuntate… analoghe a quelle della spagnola del 1917.

Isolamento, mascherine, sequestro domiciliare. Mascherine assenti o carenti (ma non dovevano esserci i magazzini pieni, alla Consip?), criticità analoghe per camici, guanti, disinfettanti… Non parliamo poi dalla scarsezza dei “presìdi medici”:  dalle maschere per l’ossigeno al resto (ultravioletti, mezzi di sanitizzazione, ecc…).

E i farmaci contro il virus?

Nuovi farmaci, con azione tutta da dimostrare, scarsi come numero di pezzi e diffusione. Farmaci da non poter usare serenamente, per assenza di bollinatura da parte della burocrazia sanitaria, Aifa-Iss-Oms e compagnia cantando. Sono partite delle sperimentazioni, il cui risultato sarà noto tra mesi…

E, intanto? Intanto i medici ospedalieri si sono arrangiati e — protocollo o non protocollo, farmaci label o non label — hanno usato tutto quello che avevano sottomano e che l’esperienza loro consigliava.

Benissimo fare i tamponi a centinaia di migliaia di potenziali infetti ed infettanti. Benissimo e fondamentale. Ma, quale cura, prima-durante-dopo l’arrivo in ospedale, e il passaggio agli infettivi o in terapia intensiva (70-30% in fase critica, in Veneto)? Allora i medici ospedalieri si sono ingegnati, leggendo e rileggendo la letteratura e utilizzando l’esperienza clinica come guida.

Strana, questa virosi. Una malattia multiorgano, variegata nelle sue espressioni. Non solo grave-media insufficienza respiratoria ma anche encefalopatia, insufficienza renale acuta, patologia da coagulazione intravascolare, miocardite.

E, tutto, soprattutto, in pazienti cronici: ipertesi, cardiopatici, obesi. Maschi e donne (rapporto 3:1) soprattutto over 65 anni.

Terapie usate? Alla fine della storia, qualcuno cercherà di fare il riassunto dell’armamentario terapeutico usato.

Idrossiclorochina, anti-scabbia, ventilazione in posizione supina, Ivermectina; eparina; infusione di plasma dei soggetti guariti; Ecmo; plasmaferesi o tecniche adsorbitive della interleukina 6…

Mentre “i teorici discutevano e allestivano protocolli a futura memoria”, la pandemia veniva curata dagli ospedalieri. Sì, dai medici ospedalieri, con la praticità dei medici ospedalieri.

Gli studi controllati ci diranno quale sia il farmaco ideale, nelle forme lievi e nelle forme gravi. Ma, intanto, 45.000 persone sono guarite, con la terapia fatta ora.

Vedremo i risultati degli studi controllati. Vedremo se arriverà il vaccino.

Ma arriverà un vaccino? Vi ricordo che non è mai stato “creato” un vaccino anti-Hiv. E, questo virus, è un virus strano, troppo potente fin dall’inizio e molto mutante.

DOMANDE FINALI

Gli esperti nazionali ci stanno ossessionando con la possibile recidiva della virosi in autunno e con l’assenza di una persistente immunità, in chi è stato colpito in questi mesi.

Benissimo, anzi malissimo. Conviveremo con mascherina e guanti, limiteremo la nostra libertà, ma per quanto tempo?

E che ne sarà dell’economia italiana?

Come faremo in autunno, alla comparsa della solita influenza autunno-invernale, a capire se saremo colpiti-ricolpiti dal Covid-19 o dalla influenza “standard”?

Faranno il tampone a centinaia di migliaia di Italiani? Torneremo a fare 70 giorni di clausura domiciliare come ora?

Illustri virologi, avete pensato a questo? Ve lo chiede un “medico pratico”, che ha passato la sua vita dai primordi della dialisi fino alle tecnologie dialitiche attuali. Sporcandosi spesso le mani, tra tubi, pompe, soluzioni dialitiche e filtri. Contento di farlo, perché sapeva di essere utile a qualcuno.

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