L’e-commerce conquista il commercio, ma aumentano anche le sfide e i pericoli per aziende e consumatori. Il valore condiviso del commercio digitale ha raggiunto i 150,1 miliardi nel 2023, il 6% in più rispetto all’anno precedente, il doppio rispetto alla produzione dell’industria chimica, pari al 7% del prodotto interno lordo. La produttività del settore continuerà a crescere, confermando li trend iniziato nel 2016. Secondo le proiezioni, l’anno scorso il valore condiviso ha raggiunto 153, 6 miliardi di euro. Tuttavia, gli ostacoli sul cammino verso la definitiva consacrazione del commercio digitale sono ancora molti. La diffidenza di alcune aziende e decisori politici nei confronti del digitale, la carenza di figure professionali specializzate, la carenza di investimenti, la diseguaglianza fiscale tra servizi analogici e digitali, i cyber attacchi, le truffe e la pubblicità mirata. È quanto emerso nel corso dell’evento organizzato da Netcomm e Althesys “La Rete del Valore del commercio digitale per l’Italia e l’Unione Europea”.
I NUMERI DELL’E-COMMERCE
Nel 2023 il valore dell’e-commerce B2B ha toccato quota 265 miliardi di euro, il 10% in più dell’anno precedente, secondo quanto emerge dallo studio “La Rete del Valore del commercio digitale”. Il fatturato del settore ha raggiunto i 12,4 miliardi, il triplo rispetto al 2015. La quota delle PMI che utilizzano il servizio è raddoppiata rispetto al 2020. Ma l’e-commerce è in crescita anche tra i consumatori. Il mercato del B2C ha raggiunto 58,8 miliardi di euro, con un aumento del 6% rispetto all’anno precedente. Il 44,3% degli italiani utilizza questo servizio per risparmiare tempo, pagare più facilmente e comparare i prodotti.
Il valore condiviso generato dall’e-commerce è cresciuto del 6,6% rispetto al 2022, raggiungendo 150,1 miliardi di euro. Un trend che dura da una decina d’anni ormai, e ha portato ad un aumento del valore del 123% nel periodo 2016-2023. Tornando al 2023, le ricadute dirette legate al commercio digitale sono ammontate a 58,9 miliardi di euro, poco di più rispetto alle indirette (50 miliardi di euro). Le ricadute indotte sono state di 41 miliardi.
“L’e-commerce rappresenta ormai il 13% del commercio complessivo. I pagamenti digitali nel 2024 hanno superato quelli cash, raggiungendo il 43% delle transazioni, avvicinandosi alla media europea del 50%”, ha sottolineato Andrea Marino Gaboardi, Head of E-commerce Italy di Nexi.
LA PIAGA DELLE PRATICHE SCORRETTE
Le pratiche scorrette figurano tra i principali problemi che affliggono il digitale, danneggiando imprese e consumatori. Produrre nuove leggi non proteggerà di più le persone, secondo Vlad Vita, Policy Advisor, Ecommerce Europe, poiché diverse aziende sono già in regola e così facendo si rischia di punirle. L’approccio corretto, secondo il rappresentante dei consumatori, è rinforzare le leggi esistenti per aggiornarle sulle innovazioni tecnologiche e i rischi che portano con sé.
“Dobbiamo preoccuparci di proteggere i consumatori per garantire un ecosistema digitale più sicuro. I consumatori perdono tempo e denaro. Le pratiche dannose online costano 7,9 miliardi di euro, 707 milioni di euro alle aziende. I rischi non sono pochi. Ad esempio, più i giochi online diventano avvincenti e immersivi, maggiore è il rischio che creino assuefazione. Anche la pubblicità mirata rischia di rasentare la circonvenzione di incapaci. Per non parlare poi degli abbonamenti digitali, spesso difficili da disdire”, ha affermato Gianfrancesco Romeo, Direzione Generale consumatori e mercato del Ministero delle imprese e del Made in Italy.
“Dobbiamo informare l’utente e fornirgli le auto-protezioni contro le distorsioni del digitale. C’è un importante problema legato all’aumento e alla mancata emersione delle truffe. Tuttavia, il quadro europeo ed italiano sono sufficienti secondo me a tutelare i consumatori”, ha affermato Giorgio Aretino, Online Marketing & Ecommerce Director di TicketOne.
TASSARE LA PUBBLICITA’ MIRATA E’ GIUSTO?
La Digital Service tax, l’imposta che tassa alcune servizi digitali come la pubblicità mirata, è giusta? Secondo Ilario Scafati, membro della direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale del Ministero dell’Economia e delle Finanze, “è un’imposta infondata” che non colpisce né il reddito né il consumo.
“Bisogna evitare di penalizzare il digitale dal punto di vista fiscale. C’è però un’imposizione speciale che le altre imprese non hanno, l’imposta sui servizi digitali (digital service tax). Siamo tra i pochi al mondo a tassare alcune prestazioni digitali, non tutte. L’idea di fondo è che le imprese che utilizzano questi servizi, come la pubblicità mirata, dovrebbero poter sopportare una tassazione diversa rispetto a quella degli altri perché avrebbero un guadagno maggiore. Frutta 130 milioni all’anno al Fisco, ma il tema è sul piano della qualità. I giganti del digitale esteri vedono malissimo quest’imposta. Lo stesso Trump ha chiesto più volte una riduzione o eliminazione. Per adesso il confronto sul tema tra Ue e Usa mi sembra politico”, ha detto Scafati.
COSA SERVE PER ACCELERARE
Sempre più aziende e consumatori scelgono il Made in Italy nel mondo. Ma sono ancora molte le imprese italiane che faticano ad affermarsi nei mercati esteri a causa di barriere e differenze normative, secondo Francesca Pellizzoni, Manager Made in Italy di Amazon Italia.
“Siamo nel mezzo in una rivoluzione tecnologica all’interno di una rivoluzione industriale. Forse manca ancora questa consapevolezza tra imprese e cittadini. La semplificazione delle regole non è una chimera. Spesso dimentichiamo di far applicare le norme. La direttiva sulle asserzioni ambientali è vicina a vedere la luce. Una norma importante perché tutela concorrenza e consumatore. È un impegno in più per le imprese, ma al tempo stesso una tutela per le aziende che hanno investito di più in sostenibilità e digitale”.
E-COMMERCE ALLEATO DELLA SOSTENIBILITA’
Il mercato del second hand e riuso dell’online ha superato l’offline per valore, raggiungendo quota 14,4 miliardi di euro nel 2024. Numeri che dimostrano che l’e-commerce può rappresentare un alleato della sostenibilità.
“Il digitale può diventare un traino per altri settori, ad esempio sugli imballaggi, dove si può fare molta innovazione. Speriamo si raggiunga un accordo a livello mondiale sulla plastica, non accontentando i Paesi più ambiziosi. L’IA consuma troppa energia, ma permette di trovare rapidamente nuovi materiali sostenibili”, ha affermato Carlo Zaghi, membro della Direzione generale sostenibilità dei prodotti e dei consumi del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
“Il tema della sostenibilità è cruciale e l’e-commerce è un alleato. L’home delivery permette un risparmio delle emissioni di CO2 del 75%. Il nostro obiettivo è decarbonizzare le nostre attività entro il 2040 attraverso tecnologie e innovazione, tra cui l’Ia. Ad esempio, utilizziamo modelli di ottimizzazione del packaging per ridurre gli sprechi di materiali”, ha affermato Francesca Pellizzoni.