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Addio ai voucher lavoro. E ora?

La commissione lavoro ha deciso per l’eliminazione dei voucher lavoro. Si attende l’arrivo del decreto legge. Ci sarà comunque un periodo transitorio   Niente più voucher lavoro. A sorpresa (almeno nei tempi) il Governo ha deciso per l’abrograzione definitiva degli articoli 48, 49 e 50 del Jobs Act dedicati al lavoro accessorio su “definizione e…

La commissione lavoro ha deciso per l’eliminazione dei voucher lavoro. Si attende l’arrivo del decreto legge. Ci sarà comunque un periodo transitorio

 

Niente più voucher lavoro. A sorpresa (almeno nei tempi) il Governo ha deciso per l’abrograzione definitiva degli articoli 48, 49 e 50 del Jobs Act dedicati al lavoro accessorio su “definizione e campo di applicazione”, “disciplina del lavoro accessorio” e “coordinamento informativo a fini previdenziali”. Niente più referendum invocato dalla Cgil (al tal fine), ma ancora tante le questioni da risolvere. Approfondiamo insieme.

Cosa sono i voucher lavoro. E come funzionavano

voucher lavoroPartiamo dall’inizio. Il voucher è uno strumento pensato per la remunerazione dei piccoli lavori, quelli che solitamente sarebbero stati pagati solo in nero. E’ stato introdotto nel 2003 dalla legge Biagi per regolarizzare i lavori saltuari, come le ripetizioni scolatiche, le pulizie e per pagare i lavori stagionali (come quelli agricoli). Negli anni, l’utilizzo dei voucher è stato ampliato ed è stata tolta dalla legge la dicitura “di natura meramente occasionale”. Oggi possono essere utilizzati per remunerare qualsiasi attività entro un tetto di 7mila euro l’anno per lavoratore.

I voucher vengono acquistati dal datore di lavoro (si possono comprare in Posta o in alcune tabaccherie) che poi li consegna al lavoratore. Ogni voucher ha un valore di 10, 20 o 50 euro. Una parte del compenso va al lavoratore e una parte contributi. Facciamo un esempio concreto. Se paghiamo un ora di lavoro con un voucher da 10 euro nominali, 7,50 euro sono destinate in favore del lavoratore (si tratta della cifra corrisponde al compenso minimo di un’ora di prestazione). Il pagamento con il voucher, dunque, copre la copertura previdenziale presso l’INPS e quella assicurativa presso l’INAIL.

In pratica, grazie ai voucher il committente può beneficiare di prestazioni nel rispetto della legge, senza rischiare vertenze sulla natura della prestazione e senza dover stipulare alcun tipo di contratto.

La decisione del Governo

La commissione lavoro della Camera ha approvato l’eliminazione dei voucher, votando a favore dell’emendamento che abroga gli articoli 48, 49 e 50 del Jobs Act dedicati al lavoro accessorio. In queste ore, il Governo dovrebbe tradurre in decreto questa decisione.

Si tratta di una conclusione drastica, presa nella fretta di voler evitare un referendum (già fissato per martedì 28 maggio) sulla questione, con tutte le conseguenze politiche per la Sinistra che avrebbe provocato un nuovo insuccesso alle urne.

Inizialmente, infatti, l’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni, preoccupato per l’uso improprio dei voucher aveva proposto modifiche importanti alle regole, con un tetto massimo di pagamento di 2.000. Si era anche pensato di limitarli all’utilizzo delle sole famiglie, ma poi si è fatta strada la soluzione più drastica.

Perchè il Governo ha eliminato i voucher lavoro?

Le motivazioni per cui il Governo ha deciso di dire addio ai voucher sono principalmente due: la paura di un aumento del precariato e la copertura del lavoro nero.

lavoroNegli ultimi anni il lavoro accessorio, pagato con i voucher, è cresciuto a dismisura. Almeno come testimoniano i dati diffusi dall’INPS. In particolare,  il numero di voucher è cresciuto del 32% nei primi dieci mesi del 2016. L’aumento di utilizzo si va a sommare ad un importante incremento avuto nel 2015, anno in cui il numero di voucher è cresciuto del 67% nei primi 10 mesi, rispetto allo stesso periodo del 2014.

Si tratta di numeri che hanno fatto pensare che sta aumentando in modo esponenziale la precarizzazione del mondo del lavoro in Italia.

Il problema non è solo il precariato. I voucher lavoro, infatti potrebbero rappresentare una copertura al lavoro nero. Ci spieghiamo: il gestore di un locale potrebbe impiegare un dipendente per otto ore di lavoro giornaliere e acquistare un voucher in modo da retribuirlo regolarmente soltanto per una frazione del periodo effettivamente lavorato. E in questo caso, almeno formalmente, risulterebbe in regola.

In caso di visita di un ispettore del lavoro, gli basterebbe esibire il voucher e giustificare così la presenza del lavoratore proprio nel momento della visita.

E ora?

Ora come dicevamo serve che la decisione della Commissione Lavoro si tramuti in decreto (cosa che avverrà a breve). Dall’entrata in vigore dello stesso i buoni lavoro non potranno più essere venduti.

È previsto, però, un periodo transitorio, da ora fino al 31 dicembre 2017, in cui si potrà continuare ad utilizzare i buoni lavoro già acquistati.

Una scelta che delude

La decisione presa dall’esecutivo di Gentiloni “è molto deludente, anche come scelta della politica”, ha commentato Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria. “Se proprio si deve fare, si faccia il referendum”, ma “smontare una cosa senza dibattito non ci sembra la strada giusta”.

LavoroL’abolizione dei voucher non piace nemmeno a Maurizio Sacconi, presidente della Commissione lavoro del Senato, che ha affermato che il “Pd sul lavoro fa un passo avanti e uno indietro”, sul Blog Amici di Marco Biagi, da lui diretto. “ l’idea di cancellare i voucher dopo averne ampliato il campo di applicazione è espressione di una linea oscillante tra timide aperture alla realtà delle cose e repentini ritorni alle battaglie squisitamente simboliche”.

Abolizione significa incentivare lavoro nero

Ma se i voucher potrebbero coprire qualche ora di lavoro nero, ora si teme che la totale abolizione potrebbe essere un invito al pagamento non tracciato. “Noi non siamo d’accordo. L’abolizione dei voucher è un passo indietro verso la preistoria del mercato del lavoro. Significa consegnare centinaia di migliaia di giovani al lavoro nero ed è un danno enorme per le imprese; soprattutto nei settori dei servizi del commercio e del turismo”, ha commentato la decisione il capogruppo di Area popolare in Commissione lavoro, Sergio Pizzolante.

Ma ci sono anche altre questioni da risolvere

Se è vero che la decisione è servita per scongiurare il referendum fissato per il 28 maggio, è anche vero che alle urne saremmo stati chiamati a scegliere su un’altra questione, quella degli appalti.

Ed è per questo che il decreto dovrebbe comprendere anche norme che ristabiliscano il principio della solidarietà tra committente, appaltatore e subappaltatore rispetto alle prerogative dei lavoratori. In questo modo risulta completamente vana la richiesta di referendum fatta dall CGIL.

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