Sulla cessione a Poste Italiane e Zecca dello Stato di PagoPa, la piattaforma digitale dei pagamenti verso la Pubblica Amministrazione controllata dal Mef, il governo Meloni corregge il tiro dopo i rilievi dell’Antitrust e delle banche.
Con il decreto legge sul Pnrr, in vigore dal 2 marzo 2024, il governo intendeva cedere la proprietà di PagoPA Spa: il 51% sarebbe passata alla Zecca dello Stato, mentre la quota restante sarebbe andata a Poste Italiane.
Ma sull’operazione si è pronunciato negativamente il Garante del mercato e della concorrenza. La norma contenuta nel decreto Pnrr che riguarda PagoPA presenta «alcune criticità concorrenziali», ha evidenziato l’Antitrust.
Secondo l’Authority, «in una prospettiva di garanzia del mercato e dei diritti degli operatori potenzialmente interessati, l’individuazione del cessionario della quota del 49% dovrebbe avvenire ad esito di un’asta competitiva o comunque di una procedura che valuti e metta a confronto più manifestazioni di interesse».
A intervenire sul provvedimento, approvato della Commissione Bilancio della Camera e oggi calendarizzato in Aula, ci ha pensato il governo con un emendamento che prevede che Poste Italiane sarà socio di minoranza dentro PagoPA e non potrà esercitare, peraltro, alcuna “influenza dominante sul governo della società”.
Soddisfazione da parte dell’Abi circa le correzioni al Dl Pnrr sulla cessione della piattaforma dei pagamenti alla Pa.
Ecco fatti e approfondimenti.
IL PROGETTO INIZIALE DEL GOVERNO
Il governo aveva stabilito, nell’articolo 20, comma 3, del decreto legge 2 marzo 2024, n.19, recante “ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”, che, “ai fini del rafforzamento dell’interoperabilità tra le banche dati pubbliche e di valorizzazione della Piattaforma digitale nazionale dati, nonché di razionalizzazione e di riassetto industriale nell’ambito delle partecipazioni detenute dallo Stato, siano attribuiti rispettivamente all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato in misura non inferiore al 51% e per la restante quota di partecipazione (49%) a Poste Italiane, i diritti di opzione per l’acquisto dell’intera partecipazione azionaria detenuta dallo Stato nella società PagoPA”.
LE CRITICHE DELL’ABI
Da subito l’associazione bancaria italiana presieduta da Antonio Patuelli ha criticato l’acquisizione del 49% di PagoPa da parte di Poste Italiane, sottolineando i rischi che venga lesa “la parità concorrenziale” rispetto agli altri partecipanti bancari e finanziari alla piattaforma.
In una memoria depositata alla commissione bilancio della Camera sul decreto Pnrr, l’Abi rilevava come Poligrafico (al 51%) e Poste eserciterebbero “un controllo congiunto” sulla piattaforma, mentre Poste potrebbe essere essere favorita “nella conoscenza di informazioni di mercato della clientela bancaria” degli istituti di pagamento e degli operatori gestori di pubblici servizi (dati quantitativi e comportamenti).
LA MEMORIA DELL’IBL
Anche gli esperti dell’Istituto Bruno Leoni si erano espressi contrari sulla cessione a Poste Italiane di una quota del capitale di PagoPa, la società che intermedia i pagamenti verso la Pubblica amministrazione. “Questo tipo di operazioni, sempre discutibili, appare ancora più intollerabile se ha come controparte un soggetto teoricamente di mercato come Poste Italiane”, ha sottolineato in una memoria l’Istituto Bruno Leoni, in occasione dell’audizione alla Camera sull’ulteriore privatizzazione di Poste Italiane.
L’ALTOLÀ DELL’ANTITRUST
Come già detto, sull’operazione è arrivato anche il no del Garante del mercato e della concorrenza. “L’ingresso di Poste Italiane nel capitale di PagoPA potrebbe sollevare alcune rilevanti problematicità nel funzionamento del mercato, che investono in primis il settore dei pagamenti digitali e poi quello delle notifiche digitali”, ha evidenziato l’Antitrust in una memoria scritta inviata alla commissione Bilancio della Camera nell’ambito dell’esame del Dl Pnrr.
LA MOSSA CORRETTIVA DEL GOVERNO CON L’EMENDAMENTO AL DL PNRR
Ma nel frattempo il governo è corso ai ripari.
Come ricostruito dal Sole 24 Ore, “Uno dei primi emendamenti per rivedere la norma su PagaPa era stato presentato in parlamento da Forza Italia; successivamente sono stati presentati quelli di iniziativa governativa.”
L’emendamento del governo dispone che se Poste italiane acquisirà dal ministero dell’Economia il 49% di PagoPa, come previsto dal Dl Pnrr, non potrà stipulare patti di sindacato che abbiano per effetto l’esercizio di una influenza dominante sulla società stessa.
Nello specifico, la proposta di modifica puntualizza che l’operazione di modifica di controllo societario della piattaforma per i pagamenti della Pa è sottoposta al controllo preventivo dell’Autorità garante della concorrenza.
Inoltre, si legge nella relazione tecnica all’emendamento, si stabilisce che “al fine di tutelare i principi di non discriminazione, neutralità e imparzialità, PagoPa, garantisce la parità di trattamento tra i prestatori di servizi di pagamento aderenti alla piattaforma e adotta conseguente i presidi gestionali e organizzativi funzionali ad evitare lo sfruttamento di informazioni commercialmente sensibili relativi a tutti i servizi prestati dalla società”.
SODDISFATTA L’ABI
La mossa dell’esecutivo — che di fatto limita l’influenza di Poste Italiane su PagoPa — ha raccolto il plauso del presidente dell’associazione bancaria Patuelli.
Intervenuto agli Stati Generali dell’economia organizzato da Forza Italia, Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, ha affermato, riporta il Sole 24 ore, che la soluzione trovata «va nella giusta direzione, che è quella di garantire la concorrenza senza contraddizione«. Una correzione, ha aggiunto, che «pone dei punti di certezza prospettici che evitano interrogativi e equivoci».