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Vaccini Oxford-Irbm Sars-Cov-2 Militari

AstraZeneca e il vaccino Jenner-Irbm. Fatti e tensioni

Il vaccino anti Covid-19 dello Jenner Institute della Oxford University. L'accordo con AstraZeneca. E il forcing della Irbm di Di Lorenzo su istituzioni italiane ed europee. Fatti e ricostruzioni

Si accelerano i tempi per il vaccino anti Covid-19 al quale sta lavorando lo Jenner Institute della Oxford University con la partnership dell’azienda italiana Advent del gruppo Irbm di Pomezia.

La multinazionale farmaceutica AstraZeneca ha stretto un accordo con lo Jenner: sarà responsabile dello sviluppo, della produzione e distribuzione del vaccino a livello mondiale.

Finora, ha fatto sapere AstraZeneca, il vaccino è stato somministrato ad oltre 320 volontari sani evidenziando di essere “sicuro e ben tollerato” ed i risultati di questa prima fase sono attesi “entro maggio”. Poi, già da giugno, la sperimentazione sarà allargata ad un campione più ampio di 5.000 soggetti.

La sperimentazione clinica sull’uomo, dopo i risultati positivi già ottenuti in laboratorio e sulle scimmie, è partita in 5 centri in Inghilterra lo scorso 23 aprile su 550 volontari sani e su altri 500 cui verrà somministrata una soluzione placebo.

“Se il vaccino si dimostrerà efficace, entro fine settembre si dovrebbe entrare in produzione”, ha detto oggi al Giornale Piero Di Lorenzo, amministratore delegato e presidente di Irbm: “Se il vaccino si dimostrerà efficace, previo il via libera dalle autorità di controllo internazionali, entro fine settembre si dovrebbe entrare in produzione”, dice Di Lorenzo, precisando che “un solo produttore non può essere in grado di affrontare la scala globale. Per questo è stato siglato l’accordo con la multinazionale AstraZeneca”. “Si prevede che il primo lotto (2 milioni di dosi) sia pronto a gennaio  – ha affermato – è ancora presto per stimare i costi, però saranno contenuti. L’accordo siglato per la produzione prevede, infatti, che in tutto il periodo della pandemia, il vaccino verrà distribuito al prezzo di costo, not for profit, come richiesto dall’Istituto Jenner di Oxford”.

“Con la Oxford University lavoriamo da 10 anni: è un’eccellenza, a livello mondiale, che ha già studiato la Sars. Si sono rivolti a noi per l’esperienza acquisita con l’adenovirus, un virus influenzale, impiegato depotenziato per trasportare il gene Spike sintetizzato del Sars-Cov-2 nell’organismo umano”, ha sottolineato nei giorni scorsi Di Lorenzo, fino a pochi anni fa comunicatore e consulente per le relazioni istituzionali di società (pubbliche e private) e della Guardia di Finanza.

Irbm è controllata al 98% da Ilaria Di Lorenzo e ha un valore della produzione (dati al 2018) di 23 milioni di euro e un utile di poco meno di 3 milioni di euro.

Da un articolo di Dagospia, si evince una certa irritazione verso presidenza del Consiglio e ministero della Salute: “Quando l’Irbm di Piero di Lorenzo ha cercato di convincere il governo di Conte ad entrare fra i finanziatori del progetto italo-inglese per portare a termine la ricerca per il vaccino, ma l’importanza della proposta è stata ”sottovalutata” (il capogabinetto di Conte, Goracci, e il capo segreteria l’hanno girata alla Cdp)”.

Il gruppo Cdp (Cassa depositi e prestiti) presieduto da Giovanni Gorno Tempini e guidato dall’ad, Fabrizio Palermo, e la Banca europea per gli investimenti (alla vicepresidenza della Bei c’è l’italiano Dario Scannapieco – fa capire Dagospia – sono state contattate da Di Lorenzo per un eventuale supporto economico.

Cdp e Bei stanno valutando eventuali modalità di supporto finanziario all’iniziativa, tenuto conto dello stato dell’arte delle modalità di sviluppo del progetto, al momento in fieri.

L’eventuale finanziamento sarebbe destinato a sostenere la produzione del vaccino in Italia.

La Gran Bretagna non è la sola in corsa per il vaccino contro il virus Sars-Cov-2.

Il virologo Anthony Fauci, della task force Usa contro il nuovo coronavirus, non esclude che gli Usa possano arrivare al vaccino entro il prossimo gennaio.

La strada, ha spiegato nei giorni scorsi, “è assumersi il rischio di cominciare la produzione con le società coinvolte presumendo che funzioni e, in tal caso, aumentarla”.

Complessivamente, ha sottolineato l’Ansa, sono oltre 90 i possibili vaccini contro il Covid-19 in fase di sviluppo in tutto il mondo, usando diverse tecnologie, alcune delle quali mai provate prima.

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