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Ue, multa da record per Google. Ha abusato di posizione dominante

L’Ue non ha dubbi: Google ha abusato della sua posizione dominante nel campo dei motori di ricerca, dando un vantaggio illegale al suo servizio di comparazione degli acquisti Google Shopping   Arriva una multa record per Google. La Commissione Ue ha deciso di imporre a Big G. una multa record da 2,42 miliardi di euro,…

L’Ue non ha dubbi: Google ha abusato della sua posizione dominante nel campo dei motori di ricerca, dando un vantaggio illegale al suo servizio di comparazione degli acquisti Google Shopping

 

Arriva una multa record per Google. La Commissione Ue ha deciso di imporre a Big G. una multa record da 2,42 miliardi di euro, la più alta mai comminata dalle autorità del Vecchio continente, per aver abusato della sua posizione dominante tra i motori di ricerca nelle attività di shopping. Ora l’azienda ha 90 giorni per chiudere la pratica. Ma andiamo per gradi.

Perchè l’Ue ha multato Google?

La Commissione Europea non ha certo fatto sconti a Google. Bruxelles, ha imposto una multa record da 2,42 miliardi di euro a Big G. per aver “abusato della sua posizione dominante sul mercato della ricerca per promuovere il suo servizio di comparazione dello shopping nei suoi risultati, declassando quelli dei suoi concorrenti. Quello che ha fatto è illegale per le regole Antitrust”, ha spiegato la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager.

In pratica, quando un utente effettua una ricerca su Google di un prodotto che intende acquistare, il servizio shopping di Google gli propone le varie possibilità accanto ai risultati in alto, dando piena visibilità. I servizi di comparazione degli acquisti dei suoi rivali, invece, vengono posizionati nella colonna risultati generici, selezionati dagli algoritmi generici.

Questo ha portato il colosso di Mountain View a negare “alle altre aziende la possibilità di competere sui loro meriti e di innovare”, e “più importante ancora ha negato ai consumatori Ue una scelta genuina di servizi”. Dunque, la multa “tiene in considerazione la durata e la gravità dell’infrazione”, ed è calcolata sulla base del valore dei ricavi che Google ha fatto sul servizio shopping.

Una questione di click

Quello di cui è accusato Google non è certo di poco conto. I consumatori, infatti, secondo le indagini e i dati della Commissione Ue, cliccano molto più spesso sui prodotti più visibili, e quindi su quelli sponsorizzati da Google: i risultati visualizzati nella prima pagina di apertura della ricerca conquistano il 95% di tutti i click, quelli sulla seconda solo l’1%.

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La ricostruzione della vicenda

A spiegare bene quanto accaduto è stata la stessa Commissione. Google sarebbe entrata nel mercato delle comparazioni di prodotti destinati all’e-commerce nel 2004, evolvendo il proprio sistema di confronto negli anni e fino ad arrivare, nel 2013, a Google Shopping, ovvero ad una piattaforma che permette ai consumatori di confrontare prodotti e prezzi online e accedere ai servizi di vendita dei produttori, di altre piattaforme (come Amazon o eBay) e di altri rivenditori.

Big G. non avrebbe sfruttato subito questa sua posizione predominante tra i canali di ricerca. Solo a partire dal 2008, infatti, il colosso tecnologico ha iniziato a sfruttare la sua leadership nelle ricerche generalizzate per convogliare il traffico sul comparatore di casa, dando maggior risalto al suo servizio di comparazione degli acquisti.

Ora cosa succede?

Ora tocca a Google chiudere la pratica entro 90 giorni, altrimenti dovrà affrontare una nuova multa che potrebbe arrivare a toccare il 5% del fatturato giornaliero di Alphabet.

Ma la questione non andrà certo così liscia. “Non siamo rispettosamente d’accordo con le conclusioni annunciate oggi”, ha detto il vicepresidente senior e consigliere generale Kent Walker. “Rivedremo la decisione della Commissione in dettaglio, in quanto stiamo considerando di fare ricorso, e continueremo a perorare la nostra causa”.

“Quando si fa shopping online, si vogliono trovare i prodotti che si stanno cercando in modo veloce e facile”, ha detto Walker.

Google e il servizio AdSense

Google è sotto la lente di ingrandimento Ue anche per il predominio nei mercati della ricerca, della pubblicità online e delle piattaforme mobili. Il servizio AdSense consiste nell’inserire su siti terzi una finestrella in cui effettuare le ricerche. Insieme ai risultati, però, l’utente riceve anche le pubblicità collegate, i cui ricavi finiscono a Google.

Per questo dossier, la casa di Mountain View ha ribattuto che ha sempre avuto concorrenza da rivali come Microsoft. Non solo: ha anche specificato che le clausole considerate anticoncorrenziali dall’Ue non esistono più nei suoi contratti dal 2009.

La questione Android

smartphone GoogleC’è anche una terza indagine in corso. E’ quella su Android. L’Ue ha accusato Big G. di forzare i partner OEM e gli operatori che si occupano della realizzazione, della commercializzazione e della distribuzione dei dispositivi a favorire le proprie applicazioni e i propri servizi

Google, invece, sostiene che non ci sarebbe nessun abuso di posizione dominante: “Android non ha danneggiato la concorrenza, al contrario l’ha accresciuta”, ha affermato Kent Walker, Senior Vice President & General Counsel di Google.

Lo stesso Kent Walker, in un lungo intervento sul blog ufficiale europeo, ha affermato che “Nessun produttore è obbligato a preinstallare alcuna app di Google su un telefono Android, ma offriamo ai produttori una suite di app in modo che quando acquistate un nuovo telefono possiate accedere a un insieme già noto di servizi di base”.

Riferendosi alle app, Google spiega che solo un terzo delle applicazioni preinstallate al momento dell’acquisto è legato ai servizi di Google e che queste possono essere in qualunque momento disabilitate.

Non solo: la casa di Mountain View aggiunge che a fare il successo di una app non è il fatto che questa sia preinstallata: “Molte applicazioni preinstallate non hanno successo e molte invece sono diventate di grandissimo successo perché scaricate dagli utenti, pensate a Spotify o Snapchat. L’approccio che abbiamo tenuto rispetto alla nostra suite di app mantiene esplicitamente inalterata la libertà degli utenti di scegliere le app che preferiscono sui loro telefoni”.

smartphone Google facebookE ancora. Secondo il gigante tecnologico il sistema operativo Android ha reso gli smartphone uno strumento accessibile a tutti. Oggi un utente può scegliere tra più di 24.000 modelli di oltre 1.300 marchi, a partire da un costo di 45 euro. Tramite questi device gli sviluppatori possono offrire le loro app ad un miliardo di persone in tutto il mondo.
Secondo Google, infatti, offrire il pacchetto di applicazioni Android senza alcuna spesa aggiuntiva consente ai produttori di contenere il prezzo finale del device.

La casa di Mountain View chiede alla Commissione Ue di rivedere la sua posizione, dal momento che un provvedimento punitivo andrebbe a influenzare gli equilibri e le dinamiche che regolano la crescita e lo sviluppo di una piattaforma open source. “Tuttavia le piattaforme open source sono fragili. Sopravvivono e crescono bilanciando le esigenze di tutti i partecipanti, inclusi gli utenti e gli sviluppatori. L’approccio della Commissione sconvolgerebbe questo equilibrio e trasmetterebbe un messaggio non intenzionale a favore delle piattaforme chiuse rispetto a quelle aperte. Ciò comporterebbe minore innovazione, minore scelta, minore competizione e prezzi più alti. Non sarebbe un cattivo risultato solo per noi, sarebbe un cattivo risultato per gli sviluppatori, per i produttori di telefoni e i carrier e, ancora più importante, per i consumatori”, si legge sul blog dell’azienda.

 

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