Tutti i dettagli sul programma elettorale del Movimento 5 Stelle capeggiato da Luigi Di Maio. Con questo articolo, Start Magazine inizia una serie di approfondimenti sulle proposte dei principali partiti e delle maggiori coalizioni in vista delle elezioni del 4 marzo.
Più spesa pubblica per 75 miliardi e meno imposte. E’ la promessa clou del Movimento 5 Stelle in vista delle elezioni del 4 marzo. Ma nel programma dettagliato dei Pentastellati presentato da Luigi Di Maio è maggiore l’enfasi sulla spesa statale da incrementare rispetto alla riduzione dei tributi.

I SERBATOI
Di Maio nei giorni scorsi, proprio per rintuzzare le critiche sulla vaghezza programmatica in tema di coperture finanziarie degli annunci elettorali, ha indicato i “3 serbatoi” da cui prendere i soldi per attuare il programma a 5 stelle: “1) circa 30 miliardi annui, a regime, di spending review in senso stretto (compreso 1 miliardo di tagli ai costi della politica e senza considerare la foresta di agevolazioni fiscali) che sono stati già individuati da una sequela di commissari alla spesa, con in testa Carlo Cottarelli; 2) 40 miliardi l’anno, a regime, di tax expenditures (agevolazioni fiscali) che si possono ripensare e spostare da obiettivi dannosi o improduttivi verso finalità ad alto moltiplicatore (in totale l’erosione fiscale dovuta ad esenzioni, detrazioni e deduzioni supera i 300 miliardi); 3) infine il MoVimento 5 Stelle farà una riflessione politico-economica su 10-15 miliardi di maggiore deficit annuo che comunque, partendo da una base programmatica dell’1,6 di deficit/Pil 2018, ci terrebbe ancora abbondantemente sotto il vetusto e stupido parametro del 3%”. Ovvero: un po’ di tagli ai costi della pubblica amministrazione, una riduzione delle agevolazioni fiscali e un po’ (5 miliardi circa) di spesa in deficit. Di Maio comunque assicura: abbiamo l’obiettivo di “ridurre del 40% il debito/Pil in 10 anni”.
AVANTI TUTTA CON LA SPESA
Dai documenti pubblicati nei giorni scorsi dal Movimento 5 Stelle (i 20 punti sintesi del programma e la relazione sulle coperture finanziarie) si nota un’enfasi nuova sul ruolo preminente degli investimenti pubblici ai fini di una corposa ripresa economica. Ecco che cosa mettono nero su bianco: “Il cuore della nostra visione per il rilancio del Paese è il piano da 50 miliardi in cinque anni di investimenti pubblici produttivi”. Su cosa puntare? Sulla “spesa buona che i governi hanno tagliato per fare austerity e che serve a rilanciare la domanda aggregata: green economy, bonifiche, rete idrica, rete elettrica, adeguamento sismico, mobilità pulita e sostenibile, dissesto idrogeologico, riqualificazione urbanistica, edilizia scolastica e sanitaria, banda ultra larga, infrastrutture immateriali”. Nessuno statalismo, assicurano i pentastellati: “Non è lo Stato che ritorna contro il mercato, ma lo Stato che fa nuovo mercato e mercati nuovi in cui possono fiorire start-up e occasioni di lavoro per i giovani. E’ lo Stato innovatore, un grande “business angel” che finanzia alcune delle idee del futuro da cui si genera ricchezza”.
LA STERZATA FISCALE
Spesa pubblica ma non solo nel programma pentastellato: “Il MoVimento 5 Stelle darà uno shock fiscale in favore di imprese e cittadini. Alle aziende dimezziamo la tassa più odiata: l’Irap. Oggi costa 21 miliardi, se ne possono eliminare almeno 11-12 usando il taglio trasferimenti improduttivi (7 miliardi a regime, ciò che resta dello studio Giavazzi-Cottarelli) e una quota di tax expenditures riviste (gasolio, accise, ecc…). Ma a fine legislatura – dicono i pentastellati – potremmo arrivare persino ad abolirla, se il ciclo economico, come immaginiamo, lo consentirà”.

M5S ha un modello di Irpef su tre aliquote. Eccolo: “La no tax area sale a 10mila euro (con benefici che si ripercuotono fino a 55mila euro di reddito) e in relazione al nucleo familiare la stessa no tax area arriva fino a 26mila euro. La riforma costerebbe oltre 13 miliardi (un intervento di rilievo), ma in essa inglobiamo gli 80 euro e ne utilizziamo le coperture: rifiutiamo infatti la logica del bonus del tutto regressivo (senza quoziente familiare e per giunta “flat”, nel senso che è uguale per tutte le categorie di reddito che lo percepiscono) e preferiamo una riforma organica dell’Irpef che distribuisce in modo più esteso e progressivo i benefici fiscali (a partire dai ceti medio-bassi). Dunque, restano poi poco meno di 4 miliardi scoperti che compensiamo con le tax expenditures”.
ENERGIA DA RINNOVARE
Obiettivi netti per la politica energetica: “Italia 100% rinnovabile” è lo slogan clou in materia. Non solo: “Uscita dal petrolio entro il 2050 e un milione di auto elettriche”. La direzione di marcia indicata nei 20 punti del programma elettorale è una sintesi del programma Energia del Movimento 5 Stelle in cui l’obiettivo, si legge, è di “ridurre i consumi finali di energia del 37% rispetto al livello del 2014” sul fronte dell’efficienza energetica e di innalzare i consumi elettrici al 65% dei consumi finali di energia. Tra i punti votati dagli iscritti il sì a politiche che scoraggino l’usa di benzina e gasolio, lo spostamento degli incentivi verso le rinnovabili, la democrazia energetica e lo stop all’energia nucleare anche importata. Infine, l’incentivo allo stoccaggio domestico e la ripubblicizzazione di Terna, ha ricordato negli scorsi giorni il sito Energia Oltre. Nelle slide elettorali il Movimento indica la creazione di 200mila posti di lavoro da economia del riciclo rifiuti e fa una stima: 17mila nuovi posti di lavoro per ogni miliardo di euro investito nelle rinnovabili e nell’efficienza energetica.
FORNERO DA PENSIONARE IN PARTE
Fino a 8 miliardi costa invece il pacchetto-pensioni con il “superamento della legge Fornero”. Il MoVimento 5 Stelle ha promesso il superamento della riforma Fornero sulle pensioni. La premessa è questa: “Oggi c’è troppa flessibilità in ingresso del mondo del lavoro e troppa rigidità in uscita. Vogliamo dare più libertà a chi vuole progettare il proprio futuro e consentire ai giovani di inserirsi con più facilità”. Di Maio propone “una certa flessibilità in uscita intorno a quota 100, la quota 41 per lavoratori precoci, opzione donna e la staffetta generazionale (già finanziata) sono gli elementi centrali del pacchetto che costa 7,5-8 miliardi annui. Ai quali si aggiungono 3 miliardi annui per il blocco graduale dell’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita”. E le coperture? Per 4 miliardi con la spending review e per circa 6,5 miliardi con le tax expenditures sul settore lavoro (disponibili fino a 10 miliardi), scrive M5S.
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