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Di Maio Golfo Ue

Che cosa farà Luigi Di Maio nel Golfo Persico? Fatti e polemiche

Notizie, commenti e analisi sulla nomina di Luigi Di Maio a inviato speciale Ue per i Paesi del Golfo

 

Riecco Luigi Di Maio. Il ritorno dell’ex esponente del Movimento 5 Stelle sulla scena politica, peraltro internazionale (in Ue) e non semplicemente domestica, è cosa fatta dopo il vano tentativo di essere eletto alle Politiche del 25 settembre con Impegno Civico nel centrosinistra.

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Ieri il Corriere della Sera ha reso nota una lettera del 21 aprile con cui Josep Borrell Fontelles – l’alto Rappresentante per la politica estera europea – punta proprio sull’ex ministro e vicepremier pentastellato. Una scelta che è stata formalizzata a settembre 2022 e di cui già si parlava abbondantemente nelle settimane successive.

Di Maio è stato il primo e principale nome a comparire sulla scena per il posto. “Dopo un’attenta considerazione, considero Luigi Di Maio il candidato più adatto per il posto. Come ex ministro degli esteri italiano, Luigi Di Maio ha il profilo politico necessario a livello internazionale per questo ruolo”, ha scritto Borrell (nella foto con Di Maio).

“Gli altri candidati – ricorda invece oggi il quotidiano di via Solferino – erano l’ex ministro degli Esteri cipriota Markos Kyprianou, l’ex inviato dell’Onu in Libia Jan Kubis (slovacco), e l’ex ministro degli Esteri e commissario Ue Dimitris Avramopoulos, molto sostenuto da Atene ma il cui nome è stato chiacchierato perché faceva parte del board della Ong Fight Impunity di Antonio Panzeri, incarico da cui si è dimesso ma per il quale aveva ricevuto compensi per 60 mila euro tra febbraio 2021 e febbraio 2022”.

LA SCELTA DI BORRELL (ALTO RAPPRESENTANTE POL. ESTERA UE)

Inizialmente, scrive Borrell nella lettera, l’incarico sarà di 21 mesi a partire dal primo giugno prossimo e fino al 28 febbraio 2025.

Dal governo italiano sono subito rimbalzate le dichiarazioni di accettazione della scelta, ma anche di chiarimento che si tratta di una opzione vagliata dall’esecutivo precedente, quello guidato da Mario Draghi.

La ratifica, si leggeva nelle ultim’ora di ieri, è prevista per oggi. Ma più probabilmente serviranno ulteriori passaggi interni tra i rappresentanti degli esecutivi comunitari prima dell’ufficialità definitiva: passando prima al Comitato politico e di sicurezza europeo e poi alla Commissione.

LE PAROLE DI TAJANI

“È una candidatura che ha presentato quando era ministro degli Esteri, non ha nulla a che vede con questo governo”, così ha tagliato corto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani (Forza Italia), e vicepresidente del Consiglio nel governo Meloni, commentando la notizia.

Non proprio un appoggio, insomma, quello dell’esecutivo di centrodestra.

L’INCARICO E IL DOSSIER GOLFO

In cosa si sostanzierà l’operato di Di Maio?

I Paesi del Golfo Persico, vale a dire Arabia Saudita, Bahrein, Kuwait, Qatar, Oman, Yemen ed Emirati Arabi Uniti, avranno per la prima volta un responsabile politico dell’Unione europea, dunque.

– Leggi anche: Vi racconto peso e ascesa di Arabia Saudita, Qatar ed Emirati. Parla Cinzia Bianco

 

Il ruolo operativo di tali figure dell’Ue è diplomatico e politico, con attinenza regionale e specifico su singoli settori di lavoro. Nel caso di Di Maio, ad esempio, energia e sicurezza dovrebbero essere le top issues sul tavolo dell’ex ministro. Con la questione del gas e delle delicate vicinanze con la teocrazia iraniana in prima fila.

Come ha spiegato Cinzia Bianco – research fellow presso lo European Council on Foreign Relations e autrice con Matteo Legrenzi di Le monarchie arabe del Golfo. Nuovo centro di gravità in Medio Oriente (Il Mulino) – a Marco Orioles su Start Magazine, “l’Italia non dipende dal Golfo per il proprio fabbisogno energetico, importando una quota modesta di petrolio dall’Arabia Saudita e di gas naturale dal Qatar, rispettivamente, 8.1% e 9.2% del fabbisogno importato nel 2020. Allo stesso tempo, la major energetica italiana Eni è sempre più attiva nell’area del Golfo”.

Inoltre, ha aggiunto Bianco, “c’è sostanzialmente un golfo a due velocità: alcune nazioni, ossia in particolare Arabia Saudita, Emirati e Qatar, corrono molto veloce anche in termini di diversificazione economica nonché sulla transizione energetica e cercano di attrarre investimenti infrastrutturali o sulla logistica”. Questi Paesi, allora, si ritrovano a giocare sullo stesso terreno e a competere mentre altre monarchie minori come “Oman, Bahrein e soprattutto Kuwait” hanno meno assi da sfoderare.

QUANTO GUADAGNERÀ DI MAIO?

“Il contratto per l’inviato speciale dell’Ue per il Golfo persico avrà una durata massima di due anni. L’indennità potrebbe aggirarsi intorno ai 12mila euro netti al mese, con regime fiscale agevolato e copertura totale delle spese di staff”, dettagliava già a novembre scorso Il Sole 24 Ore.

“La remunerazione sarà determinata tramite un accordo diretto tra l’adviser e l’autorità”, scrive oggi Repubblica riportando quanto comunicato da Bruxelles. Si stimano 12mila euro netti al mese, “con regime fiscale agevolato e copertura totale delle spese di staff. Oggi sono nove i rappresentanti speciali istituiti, tra cui quello per il Sahel affidato all’italiana Emanuela Del Re, ex viceministra degli Esteri”, aggiunge il quotidiano diretto da Maurizio Molinari.

COSA DICONO NEL GOLFO?

Sarà interessante, tra le prime mosse dell’ex vice-premier, capire con quale “nomea” tornerà nel Golfo a fare politica.

Era il luglio 2021 quando l’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio controsterzò rispetto alla decisione del gennaio precedente ad opera del governo Conte e riaprì l’export di armi verso Arabia Saudita ed Emirati. Una delle tante piroette che hanno caratterizzato il politico più democristiano della scena italiana degli ultimi anni.

Ma allora, scriveva Sharon Nizza su Repubblica, “non era stata calcolata la reazione furiosa dei dirigenti di Arabia Saudita ed Emirati” e si era proceduto con contratti saltati con Roma, ritorsioni politiche per l’Italia tra cui la chiusura dell’accesso alla base aerea di Al Minhad, negli Emirati, strategico per rifornimenti all’Afghanistan e al Kuwait.

Quell’acqua, oggi, è passata?

GIROTONDO MEDIATICO SU DI MAIO

“La nomina di Di Maio è una scelta demenziale e la decisione dell’Europa è imbarazzante”, ha sibilato stamani su La7 Tonia Mastrobuoni, corrispondente da Berlino per Repubblica.

Secondo il sociologo e editorialista della Stampa, Massimiliano Panarari, “si tratta comunque di una buona novella per l’Italia e il sistema-Paese. E, altresì, di una cattiva notizia per l’esecutivo Meloni, perché evidenzia ancora una volta che a Bruxelles si decide a prescindere da certi suoi desiderata”.

Diverso il parere di Marta Ottaviani, giornalista e saggista, collaboratrice di Avvenire e i giornali del gruppo Riffeser:

Per Claudio Tito, corrispondente Ue per Repubblica, è una “resa dei conti” tra Roma e Bruxelles o quantomeno “un avvertimento”. E: “si tratta di un segnale più ampio della Commissione europea e delle due principali Cancellerie, quella tedesca e quella francese, al governo italiano. Un modo per dire: state tirando troppo la corda su troppi versanti e su un numero eccessivo di dossier, se l’Ue vuole può decidere su molte cose anche senza di voi”.

Diversa la lettura della rivista di esteri Formiche di Paolo Messa, che sottolinea invece l’aspetto positivo della nomina di Di Maio: “La candidatura dell’ex ministro degli Esteri è spiegata da Fini e Casini con un piglio non partitico e sovrastrutturale: ovvero come l’occasione di un passo in avanti internazionale per l’Italia e non come evento divisivo tra fazioni”.

Secco il commento di Maurizio Belpietro, fondatore e direttore de La Verità: il caso Di Maio “è l’ultimo campione di una specialità della sinistra e dei suoi alleati: più gli elettori li puniscono, più arrivano poltrone e potere. Più perdono e più si incollano alla poltrona”.

“Qualunque paese europeo esulterebbe alla nomina di un proprio connazionale ad una carica europea o internazionale”, ha scritto invece la direttrice dello Iai, Nathalie Tocci, su La Stampa. Ricordando che di fatto oltre a Di Maio non vi erano altre opzioni sul tavolo e soprattutto che “i Rappresentanti speciali dell’Ue hanno un potere relativo, soprattutto perché sono poche le crisi in cui è l’Unione a svolgere il ruolo di mediatore”. Dunque, anzitutto va ridimensionata la vicenda. E poi: “alla luce di questo, dare maggiore voce all’Europa attraverso un Rappresentante speciale è la cosa giusta da fare”.

Anche se l’Italia, col governo Meloni che non ha sostenuto tale scelta, non ha mostrato di cogliere ciò.

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