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Investimenti

Competitività: se l’Italia fatica a stare al passo con i tempi

Secondo il report Imd sulla competitività quest’anno l’Italia è scivolata dalla 35° alla 44° posizione, dopo due anni di risalita. Gli Stati Uniti scivolano in 4° posizione AAA cercasi competitività disperatamente. L’Italia dell’eterna ripresa incompiuta è lontana anni luce da quei Paesi dove invece la capacità di stare al passo coi tempi è il pane…

Secondo il report Imd sulla competitività quest’anno l’Italia è scivolata dalla 35° alla 44° posizione, dopo due anni di risalita. Gli Stati Uniti scivolano in 4° posizione

AAA cercasi competitività disperatamente. L’Italia dell’eterna ripresa incompiuta è lontana anni luce da quei Paesi dove invece la capacità di stare al passo coi tempi è il pane quotidiano di ogni impresa. Almeno secondo l’ultimo report della svizzera Imd (qui il documento), leader mondiale nel ranking, che ha esaminato una sessantina di economia mondiali. I giudizi sono basati su alcune voci: lavoro, efficienza, pubblica amministrazione e digitale.

L’Italia perde posizioni

Lo scorso anno l’Italia si era piazzata al 35° posto, guadagnando tre posizioni rispetto al 2015, quando si era attestata al 38° posto. Quest’anno però le cose sono andate diversamente, complice con ogni probabilità una certa instabilità politica.

Stando al ranking 2017, l’Italia è scivolata al 44° posto. Questo significa che nel giro di un anno si sono perse nove posizioni. Nel 2014 eravamocaduti addirittura al 46° posto su 61 paesi esaminati.

Gli altri Paesi

Se l’Italia scivola ben al di sotto della metà classifica, c’è chi fa decisamente meglio. O peggio. Hong Kong, Svizzera e Singapore sono per esempio i Paesi dove maggiore è il tasso di competitività. Sotto il podio gli Stati Uniti che si piazzano quarti, dopo aver perso la leadership lo scorso anno, finendo terzi dopo Hong Kong e Svizzera. Singapore scavalca quindi gli Stati Uniti che ottengono il peggior risultato degli ultimi cinque anni. Dietro gli Usa, da notare il balzo dell’Olanda che sale dall’ottavo posto dell’anno scorso al quinto.

Il sondaggio si basa però anche anche sulla percezione delle imprese su questioni basilari come corruzione, ambiente e qualità della vita. Quest’anno sono stati giudicati 63 Paesi con Cipro e Arabia Saudita al debutto.  Tra i Paesi europei solo Bulgaria, Romania, Slovacchia, Grecia e Croazia fanno peggio dell’Italia.

Il ranking digitale

A chiudere la classifica c’è il Venezuela, ultimo in graduatoria e preceduto da Mongolia e Perù. Quest’anno poi, per la prima volta è stata stilata anche la classifica riguardante la competitività digitale.

Il nuovo ranking prende in considerazione l’abilità di adottare tecnologie digitali che migliorino l’azione stessa dei governi, i modelli di business delle imprese e la società in generale. In testa stavolta c’è Singapore, seguita da Svezia, Stati Uniti, Finlandia e Danimarca. Anche nel digitale l’Italia non brilla piazzandosi al 39° posto, sopravanzata da tutti i Paesi europei ad eccezione della Grecia.

Così nel 2015

A questo punto c’è da chiedersi, cosa accadde nel 2015? Il dato di quell’anno fu il migliore degli ultimi cinque, mentre i peggiori sono stati il 2013 (44° posizione) e il 2014 (46°), con i governi di Mario Monti ed Enrico Letta.

Se si guarda agli indicatori principali e alle loro singole voci si scopre che il balzo più consistente è stato due anni fa quello relativo all’apertura del mercato, sia come interscambio sia come investimenti italiani all’estero e stranieri in Italia, dove in un anno la posizione è passata dal 53° al 17° posto. Decisamente male invece l’indicatore della Pa. L’Italia è finita al quart’ultimo posto e sono in assoluto le due voci più deprimenti del quadro complessivo. Ma ora dopo due anni di risalita, si è caduti ancora una volta.

La competitività fa bene

Secondo il World Economic Forum (qui un approfondimento di Start Mag) la carenza di incentivi per la competitività incide in modo profondo sull’economia globale, compromettendo la possibilità di resistere alla recessione e di reagire ai vari shock. L’incapacità di mettere in cantiere riforme strutturali a lungo termine che sostengano la produttività e la promozione del talento, riduce le possibilità per l’economia globale di migliorare gli standard di vita e ridurre la disoccupazione.

Mentre la maggioranza delle economie avanzate è riuscita a recuperare dalla crisi finanziaria, il report segnala alcuni segnali preoccupanti provenienti soprattutto dai paesi emergenti: la produttività di Cina ed India non cresce rapidamente come è stato invece registrato nel decennio precedente, altri seppur segnando segnali incoraggianti sotto il profilo del PIL non sono stati capaci di migliorare la competitività della propria economia.

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