Un gruppo di cinquanta aziende – tra cui la casa automobilistica svedese Volvo, la società statunitense di trasporti Uber, la compagnia energetica spagnola Iberdrola e l’azienda svedese di arredamento Ikea – ha chiesto all’Unione europea di non modificare il divieto di immatricolazione di vetture con motore endotermico dal 2035. A loro dire, il settore dell’automotive ha bisogno di certezze e di stabilità normativa per investire nell’elettrificazione della mobilità.
GLI ALTRI FIRMATARI
Oltre alle aziende già citate, la dichiarazione è stata firmata – tra le altre – anche da Ayvens (noleggio auto, francese), Polestar (auto elettriche, svedese: è controllata da Volvo), Rivian (furgoni elettrici, statunitense), Tesco (supermercati, britannica), Maersk (trasporto marittimo, danese).
VOLVO VUOLE L’ELETTRICO, NONOSTANTE TUTTO
L’amministratore delegato di Volvo, Jim Rowan, ha detto che l’elettrificazione è “la singola azione più importante che il nostro settore può intraprendere per ridurre la sua impronta di carbonio. L’obiettivo del 2035 è fondamentale per allineare tutte le parti interessate in questo percorso e garantire la competitività europea”.
Eppure neanche un mese fa Volvo – il marchio è controllato dal gruppo cinese Geely – ha fatto sapere di aver rinunciato all’obiettivo di vendere solo veicoli elettrici entro il 2030. “Siamo fermamente convinti che il nostro futuro sia elettrico”, aveva tuttavia precisato Rowan.
“Questo appello è un monito a considerare le ragioni e l’impegno di una parte ampia dell’industria europea, che crede nella transizione, ha investito e sta investendo per renderla possibile. La sua voce non dovrebbe essere ignorata”, ha dichiarato Andrea Boraschi, direttore di Transport & Environment Italia, un raggruppamento di Ong europee che si occupano di mobilità sostenibile.
I PRODUTTORI AUTOMOBILISTICI RESTANO IN SILENZIO
La dichiarazione sul mantenimento del ban al motore termico non è stata però firmata dai principali produttori automobilistici europei, come Volkswagen o Stellantis, che stanno attraversando un momento difficile: Volkswagen, ad esempio, sta valutando la chiusura di alcuni stabilimenti in Germania per la prima volta nella sua storia; ieri Stellantis ha rivisto al ribasso le sue previsioni economiche per il 2024.
Le vendite di automobili nell’Unione europea sono in calo. Ad agosto le immatricolazioni hanno toccato il livello più basso in tre anni e le vendite di veicoli elettrici – in particolare – sono crollate di quasi il 44 per cento su base annua. Le vetture a batteria faticano ancora a imporsi sul mercato di massa sia per via dei loro prezzi di vendita, mediamente più alti dei modelli equivalenti con motore termico, che per la distribuzione non sempre soddisfacente dei punti di ricarica.
L’Acea, l’associazione dei costruttori europei di automobili (di cui Stellantis non fa parte), ha suggerito alle autorità europee di rivedere le regole sulle emissioni di CO2 a livello di gamma che entreranno in vigore nel 2025: le vendite di auto elettriche sono troppo basse e chi non rispetterà i nuovi limiti rischia multe miliardarie.
Chi è favorevole al divieto di vendita di auto a benzina e gasolio insiste di solito su due punti. Il primo: quello dei trasporti è stato l’unico settore in Europa le cui emissioni sono cresciute anziché diminuire negli ultimi trent’anni, dunque è necessario intervenire per invertire la tendenza altrimenti il blocco non potrà rispettare gli obiettivi climatici. Il secondo punto è il presunto ritardo delle case automobilistiche europee nell’adozione delle tecnologie elettriche che oggi non permetterebbe loro di produrre veicoli a prezzi competitivi.