Secondo i calcoli di Jefferies, società di investment banking e intermediazione titoli, che sostiene di aver sentito fonti interne al gruppo tedesco, Volkswagen starebbe meditando la chiusura di diversi impianti di produzione col licenziamento di oltre 15mila licenziamenti. A tal fine avrebbe rescisso nelle ultime ore i contratti collettivi che tutelavano anche l’occupazione. In questo caso, scrivono gli analisti, servirebbero accantonamenti fino a 4,4 miliardi di euro nel quarto trimestre.
Si tratterebbe insomma di una accelerazione inattesa nel piano lacrime e sangue varato esattamente 12 mesi fa e che già prevedeva risparmi per 10 miliardi. Piano però che sarebbe già stato disatteso nel 2024: rallentamenti nella messa a terra e soprattutto nella domanda hanno fatto sì che l’azienda dovesse intervenire con urgenza prevedendo anche, per la prima volta nei suoi 87 anni di storia, la chiusura di alcuni impianti.
BLUME NON LE MANDA A DIRE
“La situazione del marchio VW è così grave che non si può lasciare che tutto continui come prima”, ha detto qualche giorno fa senza troppi giri di parole l’Ad Oliver Blume alla Bild. “La torta – ha motivato – è diventata più piccola e abbiamo più ospiti a tavola”.
Come se la concorrenza non fosse già un problema, il Ceo ha poi aggiunto: “il contesto economico è nuovamente peggiorato, soprattutto per il marchio VW”. Tuttavia, nonostante le parole ferali, Oliver Blume aveva anche provato a rincuorare: “Siamo fermamente impegnati a favore della Germania come nostra sede di riferimento, perché la Volkswagen ha plasmato intere generazioni”.
L’HUB AUDI A BRUXELLES È SOLO L’INIZIO
Volkswagen ha comunicato al consiglio di fabbrica dell’hub Audi a Bruxelles la decisione di non assegnare nessun modello per i prossimi anni. Chiaro segno che la spending review di Wolfsburg avrà inizio da qui. Con i suoi 563.321 metri quadrati è il più piccolo degli stabilimenti Audi: impiega infatti tra i 2.500 e i 3mila dipendenti e se non fosse stato recentemente messo a nuovo per dedicarsi alle auto elettriche del marchio, la sua chiusura difficilmente avrebbe fatto notizia.
IL 17 SARA’ UN GIORNO FORTUNATO PER L’IMPIANTO?
La data da cerchiare in rosso sul calendario è quella del prossimo 17 settembre, quando si terrà la riunione del consiglio di fabbrica: i sindacati mirano almeno a far passare la proposta di un cambio di destinazione d’uso, che inizialmente pareva nei piani anche della dirigenza dato che si parlava di mantenere qualche centinaio di lavoratori in loco.
Molto dipenderà anche da eventuali incentivi che il Belgio potrebbe mettere sul piatto o dal palesarsi di possibili acquirenti (magari cinesi) anche se le ridotte dimensioni dell’hub Audi di Bruxelles non lo rendono idoneo per le necessità di chi non ha già una filiera continentale.
LE ALTRE FABBRICHE A RISCHIO
Quel che è certo, è che la spending review di Volkswagen ha iniziato a ricomprendere altri hub oltre quello Audi di Bruxelles: nel mirino dei contabili di Wolfsburg le fabbriche di Dresda e Osnabrück. Chiara insomma l’intenzione del Gruppo di concentrarsi sulle linee produttive minori che non consentono di essere realmente competitivi sul mercato globale.