Oliver Blume non ha alcuna intenzione di fare la fine del suo predecessore, Herbert Diess, impallinato dal potente sindacato dei metalmeccanici – e in particolare, dalla carismatica Daniela Cavallo, che siede nel Consiglio di fabbrica come rappresentante dei lavoratori – appena ventilò la questione dei tagli al personale. Anche perché questa volta i tagli andranno fatti sul serio e probabilmente non basteranno: per la prima volta nella storia di Volkswagen dovranno essere chiuse diverse fabbriche europee.
COSA HA DETTO BLUME
“La situazione del marchio VW è così grave che non si può lasciare che tutto continui come prima”, ha detto senza troppi giri di parole l’Ad Blume alla Bild. “La torta – ha motivato – è diventata più piccola e abbiamo più ospiti a tavola”.
Come se la concorrenza non fosse già un problema, il Ceo ha poi aggiunto: “il contesto economico è nuovamente peggiorato, soprattutto per il marchio VW”. Tuttavia, nonostante le parole ferali, Oliver Blume aveva anche provato a rincuorare: “Siamo fermamente impegnati a favore della Germania come nostra sede di riferimento, perché la Volkswagen ha plasmato intere generazioni”.
“Abbiamo dipendenti – ha dichiarato il Ceo di VW – i cui nonni già lavoravano alla Volkswagen. Voglio che anche i loro nipoti possano ancora lavorarci”. Anche se la coda resta velenosa, quanto meno inquietante dato che lascia la porta aperta a molteplici strategie: “Volkswagen contiene anche la parola osare. Dobbiamo osare ancora qualcosa: osare per avere successo”.
LA STRATEGIA DI VOLKSWAGEN PER DISARCIONARE IL SINDACATO
E in effetti Blume nelle ultime ore ha osato. Osato come nessun altro. Ancora prima di svelare le carte che intende giocare per riportare la fortuna dalla sua, la dirigenza ha sorpreso tutti rescindendo il contratto collettivo siglato con il sindacato IG Metall: in fumo anche l’accordo che prevede la salvaguardia dei posti di lavoro e delle fabbriche tedesche fino al 2029.
Chiara l’intenzione di Volkwagen di volere le mani libere per affrontare come meglio crede la crisi, senza dover sottostare ai patti che la vincolavano al sindacato. E così Blume ha fatto coriandoli di un accordo stipulato nel 1994 e siglato a più riprese da tutti i suoi predecessori negli anni.
Una mossa che ha mandato su tutte le furie Daniela Cavallo che, oltre a essere presidente del consiglio di fabbrica generale, è anche membro del consiglio di sorveglianza del colosso tedesco: “Ci difenderemo con fermezza da questo attacco senza precedenti ai nostri posti di lavoro”, rassicurando i colleghi che “con lei non ci saranno esuberi”.
COSA DICE VW
La difesa di quanto fatto è toccata al responsabile delle risorse umane, Gunnar Kilian, che ha provato a tendere la mano al sindacato dicendo che Volkswagen intende stipulare nel più breve tempo possibile, entro e non oltre i primi sei mesi del 2025, un nuovo contratto collettivo: “Questo periodo ci darà l’opportunità di lavorare con i rappresentanti dei lavoratori per trovare soluzioni su come rendere Volkswagen competitiva e pronta per il futuro a lungo termine”.
Ma dal sindacato fanno notare che la mossa di Volkswagen ha di fatto portato a scadenza alla fine dell’anno le tutele vigenti e proprio dopo sei mesi l’azienda potrà procedere con i primi licenziamenti: il tavolo delle trattative – è l’accusa – si svolgerà pertanto in un ambiente tutt’altro che sereno, con la consapevolezza che il tempo scorre e l’azienda è pronta ad attuare anche il peggiore degli scenari possibili. I rappresentanti dei lavoratori, insomma, si sentono stretti tra il muro e la pistola; tra il muro e un contratto collettivo da accettare obtorto collo.