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Volkswagen

Tutti i problemi di Volkswagen fra tagli e dieselgate

Che cosa sta succedendo a Volkswagen in Germania. Fatti, numeri e approfondimenti

 

È forse un segno del destino, naturalmente cinico e baro, che la tempesta annunciata da Volkswagen con misure di austerità, tagli e probabile chiusura di uno stabilimento in Germania sia scoppiata nel giorno in cui l’ex boss Martin Winterkorn superava la soglia del tribunale di Braunschweig per rispondere del suo ruolo nello scandalo del dieselgate.

È stata come la chiusura di un cerchio. Da un lato l’ex potente chiamato a difendere se stesso più che la sua azienda di un tempo dalla madre di tutti i guai avvenuti dopo all’industria più potente d’Europa, quella automobilistica tedesca. Winterkorn è oggi un uomo anziano e malato, il processo che lo accompagnerà nei prossimi mesi è stato spostato di tre anni per consentirgli una precaria ripresa fisica dopo una serie di operazioni al bacino. Ma l’accusa che ancora lo insegue è di frode. Quando una telefonata dagli Stati Uniti scosse la notte nell’ormai lontano 2015, annunciando che l’agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente aveva scoperto che Volkswagen aveva manipolato 11 milioni di modelli venduti dal 2009 per camuffare i test di inquinamento dei motori diesel, nessuno poteva immaginare che tipo di storia stesse per cominciare.

Ieri, all’altro capo della parabola temporale, a Wolfsburg si è consumata una rottura che pare insanabile. Da un lato la dirigenza dell’azienda, dall’altro i lavoratori e il sindacato. In mezzo il futuro della prima industria automobilistica europea. Durante la riunione del comitato aziendale, Il capo delle finanze di Volkswagen Arno Antlitz ha difeso le misure di austerità annunciate dalla società. Ha detto – tra i fischi – che all’appello mancano le vendite di 500 mila auto, l’equivalente della produzione di due stabilimenti e che l’azienda ha uno o due anni di tempo per correggere la situazione. Per questo l’inasprimento di misure di austerità già in cantiere. Non ha detto quali, anche se è apparso sinistro quel richiamo alle due fabbriche. I soldi derivanti dal piano di risparmio serviranno per liberare i fondi di cui l’azienda ha bisogno per nuovi prodotti. Il responsabile del marchio Volkswagen Thomas Schäfer ha sottolineato nel suo intervento che “l’obiettivo è ridurre i costi in modo sostenibile per poter mantenere la produzione in Germania”.

I TAGLI IN CASA WOLKSWAGEN

Lunedì scorso Volkwagen aveva dichiarato che “la riduzione di posti di lavoro precedentemente pianificata attraverso pensionamenti parziali e indennità di fine rapporto non è più sufficiente per raggiungere gli obiettivi di risparmio fissati” e che tra le misure ora ipotizzate vi erano licenziamenti, la chiusura di stabilimenti in territorio tedesco (cosa mai avvenuta) e l’abolizione della garanzia del lavoro concessa fino al 2029, cioè il patto stipulato nel lontano 1994 con i sindacati per congelare i licenziamenti.

Questa volta però quelli che erano considerati un tempo i lavoratori più contenti e collaborativi dell’intero comparto industriale tedesco si sono ribellati, e il padiglione in cui si è svolta la riunione del comitato aziendale si è trasformato in una bolgia infernale. “Volkswagen siamo noi, non voi” è lo slogan quasi calcistico rimbombato all’interno.

LA SINDACALISTA DI VOLKSWAGEN

Il volto della resistenza ha i lineamenti bruni e decisi di una donna tedesca di origini italiane, Daniela Cavallo, la prima donna a essere stata eletta a capo del consiglio di fabbrica di Volkswagen nel 2021. Quarantanove anni, nata a Wolfsburg, città sede della Volkswagen, nel 1975, Cavallo è figlia di un immigrato calabrese, di Reggio Calabria, arrivato in Germania negli anni Settanta del secolo scorso per lavorare come operaio proprio nella Volkswagen. Anche per lei una carriera tutta dentro le mura della industria di casa (Volkswagen produceva un tempo anche dei würstel a beneficio unico dei suoi lavoratori): nel 1994 vi entra con un contratto di formazione, proseguendo però a studiare economia aziendale, poi, una volta assunta a tempo pieno, ha intrapreso sin da subito il percorso sindacale, diventando membro del consiglio di fabbrica di Volkswagen 2002 e membro del consiglio di fabbrica generale di gruppo dal 2013. Fino all’elezione a capo del consiglio di fabbrica, dove ha sostituito un mostro sacro come Bernd Osterloh.

LE TENSIONI

Nell’intervento di ieri Cavallo ha chiuso la strada a ogni compromesso basato sugli annunci della dirigenza e ha assicurato che il comitato aziendale si opporrà con veemenza alla chiusura degli stabilimenti. È stato un discorso carico di drammaticità, al quale hanno assistito almeno 20.000 dipendenti, riuniti dentro e intorno al padiglione 11 dello stabilimento principale. La capienza nella sala era limitata, la maggior parte delle persone ha guardato l’evento sui grandi schermi davanti alla sala.

LE CRITICHE DEI SINDACATI

“Vogliono chiudere le sedi e buttare fuori i nostri colleghi”, ha detto Cavallo, confermando la sua fama di donna battagliera, “vi dirò di cosa si tratta: non è solo un atto d’accusa, questa è una dichiarazione di fallimento”. Cavallo ha poi criticato anche le decisioni di investimento del consiglio, come la recente collaborazione con la casa automobilistica statunitense Rivian: “Cinque miliardi di euro per una start-up automobilistica dagli Usa, e qui in Germania, nella patria della Volkswagen, nel nucleo del nostro gruppo, volete privarci delle nostre prospettive. Spiegatelo”. Volkswagen soffre perché il consiglio non sta facendo il suo lavoro, ha concluso la sindacalista, e i lavoratori non dovrebbero essere ritenuti responsabili di ciò.

I DATI CATASTROFICI

Nel frattempo però la situazione è seria davvero. Nelle stesse ore in cui a Wolfsburg si consumava il fuoco delle vanità dell’ex azienda modello, l’Autorità federale dei trasporti automobilistici (KBA) pubblicava i dati catastrofici delle vendite del mese di agosto: vendute 197.000 nuove automobili, quasi il 28% in meno rispetto alle nuove immatricolazioni di un anno fa. Il calo è stato particolarmente sensibile nel settore delle auto elettriche: solo 27.000 le nuove e-auto vendute, un vistoso calo del 69% rispetto al livello dell’anno precedente. Al netto di un effetto particolare (nell’agosto 2023 era stato acquistato un numero particolarmente elevato di auto elettriche a causa della fine dei finanziamenti statali per le auto aziendali a partire da settembre),il mercato soffre di una domanda più debole.

I NUMERI

L’industria automobilistica tedesca sta diventando sempre più pessimista riguardo all’attuale situazione economica e agli sviluppi futuri. L’indice Ifo sul clima economico del settore è sceso di quasi sei punti, attestandosi a meno 24,7 punti in agosto. “L’umore nel settore automobilistico sta precipitando”, ha confermato Anita Wölfl, esperta del settore dell’istituto di ricerca economica di Monaco.

IL RUOLO DEL GOVERNO SUL CASO VOLKSWAGEN

Il governo prova a dare ossigeno, ricorrendo a misure di sostegno per l’auto elettrica, nonostante quelle erogate finora non abbiano tamponato (se non temporaneamente) l’emorragia di vendite. Il ministero delle Finanze ha presentato due progetti che prevedono nuovi vantaggi fiscali. Si tratta essenzialmente di due misure. Le aziende che acquistano auto elettriche dovrebbero poter utilizzare norme di ammortamento fiscale più generose: si parla del 40% rispetto alle tasse dovute nel primo anno. Inoltre, è previsto un aumento del prezzo massimo per la tassazione delle auto aziendali. I dipendenti che utilizzano un’auto elettrica come auto aziendale beneficiano di un’aliquota fiscale inferiore rispetto ai veicoli a benzina e diesel. Finora ciò vale solo per le auto elettriche il cui prezzo di listino lordo è inferiore a 70.000 euro. Il limite ora salirà a 95.000 euro.

“Al fine di incrementare ulteriormente la promozione della mobilità sostenibile e la domanda di veicoli a motore senza emissioni, l’attuale importo massimo sarà nuovamente aumentato, da 70.000 euro a 95.000 euro”, si legge infatti nel testo ministeriale. I vantaggi fiscali ammonteranno a 585 milioni di euro l’anno prossimo e si prevede che saliranno a 650 milioni di euro entro il 2028.

Misure che a Wolfsburg non convincono più. Nelle fabbriche di Volkswagen, dopo decenni di pace, ci si prepara a una lunga battaglia sindacale.

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