Volkswagen, la più grande azienda produttrice di automobili d’Europa, ha intenzione di chiudere almeno tre fabbriche in Germania e licenziare decine di migliaia di persone. La casa, che da settimane sta negoziando con i sindacati sui tagli e sul piano di rilancio, ha spiegato che la ristrutturazione è necessaria per ridurre i costi operativi e rispondere sia al declino dell’economia tedesca che alla crisi dell’industria automobilistica europea.
Mercoledì Volkswagen presenterà delle proposte concrete: nei suoi ottantasette anni di storia non ha mai chiuso uno stabilimento in Germania.
LE DICHIARAZIONI
Daniela Cavallo, a capo del consiglio dei lavoratori di Volkswagen, ha detto che i dirigenti del gruppo sono “assolutamente decisi” a procedere con i tagli. Non è chiaro quanti dei circa 300.000 dipendenti tedeschi della società verranno licenziati, ma Cavallo ha parlato del piano “del più grande gruppo industriale tedesco per iniziare la vendita nel suo paese d’origine, la Germania”.
Lo stato tedesco della Bassa Sassonia, dove si trova la sede centrale di Volkswagen, possiede l’11,8 per cento delle azioni. I sindacati – come la IG Metall, che rappresenta i lavoratori metalmeccanici – esercitano una forte influenza sulle decisioni del gruppo.
Gunnar Kilian, membro del consiglio di amministrazione della società, ha parlato di una situazione “seria e la responsabilità dei partner negoziali è enorme. Senza misure complete per recuperare la competitività, non potremo permetterci investimenti essenziali in futuro”.
I PROBLEMI DI VOLKSWAGEN
Thomas Schaefer, a capo del marchio Volkswagen, ha spiegato che le fabbriche tedesche non sono abbastanza produttive e che hanno costi di produzione del 25-30 per cento superiori rispetto a quelli ritenuti ottimali: in altre parole, alcuni stabilimenti sono del doppio più costosi rispetto a quelli della concorrenza.
Gli ultimi dati dicono che a settembre le immatricolazioni di auto in Germania sono calate del 7 per cento. Nei primi nove mesi del 2024 le vendite di veicoli elettrici sono crollate del 28,6 per cento. Negli ultimi cinque anni le azioni di Volkswagen hanno perso il 44 per cento del loro valore, rispetto al -12 per cento riportato dalla francese Renault e del +22 per cento registrato dall’italo-franco-olandese Stellantis.
A pesare su Volkswagen sono gli alti costi dell’energia e del lavoro in Germania, il rallentamento della domanda di auto in Europa e in Cina (il più grande mercato al mondo e fondamentale per le entrate della società) e le difficoltà nella transizione alla mobilità elettrica (i marchi cinesi fanno concorrenza con modelli di qualità ed economici). A tutto questo si aggiungono la fiacchezza dell’economia tedesca, in recessione per il secondo anno consecutivo, e gli imminenti dazi europei sulle importazioni di veicoli elettrici dalla Cina, che espongono il gruppo a ritorsioni commerciali.
IL CAPO DI VOLKSWAGEN: NON STIAMO GUADAGNANDO ABBASTANZA
Thomas Schaefer ha dichiarato che Volkswagen non sta “guadagnando abbastanza con le nostre macchine. Allo stesso tempo, i nostri costi per l’energia, i materiali e il personale continuano a crescere. Questo calcolo non può funzionare a lungo termine. Dobbiamo quindi andare alla radice del problema: non siamo abbastanza produttivi nei nostri siti tedeschi”.
COSA PENSA IL GOVERNO SCHOLZ
Un portavoce del governo di Olaf Scholz ha fatto sapere che è il cancelliere ha una posizione “chiara” sulla “situazione difficile” vissuta da Volkswagen, e cioè che “le eventuali decisioni sbagliate del management del passato non devono andare a scapito dei dipendenti. Ora si tratta di preservare e garantire i posti di lavoro”.