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Amazon Rivian

Tutte le difficoltà di Rivian, che lascia a piedi altri dipendenti

Prima i fondi di Ford e i contratti con Amazon, quindi la più grande Ipo della storia. Dopo, però, sono iniziati i problemi legati al Covid e all'aumento dei costi delle materie prime. E Rivian non è stata in grado di produrre quanto prometteva. Ora il rallentamento della domanda di auto elettriche (e l'arrivo delle rivali cinesi) potrebbe esserle fatale?

Mentre marchi cinesi spesso impronunciabili sono pronti a invadere l’Occidente con le loro auto elettriche, quelli statunitensi non condividono il medesimo brio. Anzi, se si esclude Tesla (superata nella produttività del 2023 da Byd), molte startup parecchio promettenti oggi incespicano. È sicuramente il caso di Rivian, giovane realtà focalizzata sui furgoni elettrici.

CHI HA CREDUTO IN RIVIAN

Su Rivian avevano scommesso Ford (che poi s’è liberata della maggior parte delle quote) e Amazon, che nel 2019 aveva investito più di un miliardo nella startup californiana così da diventarne il principale socio con il 17% delle azioni.

Il colosso dell’e-commerce intendeva sfruttare la giovane realtà per il rinnovo in senso green della propria flotta, salvo poi prenderne le distanze. Rivian, infatti, è stata travolta prima dalla pandemia, quindi dalla sparizione dei chip sul mercato e dal generalizzato aumento dei costi. E non si è più ripresa.

SEPARAZIONE CONSENSUALE?

E Amazon, stanca di metter mano al portafogli e attendere furgoni che non arrivavano, ha così stracciato l’accordo che la legava a Rivian come fornitore esclusivo. Questa, almeno, la lettura di alcuni osservatori nonché quella, stando ai numeri, che ci convince di più. Per altri – ed è la tesi maggioritaria anche sui mercati, dato che entrambi i titoli avevano registrato scambi in seguito all’annuncio – il fatto che Rivian potrà negoziare nuovi accordi per vendere i suoi furgoni elettrici per le consegne ad altri operatori di flotte potrebbe essere il preludio di un aumento dei profitti.

LA STARTUP HA PRESO IL LONG COVID

Resta il fatto che negli ultimi anni Rivian ha faticato a stare dietro alle consegne previste di anno in anno nel proprio piano industriale ed è nel pieno di una stagione di tagli ‘lacrime e sangue’. Anche nel 2024 dovrebbe consegnare 57.000 vetture al posto delle 81.000 preventivate .

Contestualmente ha annunciato un ulteriore taglio del 10% del proprio organico. Questo è il terzo round di licenziamenti dopo quelli del 2022 e del 2023. “La nostra azienda si trova ad affrontare una situazione macroeconomica difficile, fra tassi di interesse elevati e incertezza geopolitica”, ha detto l’amministratore RJ Scaringe in una email ai dipendenti ripresa dai media.

Quanto all’ultima trimestrale, la società ha registrato un fatturato da 1,3 miliardi di dollari, ossia più del doppio di quelli generati nello stesso periodo del 2022; mentre su base annuale il fatturato è stato di 4,4 miliardi, quando nel 2022 si era fermato a 1,6 miliardi. Resta però il tema delle perdite: l’azienda ha un rosso da 5,4 miliardi di dollari.

Stanto al WSJ, con il ritmo attuale Rivian perderebbe 33mila dollari, pari a 31mila euro, per ogni auto prodotta, con lo stabilimento sito in quel di Normal, in Illinois, che al momento starebbe lavorando a solo un terzo della sua piena capacità, risultando quindi tutt’altro che efficiente. A zavorrare il conto economico anche accordi con i fornitori alquanto onerosi. Per questo l’obiettivo è risparmiare dove possibile.

DALL’IPO A OGGI, CHE SUCCEDE A RIVIAN?

Un andamento piuttosto mesto per una casa automobilistica la cui quotazione venne festeggiata come la più grande Ipo dal 2012: allo scoccare della campanella registrò, annotano le cronache finanziarie dell’epoca, un altisonante +38% sul prezzo dell’Ipo a 106 dollari e 93 miliardi di dollari di capitalizzazione, più di Gm e Ford (come pure delle europee Bmw, Stellantis o Ferrari) ma soprattutto delle rivali elettriche cinesi Nio, Xpeng e Li Auto.

Oggi la capitalizzazione di Rivian sfiora gli 11 miliardi rispetto ai 100 sfiorati al debutto. E aleggia lo spettro di Arrival, startup britannica che produceva furgoni elettrici appena andata a sbattere nonostante le importanti commesse nel portafogli. Startup che molti, negli anni di gloria, avevano soprannominato “la Rivian europea”.

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