Skip to content

500 ibrida

Stellantis in Italia: piani, annunci e fuffa

Giornata di festa nello stabilimento di Mirafiori: Antonio Filosa approfitta dell'avvio di produzione della 500 ibrida per ricordare tutti gli investimenti che Stellantis ha fatto in Italia. Ma sono diversi i numeri che il gruppo presieduto da John Elkann sembra dimenticare e riguardano la produzione  - ormai al lumicino - nei vari impianti del Bel Paese

La 500 elettrica non vende – lo sanno bene proprio a Mirafiori dove resta attivo il contratto di solidarietà fino al 31 gennaio 2026 utilizzato al 40% dai circa mille lavoratori che dovrebbero sfornare la piccola city car alla spina – perciò ora si prova con la Fiat 500 ibrida. Una vittoria per i sindacati, che l’avevano richiesta a gran voce per garantire la sopravvivenza del polo come pure la possibilità per Antonio Filosa, Ceo di Stellantis, di ribadire che “il Gruppo sta mantenendo gli impegni”.

QUALI SONO I PIANI ITALIANI DI STELLANTIS?

In realtà è ancora difficile avere anche solo una una vaga idea di quali siano i piani per gli stabilimenti italiani di Fiat, Lancia, Alfa Romeo e Maserati che Stellantis ha qui in Italia.

Tutti impianti che secondo gli ultimi dati Fim-Cisl ancora nell’ultimo trimestre concluso a settembre hanno registrato fortissime flessioni rispetto al 2024, annus horribilis del Gruppo (la cui quota di produzione era tornata agli anni ’50), con perdite comprese tra il -17% e il -65%.

Per il momento la speranza di una crescita dei volumi si aggrappa tenacemente alla 500 ibrida che avrà casa nello storico impianto torinese e alla Jeep Compass prodotta a Melfi. Il resto si vedrà. E sorgono già diversi dubbi sul prossimo futuro di Mirafiori.

I PIANI PER L’HUB TORINESE SONO ANCORA ATTUALI?

Secondo quanto era stato detto, infatti, a Torino nel 2027 sarebbe previsto l’arrivo di una nuova 500 elettrica con batterie Stellantis, mentre nel 2030 dovrebbe la nuova generazione della 500e, sempre prodotta a Mirafiori.

Ma le attuali vendite di auto elettriche, unite alle mosse della maggior parte delle Case automobilistiche occidentali che stanno rinviando sine die l’elettrificazione della gamma, fanno sorgere dubbi e domande sull’attualità di simili piani.

TUTTI A BORDO DELLA 500 IBRIDA

A ogni modo, in attesa di scoprire finalmente i piani industriali di Stellantis a firma Filosa (potrebbero pure slittare attorno alla seconda metà del prossimo anno) ci si concentra sul presente.

Salutando l’avvio di produzione della 500 ibrida l’amministratore delegato partenopeo ha voluto ribadire che il nuovo modello ha “già portato con sé 400 nuovi assunti e un secondo turno qui a Mirafiori a partire da marzo del prossimo anno”. Contestualmente, la produzione torinese dovrebbe aumentare di 100mila unità annue.

Come da copione, Filosa ha poi ricordato i 2 miliardi di investimenti e i 6 miliardi di acquisti fatti in Italia dal Gruppo italofrancese, lasciando però nell’ombra le tante situazioni emergenziali che da Nord a Sud richiederebbero una risposta. Proprio a Mirafiori si vorrebbe sapere, per esempio, quale sarà il futuro di Maserati.

I NUMERI ITALIANI CHE STELLANTIS NON AMA RICORDARE

Nei primi nove mesi del 2025, l’impianto torinese ha prodotto 18.450 veicoli, in calo del 17% rispetto alle 22.240 unità del 2024: 18.315 sono Fiat 500 Bev, mentre le Maserati sono state solamente 140. E non è il solo polo produttivo a chiedere lumi circa il suo futuro o sul destino di marchi che oggi paiono sacrificati, come Lancia e Alfa Romeo.

Restando in casa Maserati, a Modena, nei primi nove mesi del 2025 sono state prodotte appena 75 auto sportive col Tridente nel logo, con una flessione del 65,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il Contratto di Solidarietà ha coinvolto i 214 lavoratori con un utilizzo medio intorno al 50%.

Poi c’è Cassino, dove da quattro anni si lavora su di un solo turno e che in questi 9 mesi ha sfornato poco più di 10mila Alfa Romeo Giulia e Stelvio e di 3.500 Maserati Grecale. Una produzione intervallata da oltre 84 giornate di stop mentre in quelle lavorate 600 lavoratori erano in Solidarietà.

La Fiat Panda con 79.000 unità copre da sola il 52% della produzione auto in Italia e permette a Pomigliano di non essere tamponata dalle medesime preoccupazioni che attanagliano gli altri impianti. Ma anche su questo modello si registra una flessione del 29% rispetto al 2024. Nell’impianto, inoltre, allarma il crollo produttivo della Alfa Romeo Tonale a sole 7.930 unità (-41%) e il fatto che, con ogni probabilità, a causa dei dazi bisognerà rinunciare alla produzione della Dodge Hornet, comunque irrisoria e ferma a 1.360 unità (-90%) da due trimestri.

Situazione oltremodo critica a Melfi. Fim-Cisl denuncia: “Rispetto all’anno precedente le produzioni nello stabilimento si sono dimezzate, raggiungendo le 26.850 unità prodotte. Rispetto al periodo pre-Covid, la perdita è dell’87%”. Nel semestre si sono registrati 57 giorni di fermo collettivo gestiti con Contratto di Solidarietà (187 turni persi). Negli altri giorni l’utilizzo medio del CdS è stato del 63%, coinvolgendo ogni giorno circa 3.050 lavoratori. “La perdita di volumi – ribadiscono da Fim-Cisl – ha già avuto conseguenze occupazionali: dal 2021 circa 2.370 lavoratori sono usciti incentivati su base volontaria, portando gli occupati a 4.670. Sono circa 350 i lavoratori in prestito presso altri stabilimenti”.

In sofferenza pure Atessa, tra i pochi hub che nel 2024 aveva tenuto: la produzione di veicoli commerciali si è attestata a 114.060 unità, con un calo del 23,9% rispetto all’anno scorso. I rappresentanti dei lavoratori sottolineano come “dalle iniziali previsioni su 15 turni” si sia “passati al ricorso stabile alla cassa integrazione che ha coinvolto tra i 700 e i 1.000 lavoratori. Dall’inizio del 2025 la media giornaliera dei lavoratori in cassa è stata di circa 700 unità”.

Rispetto a prima dell’estate gli addetti sono 400 in meno. Vietato chiamarli ‘licenziamenti’: il dimagrimento dell’organico è dovuto alla cosiddetta fuoriuscita incentivata che sta permettendo all’hub nel Chietino, pensato per sfornare qualcosa come 970 veicoli al giorno, di procedere col freno a mano tirato con 650 veicoli al giorno.

URSO GIÀ A BORDO DELLA 500 IBRIDA

Tutti problemi che, almeno nella giornata di ieri, sono stati tenuti ben lontani da Torino, dove è intervenuto anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Con ogni probabilità il membro dell’esecutivo che più di tutti ha incrociato le lame con la dirigenza Stellantis (tutti ricordano i “dispetti” del governo sui modelli più recenti nel nome dell’Italian sounding che hanno portato al frettoloso cambio di logo dell’Alfa Romeo Milano prodotta in Polonia e persino al sequestro nei porti delle microcar Topolino che arrivavano dall’Africa esponendo un beffardo Tricolore sulla carrozzeria) e che nell’ultimo periodo ha adottato invece una linea molto più accomodante.

“Mentre in Europa decine di grandi aziende stanno procedendo a licenziamenti collettivi di decine di migliaia di lavoratori, penso solo a Bosch che ha annunciato 25 mila esuberi, in Italia Stellantis non sta licenziando”, aveva detto il titolare del Mimit a fine settembre lasciando intendere il cambio di passo del governo sulla questione. “Il Gruppo sta quindi mantenendo gli accordi che avevamo siglato nel dicembre 2024”, le sue parole che suonavano quasi come la chiusura ufficiosa della vertenza che da tempo si trova sulla sua scrivania.

Non a caso ieri a Torino Urso ha parlato della nuova Fiat 500 ibrida come una icona “di un’Italia che non si arrende”. Per il ministro del Made in Italy si è insomma a una tappa cruciale di un percorso per ridare volumi all’industria.

GOVERNO E TAMPONANO LA UE

L’avversario coAZIENDA mune del governo e dell’azienda (anche Elkann e Filosa mantengono la medesima linea) è ora la Ue: per Urso “Servono riforme radicali non aggiustamenti”, ha scandito ricordando il patto sottoscritto tra Roma e Berlino sul finire dell’estate per chiedere a Bruxelles di rivedere le politiche europee soprattutto in tema di carburanti sintetici e bio così da garantire al motore a scoppio ancora lunga vita.

Una scelta di campo che peraltro concorre a rendere sempre meno concreta la realizzazione del polo per le batterie di Termoli, ma evidentemente anche l’esecutivo ha ormai perso le speranze di vedere la famosa gigafactory italiana in funzione. Stellantis, in compenso, preferisce continuare a nicchiare.

 

Torna su