Nel primo semestre del 2025 Stellantis – il gruppo automobilistico olandese presieduto da John Elkann e proprietario dei marchi Fiat, Chrysler, Citroen, Opel, Peugeot, Lancia e Jeep, tra gli altri – ha prodotto in Italia 221.885 unità tra automobili e veicoli commerciali, con un calo del 26,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024. Le previsioni del sindacato Fim-Cisl, autore di un dettagliato rapporto, dicono che Stellantis chiuderà l’anno con circa 440.000 unità prodotte nel nostro paese: molto meno delle 475.090 unità del 2024, quindi, che a loro volta erano state del 36,8 per cento inferiori rispetto al 2023.
LA CONDIZIONE DEGLI STABILIMENTI ITALIANI
“Tutti gli stabilimenti auto evidenziano un forte peggioramento. A differenza del 2024, in cui almeno Pomigliano rappresentava un’eccezione positiva, oggi nessun sito sfugge alla situazione di forte difficoltà”, spiega la Fim-Cisl. “Non si intravedono segnali di ripresa entro fine anno. Anzi, il calo dei volumi e l’uso degli ammortizzatori sociali potrebbero aumentare, coinvolgendo già oggi quasi la metà della forza lavoro del gruppo”.
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LE PROMESSE DI STELLANTIS ALL’ITALIA
Stellantis si è impegnata a investire 2 miliardi di euro negli stabilimenti italiani entro il 2025 e ad effettuare ordini per 6 miliardi dai fornitori italiani, con l’obiettivo di arrivare a produrre 1 milione di veicoli entro il 2030.
L’ex-amministratore delegato Carlos Tavares – sostituito a maggio da Antonio Filosa – disse però che in Italia è svantaggioso costruire automobili per via dei prezzi elevati dell’energia, doppi rispetto alla Spagna.
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IL SOLE 24 ORE SCOTTA STELLANTIS
“Gli stabilimenti italiani della antica Fiat sono diventati gusci vuoti. Vanno riempiti di auto nuove, di progetti, di operai, di ingegneri. Ma servono, prima di tutto, i soldi. Sulle singole fabbriche, sui nuovi modelli, sugli insteriliti centri di ricerca, sugli ormai sbaraccati poli del design. Tutto il resto è opinione, comunicazione, lobbysmo”, ha scritto Paolo Bricco – giornalista esperto di storia industriale italiana – sul Sole 24 Ore.
Secondo Bricco, oltre a tanti soldi, per la ripresa della produzione di Stellantis in Italia “serve una marcatura stretta – se non asfissiante – sulle scelte prossime venture del management […] e di quel che resta della famiglia Agnelli, che per oltre un secolo ha molto dato e ha almeno altrettanto ricevuto dal Paese”.
Come ricostruito dal giornalista,
La deriva di medio periodo, che porta all’attuale desertificazione produttiva, inizia con il progetto Fabbrica Italia di Sergio Marchionne annunciato e subito ritirato, prosegue con il polo del lusso – sempre sotto Marchionne – mai andato a regime, continua con la campagna di azzeramento della nostra base produttiva nazionale operata da Carlos Tavares, che ha compiuto una sistematica delegittimazione della cultura industriale italiana, nelle singole fabbriche, nelle funzioni ad alto valore aggiunto (e a crescente annichilimento) e nelle reti di fornitura, con il taglio dei contratti dei componentisti italiani e la conservazione di quelli dei componentisti francesi e nordafricani di lingua francese.
Il principale azionista di Stellantis è Exor, la holding della famiglia Agnelli guidata da John Elkann; seguono la famiglia Peugeot, fondatrice dell’omonimo marchio automobilistico francese, e lo stato francese attraverso la banca pubblica Bpifrance.
LA REPUBBLICA DI EXOR CITA URSO E ATTACCA L’EUROPA
“Esistono un antico innamoramento e una ancestrale passività della politica – non solo di sinistra – alle scelte degli Agnelli”, faceva notare Bricco sul Sole 24 Ore.
Su la Repubblica – quotidiano di sinistra di proprietà di Exor – alla notizia del crollo produttivo di Stellantis in Italia sono stati riservati un paio di paragrafi. L’ultima parte dell’articoletto è occupata dalle dichiarazioni del ministro delle Imprese Adolfo Urso, che non menziona Stellantis ma parla di una crisi che riguarda l’intera industria automobilistica regionale. Una crisi che, dice Urso, “viene dall’Europa, da una politica industriale europea folle che ha vincolato le imprese sui target del Green Deal irraggiungibili”.
Ridurre il crollo produttivo di Stellantis in Italia alle politiche climatiche della Commissione è riduttivo, però, come peraltro spiegato da Bricco sul giornale di Confindustria. In effetti, negli ultimi mesi si è assistito a un cambio nei toni utilizzati da Urso nei confronti di Stellantis: prima molto battaglieri e critici, poi – dopo l’audizione di Elkann in Parlamento – decisamente più concilianti. La responsabilità dei livelli produttivi e degli investimenti è stata spostata dalla dirigenza della casa automobilistica ai commissari di Bruxelles.