Dopo le vetture di Tesla che per diversi mesi hanno subito atti di vandalismo ai quattro angoli del globo, adesso sono le auto elettriche e intelligenti di Waymo i bersagli preferiti dai manifestanti incendiari che stanno mettendo a ferro e a fuoco – letteralmente – alcune delle principali città americane, da San Francisco a Los Angeles. Intelligenti in quanto si guidano da sole, offrendo un passaggio a chi volesse vivere il brivido di una corsa su di un taxi senza pilota, ma non abbastanza da cogliere il pericolo rappresentato da chi ha deciso di scendere in piazza armato contro le politiche anti immigrazione di Donald Trump, che nel mentre strepita dal pulpito del proprio social personale.
E’ PARTITA LA CACCIA AI ROBOTAXI WAYMO
A farne le spese è appunto la flotta della startup nata in seno ad Alphabet, società madre di Google, che sta correndo velocemente ai ripari richiamando nei garage i propri veicoli autonomi. Ma i danni rischiano di riverberarsi sull’intera comunità, sia perché nell’incendio di almeno cinque robotaxi sono bruciati disperdendosi nell’ambiente materiali altamente inquinanti sia perché i roghi delle auto elettriche rappresentano ancora una sfida per i vigili del fuoco che spesso non hanno i mezzi idonei per riuscire a raffreddare velocemente le alte temperature che possono raggiungere le celle delle batterie.
Per questo gli incendi delle auto alla spina possono durare giorni e rischiano di essere particolarmente pericolosi laddove avvenissero al chiuso. Episodi di vandalismo meno cruento si sono infine registrati anche Santa Monica dove ignoti hanno posizionato coni stradali all’esterno di un deposito di Waymo paralizzando così il computer di bordo, che li legge come ostacoli invalicabili.
Dopo l’uscita di strada della rivale Cruise, Waymo è attualmente l’unica azienda negli Stati Uniti autorizzata dalle autorità a offrire un servizio di taxi autonomi senza conducente per passeggeri paganti. Secondo i dati diffusi dalla controllata di Alphabet, i veicoli circolanti dislocati in città come San Francisco, Los Angeles, Phoenix e Austin, sono oltre 1.500 per un totale di più di 250.000 corse settimanali.
“BIG TECH COMPLICI DI TRUMP”
La protesta, nata in risposta a una serie di blitz dell’Ice (ovvero l’Immigration and Customs Enforcement) contro immigrati senza documenti da rimpatriare immediatamente senza processo si sarebbe poi estesa ai robotaxi di Google perché per chi avversa le politiche trumpiane le Big Tech, almeno secondo quanto interpretano gli editorialisti sui media americani, col loro presunto asservimento a Trump verrebbero sfruttate dal potere politico per sorvegliare e imbrigliare i cittadini.
Gli oltre 150 arresti nella sola città di San Francisco non hanno placato la rabbia dei manifestanti che in queste ore stanno assediando il Federal building in centro città, difeso dalla polizia per l’immigrazione in assetto antisommossa e dai soldati della Guardia nazionale invocati subito da Trump. Il grande edificio ospita uffici di numerose agenzie federali, tra cui quelle per la polizia doganale e dell’immigrazione, nonché quella per i servizi relativi all’immigrazione e alla cittadinanza Usa.
Waymo da parte sua non commenta quanto accade e i suoi social per ora tacciono, preferendo evidentemente mantenere il basso profilo e non attrarre su di sé l’attenzione di chi ancora è in strada pronto a dare battaglia. Nell’area riservata ai comunicati stampa del sito del gruppo la nota più recente è del 5 maggio scorso e informa di un nuovo “Ampliamento della” propria “flotta attraverso la produzione statunitense”. Un messaggio che forse i detrattori di The Donald hanno ritenuto eccessivamente trumpiano?