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Lo Spirito Del Tempo

Alitalia raccontata da un ex top manager di Alitalia. “Lo Spirito del Tempo” di Paolo Rubino

La recensione a firma di Salvatore Santangelo su Lo Spirito del Tempo (Castelvecchi) di Paolo Rubino

“Lo spirito del tempo”, affresco dell’Italia di questo terzo millennio, è un romanzo di intrigante e agevole lettura. Nelle pagine del libro scorrono, come in un film, le vite dei protagonisti del racconto spesso sorprendendo il lettore per ribaltamenti inattesi di prospettive e comportamenti.

La descrizione fatta da Paolo Rubino dell’interazione sentimentale fra protagonisti maschili e femminili della storia può apparire un’originale e soggettiva lettura dell’autore, ma, a ben vedere, coglie nel profondo l’oggettiva mutazione in corso nella civiltà occidentale dell’essenza maschile, resa fragile dall’arroccamento avido e autoreferenziale nel culto nostalgico di se verso l’evoluzione più pragmatica, generosa e costruttiva dell’essenza femminile.

Sembra quasi che, se un futuro possibile per l’Occidente è immaginabile, questo non sia più affidato all’espansionismo armato e conquistatore maschile, ma alla paziente capacità di semina e raccolto femminile. Questo piano di lettura del romanzo, caratterizzato da un sottile ed elegante erotismo niente affatto di maniera, attrae e coinvolge il lettore incollandolo alle pagine con una trama ardita e avvincente.

Ma lo spirito del tempo è anche il racconto inatteso e dal di dentro della vicenda della Compagnia Alitalia che, da oltre un ventennio, è il feuilleton offerto alla lettura degli italiani dalla cronaca economica del paese. L’abilità dell’autore nel rendere comprensibile al grande pubblico una materia assai densa di tecnicità e ostica è sorprendente. Ancor di più se la narrazione della vicenda economica dell’azienda è proposta con un ordito diverso, lontano e inusitato rispetto al canone con cui gli esperti e gli opinionisti, durante i trascorsi trent’anni, hanno guardato alla Compagnia.

Ciò che sorprende e apre la mente a riflessioni nuove è l’assenza di ogni accenno polemico a responsabilità di singoli e ad errori tecnici in un mondo dove, invece, ogni situazione ci è costantemente proposta all’attenzione con la tecnica dell’addebito polemico a comportamenti e scelte di parti avverse. Il destino, apparentemente ineluttabile, della fine della Compagnia è associato, nella storia raccontata da Rubino, non alle banali colpe di questo o quel manager, di questo o quel sindacalista e nemmeno di questo o quel governante di turno, ma ben spiegato nel quadro del declino industriale del paese, della perdita di ogni energia trainante, nel disfacimento di un’intera classe dirigente che sempre più appare formarsi sulla semplice base delle opinioni senza affrontare la minima fatica associata allo sforzo di comprendere i fatti. Una classe dirigente pigra e gonfia di altrui opinioni, carente della conoscenza che si basa sul sapere e non sul sentimento, è il responsabile ultimo e definitivo del declino italiano.

La storia recente di Alitalia è narrata con la passione di chi evidentemente ne ha vissuto una gran parte e certo non intende assolvere nemmeno se stesso dalla generale responsabilità degli accadimenti. In un dialogo del romanzo che molto mi ha colpito un personaggio dice all’altro: “L’errore insinua il dubbio e questo è il fertilizzante del cambiamento. Solo chi già ha errato può coltivare il dubbio”. Questa frase mi è rimasta impressa e credo che possa rappresentare con precisione lo spessore dell’autore in un mondo dove, al contrario, la continua rottamazione di ogni cosa ci è proposta come l‘unica necessaria premessa di una fantasiosa palingenesi.

La trama romantica e la trama storica del libro trovano una potente sintesi in una riflessione della protagonista femminile del romanzo “Lia guardò lui e i suoi occhi fieri e felici, rialzò anche lei lo sguardo verso l’alto, pensò a Roma, pensò a suo padre e al vasto oceano degli avi di cui le raccontava da piccola, pensò al suo piccolo Ibrahim che iniziava la sua corsa verso il futuro, pensò al suo bel Roberto ostinato, scanzonato e permaloso, pensò a Marco regale e generoso. Le spuntò una lacrima e non seppe capire se era di felicità o di malinconia”.

A qualche lettore potrà ispirare languida nostalgia, ma nel contesto della storia essa rappresenta la positiva visione del futuro perché ogni uomo, ogni azienda, ogni nazione ha sempre un futuro anche nel momento più drammatico della sua singolare vicenda.

CHE COSA PENSO DEI PIANI DI DELTA, EFROMOVICH, LOTITO E NON SOLO. L’ANALISI DI RUBINO

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