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iveco bus Industria Italiana Autobus

Ecco le mazzate del governo sull’Industria Italiana Autobus di Leonardo e Invitalia

Silurati i vertici di Industria Italiana Autobus che va avanti, restando in mano pubblica, con i soci di maggioranza Leonardo e Invitalia. Ma il governo Meloni bacchetta ("Fu un grave errore statalizzarla") e cerca nuovi soci. Fatti e approfondimenti

 

Che tra questo governo e l’Industria Italiana Autobus (qui l’approfondimento più recente di Start Magazine su Iia), la società di Leonardo (28,65%) e Invitalia (42,76%) in crisi perenne con le attività dell’ex Irisbus a Flumeri (Avellino) e dell’ex BredaMenarinibus a Bologna, i rapporti non fossero ottimali si era già capito nel mese di aprile, quando il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso (Fratelli d’Italia) corse a festeggiare l’inaugurazione di un nuovo stabilimento Iveco costato 20milioni di euro provenienti dal Pnrr. Una buona notizia per il comparto, ma stride che i fondi del Piano di ripresa e resilienza vengano utilizzati dando precedenza a un impianto privato che si pone in concorrenza con ciò che resta della produzione di autobus di matrice italiana confluito nella Industria Italiana Autobus.

CHE SUCCEDE IN INDUSTRIA ITALIANA AUTOBUS

Ed è divenuto palese pochi giorni dopo, ovvero il 24 maggio scorso, quando nel corso di una riunione tra le istituzioni, i vertici dell’azienda, i soci Invitalia e Leonardo e le organizzazioni sindacali, dopo aver illustrato lo stato di attuazione del piano industriale e aver evidenziato le difficoltà operative e gestionali nonostante le iniezioni di liquidità effettuate dai soci pubblici, anche a seguito della ricapitalizzazione da 25 milioni di euro decisa a inizio marzo, dai ranghi dell’esecutivo hanno sbottato: «Non siamo un bancomat».

IL CONDUCENTE NON VA BENE AL GOVERNO

Lo avrebbe detto lasciando tutti di sasso il sottosegretario con delega alle crisi di impresa, Fausta Bergamotto, stigmatizzando la situazione attuale e la gestione operativa della società, chiedendo ai soci Invitalia e Leonardo di attuare ogni urgente iniziativa per raggiungere gli obiettivi prefissati dal piano industriale e imponendo nei fatti «un cambio di passo anche nel segno della discontinuità se necessario».

Cambio di passo che è arrivato nelle ultime ore, con la capitolazione del presidente e amministratore delegato Antonio Liguori e di tutto il CdA, in seguito all’approvazione del bilancio. Ora bisognerà attendere il prossimo 24 giugno, data in cui si riunirà la prossima assemblea e si conoscerà, oltre al nome del presidente che subentrerà a Liguori, anche il nuovo organigramma societario.

LA STATALIZZAZIONE DEL 2019

Non sembra insomma esserci redenzione per Iia. E dire che la sterzata pareva esserci stata a inizio 2019, con il salvataggio di Leonardo e Invitalia che in soldoni aveva significato un aumento di capitale da 30 milioni.

Invitalia subentrava in qualità di nuovo socio di Iia. Leonardo era già azionista di Iia con l’11,7%, i turchi di Karsan – oggi al 28,59% – anche con il 5% da fine 2017, quando Stefano Del Rosso con il gruppo Tevere aveva l’83,3 per cento. L’ex Finmeccanica è entrata in Iia dalla nascita, a fine 2014, quando l’allora ad, Mauro Moretti, cedette la sofferente BredaMenarinibus alla King Long Italia di Del Rosso, poi divenuta Tevere Spa.

Secondo Moretti il gruppo aerospaziale sarebbe dovuto uscire repentinamente dal settore autobus. Non fu così, perché proprio Moretti concordò di acquisire fino al 20% di Iia, operativa dal primo gennaio 2015, nella quale finì anche l’Irisbus (ex Fiat-Iveco) che l’allora ad del Gruppo Fca Sergio Marchionne voleva dismettere.

FALLITO IL SOGNO DEL CAMPIONE NAZIONALE

Una Alitalia su gomma: di soldi pubblici in questi anni ne sono arrivati tanti, bruciati da una azienda incapace di risollevarsi. E adesso siamo punto e a capo, come riassunto da Repubblica: “C’è l’azienda, c’è il mercato, ci sono le commesse, ma alla fine dalle linee di montaggio non esce il numero di bus previsti dai contratti. Tanto che i Comuni di Roma, Palermo e Bergamo sono pronti a mettere in mora l’Industria Italiana Autobus. Risultato? […] L’azienda avrebbe dovuto realizzare entro fine maggio 151 mezzi. Obiettivo industriale mancato, nonostante i problemi finanziari siano stati superati e l’indotto rifornisce le fabbriche di Flumeri, in provincia di Avellino, e Bologna. L’approvvigionamento non sarebbe stato però in linea con le necessità di produzione: ragione per cui abbondano i bus, circa 140, non finiti. […] Nel 2023 ne sono stati prodotti 120 e consegnati 70”.

URSO VUOLE SCENDERE DAL BUS?

E adesso appunto si attende il colpo di reni, che se non arriverà dal nuovo CdA probabilmente giungerà da Roma come ha lasciato intendere Adolfo Urso ospite del Forum in Masseria di Bruno Vespa: “Sono stati commessi gravi errori da chi ritenne di affidare il gruppo a una cordata pubblica. Una grande impresa italiana che dovrebbe essere la seconda per bus prodotti dopo Iveco e che purtroppo è bloccata. Ma anche su quello interverremo”. Ogni riferimento alle condotte del governo di Giuseppe Conte è insomma voluto.

Il ministero continua a cercare il socio che si aggiungerà ai turchi di Karsan: tra gli interessati ci sarebbero i gruppi campani Sira e Seri Industrial come pure – sottolinea La Verità – la portoghese Caetano bus che punta sull’idrogeno e che soprattutto ha alle spalle un colosso come Toyota (nel dicembre 2020, Toyota Caetano Portugal è diventata azionista diretto di CaetanoBus). Ma la sensazione è che si proceda a gomme sgonfie e che l’obiettivo di prendere ciò che rimaneva della produzione italiana di bus, mettendo in un unico pacchetto Irisbus e Menarinibus per creare un nuovo campione nazionale non sia proprio praticabile.

Un vero paradosso considerato che lo Stato al momento è tanto azionariato quanto, attraverso i Comuni, committente e starebbe insomma creando un mercato ad hoc per Industria Italiana Autobus, una volta tanto agevolato e non ostacolato da Bruxelles, che con i dettami sulla transizione ecologica impone repentini cambi dei mezzi nelle rimesse. Insomma, difficile immaginare una situazione più favorevole per il gruppo nelle mani di Leonardo e Invitalia.

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