Sembrano lontani i tempi in cui il nostro Paese sfornava autobus destinati a percorrere le strade di mezza Europa, e anche di altri continenti. Solo nel 2005, secondo i dati dell’Anfia, in Italia si producevano oltre 3mila bus; l’anno scorso sono stati appena 271 a fronte di oltre 3mila immatricolazioni. Ma si prova a ripartire. Anche in pompa magna, con l’inaugurazione di un nuovo stabilimento costato 20milioni di euro provenienti dal Pnrr che sarà a zero emissioni di CO2 e ricaverà il 100% dell’energia da fonti rinnovabili.
Era presente anche il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso (Fratelli d’Italia), come si evince dai social:
Il ministro @adolfo_urso, con il presidente @RegionePuglia @micheleemiliano, ha partecipato questa mattina all’inaugurazione delle nuove aree di produzione #Iveco presso gli stabilimenti di #Foggia #ivecobus pic.twitter.com/dkqYiPsRNh
— MIMIT (@mimit_gov) April 18, 2023
IVECO BUS ACCELERA MA IIA RESTA AL PALO
Una buona notizia per il comparto, ma stride che i fondi del Piano di ripresa e resilienza vengano utilizzati dando precedenza a un impianto privato che si pone in concorrenza con ciò che resta della produzione di autobus di matrice italiana confluito in Iia, Industria italiana autobus, che come ha ricordato ieri il Sole 24 ore ha ereditato le attività di BredaMenarinibus e Irisbus (qui l’approfondimento più recente di Start Magazine su Iia).
Negli anni passati, nel tentativo di rilanciare la produzione, i governi avevano fatto entrare nel capitale Invitalia (col 43% circa delle azioni), ovvero l’agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, di proprietà del Ministero dell’Economia, Leonardo (col 29% circa), il colosso dell’Aerospazio, Difesa e Sicurezza, mentre il restante appartiene a Karsan (circa il 29%), costruttore turco di veicoli commerciali che opera in più di 20 stati in tutto il mondo.
L’ALLARME INASCOLTATO DEI SINDACATI
«Mentre Iveco apre a Foggia, la IIA frena a Flumeri». È l’allarme lanciato dal Direttivo della Fismic/Confsal raccolto dalla testata locale Nuova Irpinia. Le cifre sono impietose: «Nei primi tre mesi del 2023 sono stati prodotti meno di 30 autobus. Se il trend dovesse continuare così ci vorranno 7 anni per smaltire le commesse in portafoglio», osserva il segretario generale Giuseppe Zaolino che sottolinea come «La montagna di debiti accumulati negli ultimi tre anni sia un fardello che condiziona e condizionerà il rilancio della società». Se a tutto questo, conclude Zaolino, «aggiungiamo la prossima apertura dello stabilimento Iveco di Foggia, pronto a sfornare autobus elettrici in grado di inondare il mercato italiano, la nostra preoccupazione è più che giustificata. C’è la necessità che il Ministero dica con chiarezza quale deve essere il futuro di IIA. Perdere altro tempo aggraverebbe l’attuale situazione economica e rischierebbe di vanificare il possibile rilancio».
Ancora a febbraio la Fiom di Bologna invitava i lavoratori a incrociare le braccia: “Le lavoratrici e i lavoratori di Industria Italiana autobus (ex Bredamenarini) si trovano ancora una volta al lottare per salvaguardare la continuità produttiva e i livelli occupazionali di un’azienda che, solo sul nostro territorio, occupa circa 190 lavoratori”. “Occorrono -la richiesta dei sindacati – quindi interventi urgenti per far ripartire la produzione e dare stabilità industriale a quella che è l’unica azienda nazionale costruttrice di autobus”.
“Diversamente – paventa la Fiom -, si rischia di perdere le commesse già acquisite e di non investire in nuove tecnologie e nuova occupazione in un settore, quello del trasporto pubblico, che per di più è in forte espansione. In questi anni le Organizzazioni sindacali, le Rsu e i Lavoratori hanno denunciato la mancanza di investimenti e una gestione non idonea al rilancio di IIA che ha portato allo stallo produttivo e quindi all’ennesima crisi di liquidità”.
“Le misure adottate dall’azienda – l’accusa dei sindacati – non hanno risolto la crisi e non hanno messo i lavoratori nelle condizioni di svolgere la propria attività, creando di conseguenza un clima di forte tensione in fabbrica.”
“Il Governo e i soci – la richiesta della Fiom – hanno quindi l’obbligo di individuare delle soluzioni definitive alla crisi finanziaria e di aprire un confronto con le Organizzazioni sindacali sugli investimenti per un reale rilancio dell’unico player nazionale a partecipazione pubblica. A tale scopo chiediamo che tutte le Istituzioni locali (Comune di Bologna, Città Metropolitana e Regione) di attivarsi con il Ministero delle imprese e del made in Italy al fine di convocare urgentemente un Tavolo con azienda e organizzazioni sindacali e di rimanere a fianco delle lavoratrici e dei lavoratori di IIA”.
IL NUOVO IMPIANTO PER GLI IVECO ELETTRICI DI IVECO BUS
Mentre Iia annaspa, i soldi del Pnrr hanno permesso ai privati di ripartire. Iveco Bus, marchio di autobus urbani, interurbani e turistici di Iveco Group (società controllata da Exor, la holding finanziaria della famiglia Agnelli e guidata dal ceo John Elkann) , tramite il proprio modello elettrico E-Way, ha ottenuto un numero considerevole di lotti nella gara aggiudicata da Consip. Nel complesso Iveco fornirà alla centrale di acquisti della pubblica amministrazione italiana oltre mille autobus solo nel 2023.
La mobilità elettrica, unita ai fondi europei post pandemia, hanno di fatto elettrizzato un’area da 4mila metri quadri all’interno dello stabilimento Fpt Industrial (che produce motori per veicoli commerciali, macchine agricole e movimento terra) di Foggia. A regime ci lavoreranno un centinaio di addetti, che si sommeranno ai 1.600 già impiegati nell’impianto. Il primo bus elettrico Iveco Bus sarà destinato alla società che gestisce il trasporto pubblico locale in Abruzzo. Non sarà dunque una gigafactory, ma è comunque un buon segno, specie per il territorio. Territorio che non ha dimenticato la commessa persa da 150mila motori per la Sevel in Abruzzo.
SI PARTE A RANGHI RIDOTTI
La capacità produttiva sarà di un migliaio di veicoli all’anno, al momento gli E-Way e i Crossway, tutti con motori a zero emissioni (elettrici a batteria e a idrogeno) e a basse emissioni (metano/biometano, a carburanti traduzionali e biofuel). Si parte, nel frattempo, con 25 operai e una decina fra impiegati e responsabili: dovrebbero arrivare a 40 entro la fine dell’anno.
Da quanto si apprende da fonti locali, i primi operai monteranno le batterie prodotte a Torino sugli E-Way elettrici (costruiti sempre nel capoluogo piemontese) e assembleranno gli interni e la componentistica digitale made in Italy.
“L’attività produttiva, al momento, è di assemblaggio delle personalizzazioni e di finitura di bus e di ricerca e sviluppo che coinvolge anche Torino, ma il confronto avuto con l’azienda nei mesi precedenti non ha escluso il ritorno della produzione di autobus nel nostro Paese”, dichiarano in una nota congiunta Simone Marinelli, coordinatore automotive per la Fiom-Cgil nazionale e Marco Potenza, segretario generale Fiom-Cgil di Foggia.