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Pilota Automatico Guida Autonoma

La guida autonoma manda le case automobilistiche a sbattere?

Chiude Argo IA, startup della guida autonoma sostenuta da Ford e Volkswagen. La prima, del resto, ha concluso il terzo trimestre con una perdita netta di 827 milioni di dollari, VW, che realizza circa il 40% delle vendite e la metà dei profitti in Cina, sta siglando proprio là nuovi accordi per lo sviluppo di software

Nessuno – o quasi – si fida più dell’intelligenza artificiale al volante. Non solo i legislatori, che sul punto preferiscono procedere coi piedi di piombo, ma anche gli azionisti e, di conseguenza, le grandi case dell’automotive, che soltanto 10-15 anni fa avevano dato inizio a quella che sarebbe dovuta essere la prossima grande rivoluzione del settore.

LA GUIDA AUTONOMA SI ALLONTANA?

Il mondo però nel frattempo è cambiato. Anzitutto, la pandemia ha fatto virare i bilanci verso il rosso, poi la guerra, l’aumento delle materie prime, l’inflazione generalizzata… La stessa crisi dei chip sta costringendo i marchi a ridisegnare i ‘cervelli’ delle loro auto in modo da richiedere il numero più basso possibile di semiconduttori. Toyota, per esempio, ha annunciato che per il momento i suoi nuovi modelli diranno addio alle chiavi smart a favore di quelle tradizionali.

I GUAI DI TESLA

E chi crede ancora nella guida autonoma, come Tesla (soltanto la settimana scorsa l’ad Elon Musk ha dichiarato che avrebbe presto rilasciato una versione aggiornata del software “Full Self-Driving” che consentirà ai clienti di recarsi “al lavoro, a casa di amici, al negozio di alimentari senza toccare il volante”) deve ora vedersela perfino con indagini del Dipartimento di Giustizia Usa che potrebbero perfino avere profili penali, almeno secondo Reuters. Il principio che l’IA impari da sé mentre è in strada, del resto, non sta dando buoni frutti. Un report pubblicato dalla National Highway Traffic Safety Administration — l’agenzia federale che fa capo al Dipartimento dei Trasporti e si occupa proprio di capire come aumentare la sicurezza stradale — sostiene che il pilota automatico di Tesla fosse attivo in 273 sinistri avvenuti in 12 mesi, il 70% del totale registrato da tutti i veicoli che stanno sperimentando tecnologie simili. E dato che in tanti, troppi casi ci è scappato il morto, anche i legislatori più permissivi stanno ora iniziando a mettere paletti.

E poi c’è il tema, non secondario, della transizione energetica: Bruxelles e Washington potrebbero imporre alle Case automobilistiche una road map molto più stringente di quanto preventivato 10-15 anni fa, quando il passaggio all’elettrico appariva ancora lontano e, soprattutto, opzionale. Questo per la maggior parte dei marchi significa ridisegnare la filiera, stringere nuovi accordi con fornitori diversi, accaparrarsi persino quanto esce dal sottosuolo trattando direttamente con chi ha in gestione le miniere. In tutto ciò non si considerano i miliardi spesi in R&D per lo sviluppo di nuove batterie, che durino più a lungo, si ricarichino più in fretta e abbiano le medesime prestazioni dei motori endotermici.

Si capisce insomma perché l’entusiasmo per la guida autonoma stia velocemente scemando. Tanto più che i legislatori continuano a rappresentare il collo di bottiglia: se non consentono alle auto di circolare, com’è possibile avviare le sperimentazioni?

LA FINE DI ARGO AI

Ci sono tutti questi motivi dietro all’improvvisa chiusura della startup mezza europea mezza statunitense Argo AI, fondata nel 2016 da Bryan Salesky e Peter Randers nella quale Ford aveva investito 1 miliardo di dollari per rilevarne la maggioranza mentre i tedeschi di Volkswagen oltre 2,6 miliardi, di cui 1 miliardo tra acquisto delle azioni e conferimenti di capitali mentre la restante parte sotto forma di trasferimento della Autonomous Intelligent Driving GmbH di Monaco di Baviera. Una joint venture che aveva elevato il valore della startup a oltre 7 miliardi. “In coordinamento con i nostri azionisti, è stata presa la decisione che Argo AI non continuerà la sua missione come azienda. Molti dei dipendenti avranno l’opportunità di continuare a lavorare sulla tecnologia della guida automatizzata con la Ford o la Volkswagen, mentre per altri il rapporto di lavoro purtroppo finirà”, è lo scarno comunicato cui si affida la notizia della chiusura dei battenti della realtà innovativa. Secondo indiscrezioni, gli oltre 2 mila dipendenti di Argo, oltre a ricevere un pacchetto di bonus e premi una volta perfezionata la liquidazione, potranno scegliere se entrare nell’organico delle due Case oppure ottenere indennità di licenziamento comprensive della copertura dell’assicurazione sanitaria.

D’altro canto, Ford ha chiuso il terzo trimestre con una perdita netta di 827 milioni di dollari e, secondo quanto ha dichiarato il suo amministratore delegato, Jim Farley, le priorità sarebbero cambiate: “Siamo ottimisti su un futuro per gli Adas L4, ma i veicoli redditizi e completamente autonomi su larga scala sono molto lontani e non dovremo necessariamente creare questa tecnologia da soli”, tant’è che l’Ovale blu sembra volersi concentrare su traguardi tecnologici più vicini: “Lo sviluppo e l’entusiasmo dei clienti per i vantaggi degli Adas L2+ e L3 giustificano le aspirazioni e l’impegno a breve termine dell’azienda in queste due aree”.

MEGLIO SCOMMETTERE SULLA CINA?

Volkswagen, invece, irritata per il nulla di fatto occidentale, ha deciso di scommettere nelle software house orientali mettendo alcuni miliardi nella startup Horizon Robotics, come hanno riportato le testate economiche tedesche Handelsblatt e Manager Magazin. La Casa di Wolfsburg, del resto, realizza circa il 40% delle vendite e la metà dei profitti in Cina. La decisione di svolgere attività di ricerca e sviluppo per la tecnologia dei veicoli nel Paese, non sorprende, dato che il distretto asiatico è considerato un mercato più avanzato in materia di innovazione digitale rispetto all’Europa e agli Stati Uniti anche per via degli ingenti investimenti governativi rivolti alle fabbriche che fanno R&D e alle università che incubano startup. L’azienda guidata da Oliver Blume gestisce inoltre numerose joint venture nel Paese asiatico, detenendo una partecipazione del 75% nella sua impresa con JAC, del 50% con SAIC e del 40% con FAW.

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