La Via della seta sbarca in Algeria.
Come riferisce Agenzia Nova, un accordo di cooperazione economica e tecnica è stato firmato lunedì ad Algeri tra il ministero degli Esteri algerino e l’Agenzia cinese per la cooperazione internazionale allo sviluppo, a margine di una visita di una delegazione di alto livello del Comitato centrale del Partito comunista cinese.
FIRMATO UN ACCORDO DI COOPERAZIONE TRA ALGERIA E CINA: PRESTITI IN CAMBIO DI INFRASTRUTTURE E INVESTIMENTI
Secondo l’agenzia di stampa ufficiale algerina “Aps”, la missione dei delegati cinesi offre l’occasione per “promuovere e sviluppare le relazioni tra i due paesi, in particolare nei settori delle infrastrutture, lavori pubblici, trasporti, commercio e investimenti, oltre all’istruzione superiore, alla ricerca scientifica e alle nuove tecnologie”, senza infine dimenticare “il coordinamento e la solidarietà tra i due Paesi nell’ambito della lotta alla pandemia di Covid-19”.
L’intesa può però essere considerata come “un primo passo algerino nella nuova Via della Seta cinese”, ha scritto il quotidiano nazionale “Echorouk”. Con la firma dell’accordo di lunedì il Paese più vasto del continente si candida a diventare uno snodo strategico per l’ingresso delle merci cinesi in Africa. Il tutto, ovviamente, in cambio di ingenti investimenti nelle infrastrutture e prestiti ultra-vantaggiosi concessi dalle banche statali di Pechino.
IL FULCRO DELL’ACCORDO E’ LA COSTRUZIONE DI UN PORTO AD EL HAMDANIA
Il vero fulcro dell’accordo di lunedì è infatti la costruzione del porto in acque profonde di El Hamdania, uno degli scali marittimi più grandi del mondo con un costo stimato di sei miliardi di dollari e un processo di costruzione che dovrebbe durare circa sette anni.
Secondo uno studio pubblicato nel 2018, il porto occuperà un’area di 310 ettari, mentre circa 1.916 ettari saranno destinati alle aree logistiche, ovvero porti asciutti e aree di transito terrestre temporaneo per container, che saranno poi trasportati nei paesi del Sahel africano attraverso l’autostrada trans-sahariana che collega l’Algeria alla città di Lagos, in Nigeria, passando per una serie di paesi africani.
Come ha spiegato ad “Agenzia Nova” il professor Michael Tanchum, senior fellow presso l’Istituto austriaco per la politica europea e di sicurezza (Aies), “Il Marocco ha recentemente superato la Spagna come maggiore capacità di container nel Mediterraneo. Rabat sta sfruttando i suoi porti e la sua rete ferroviaria ad alta velocità in via di sviluppo per creare un corridoio di transito commerciale dall’Africa all’Europa”. Ecco, dunque, che la struttura algerina fungerà da hub commerciale del Mediterraneo in competizione con il porto di Tanger-Med in Marocco.
“Il porto di Hamdania”, prosegue Tanchum, “contribuirà a garantire che l’Algeria non venga emarginata nella corsa per la connettività commerciale euro-africana”, ha aggiunto l’accademico.
CON IL NUOVO PORTO, L’ALGERIA PUNTA A COMPETERE CON IL PORTO DI TANGER-MED, CON LA TUNISIA E LA NIGERIA
Il porto di El Hamdania potrebbe competere anche con la Tunisia, anch’essa interessata a utilizzare i suoi scali marittimi come hub di trasporto chiave per un ipotetico corridoio commerciale Africa-Europa. L’ambizione degli algerini di fare di El Hamdania lo snodo costiero mediterraneo di un corridoio commerciale che si estende inoltre fino a Lagos, in Nigeria, ma qui il fattore in gioco è lo “stato dell’autostrada transafricana”, avverte il professore Tanchum.
Per il presidente algerino Tebboune invece “l’obiettivo strategico di questo porto è quello di togliere dall’isolamento i paesi africani che non hanno porti marittimi”. Come sottolinea l’economista algerino Ibrahim Gandouzi, “il continente africano si prepara ad approvare l’area di libero scambio all’inizio del 2021 e per questo devono essere stabilite condizioni adeguate”. Gandouzi aggiunge che “i paesi dell’Africa occidentale e della costa africana ricevono merci importate attraverso il Camerun: il porto di El Hamdania fornirà un mix tra trasporto marittimo e terrestre di merci, riducendo costi e tempi”.
BYE BYE TRIESTE
Per i cinesi, invece, è andata male invece a Trieste, dove la settimana scorsa – malgrado la solenne firma l’anno scorso degli accordi sulla Via della Seta – Hamburger Hafen und Logistik Ag (Hhla), operatore del porto di Amburgo, è in procinto di diventare primo azionista della Piattaforma logistica del porto, facendo diventare la città adriatica snodo importante per l’integrazione delle reti logistiche e portuali tra porti del Nord e Sud Europa (qui e qui gli approfondimenti di Start Magazine).
L’investimento, si legge in una nota, darà vita alla “creazione di un gruppo leader in Europa, in grado di sviluppare a Trieste un terminal a servizio del sistema mare-ferro dei paesi dell’Europa centro orientale, con l’obiettivo strategico di integrare le reti logistiche e portuali del nord e sud Europa”.
Secondo il presidente dell’Autorità di Sistema portuale del Mare Adriatico Orientale, l’intesa con il gruppo tedesco dimostra che “la più compiuta attuazione della Via della Seta non si esaurisce nella Belt And Road Initiative di impronta cinese. Mancava finora una visione forte da parte europea, capace di integrare e bilanciare punto di vista e interessi provenienti dall’Asia”, sostiene Zeno D’Agostino.
INTANTO A TARANTO
Laddove gli investimenti cinesi hanno attirato parecchia attenzione è nel porto di Taranto, al punto di dover scomodare il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ha affermato che non c’è «nessun allarme cinese: gli investimenti in corso sul porto di Taranto sono un segnale di attrattività nei confronti dei grandi gruppi stranieri».
Il presidente dell’Autorità portuale di Taranto, Sergio Prete, ne è ancora più convinto. «Davanti a noi c’è una grande opportunità, che è quella di portare Taranto al centro di un progetto internazionale su più fronti: commerciale, industriale e turistico. Gli accordi siglati in queste ore ci danno la spinta decisiva per poter dare questa opportunità alla città e ai nostri imprenditori», ha detto ieri al quotidiano Repubblica.
Quanto ai rapporti con la Cina, Prete minimizza: «Mi sento di dire che non esistono, o comunque non c’è nulla che possa rappresentare un pericolo per la sicurezza nazionale, come qualcuno ha detto. Una parte è gestita dai turchi di Ylport», che sono però soci dei cinesi di Cosco.
Un altro punto caldo è che l’accordo appena firmato apre le porte di una zona abbandonata da decenni a un insediamento industriale importantissimo come quello del gruppo Ferretti, leader mondiale, che realizzerà a Taranto gusci per gli yacht.
Il problema è che il pacchetto azionario Ferretti è in mano a un gruppo cinese, Weichai.
«Ma il management”, sottolinea Prete, “è interamente italiano. Ed escludo che l’operazione sia diversa da quella che appare: cioè un importante investimento di sviluppo industriale. Qui parliamo di produzione di scafi. Né di 5G né di altre attività. Non vedo quale possa essere la difficoltà di un investimento come quello di Ferretti. Abbiamo fatto un bando, per il quale nessuno, tranne loro, si è fatto avanti. Ora è in corso la valutazione del progetto di bonifica. Taranto avrà soltanto benefici».