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Governo Terre Rare

Ecco i piani del governo Meloni sulle terre rare

Che cosa ha annunciato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, sulle terre rare

 

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, è convinto che «sull’estrazione di terre rare l’Italia si sta muovendo in anticipo». Il nostro Paese si è mosso in particolare da quando l’Ue non ha imposto l’addio alla produzione di nuovi propulsori endotermici dal 2035 a favore delle auto elettriche. Non ci sono stati investimenti pubblici in tal senso, né dentro né fuori i confini nazionali e le mappe dei giacimenti italiani non sono aggiornate e sono lasciate alla compilazione dei privati. Certo è che la corsa alle terre rare, anche per il governo italiano, è iniziata: del resto, come ammette il titolare del dicastero che fu dello Sviluppo economico a Repubblica, «abbiamo appena capito quanto è stato pericoloso affidarci alle fonti fossili russe, non possiamo fare lo stesso con la Cina sulle terre rare e i minerali preziosi. In questi anni Pechino ha seguito una politica espansionistica con acquisizioni di giacimenti, specie in Africa e concentrando poi la lavorazione in patria».

I PIANI DEL GOVERNO PER LE TERRE RARE

Gli addetti ai lavori nei giorni scorsi hanno osservato con stupore l’enfatico annuncio di Urso, secondo cui la Liguria avrebbe ospitato immensi giacimenti di litio (materiale cardine nello sviluppo di batterie per laptop, smartphone e dunque pure per le auto elettriche), ma anche lo stesso ministro, dialogando col quotidiano diretto da Maurizio Molinari: «Il lavoro che stiamo terminando con il ministro Pichetto è proprio di aggiornare entro i prossimi tre-quattro mesi una mappa che è ferma da oltre 30 anni».

Insomma, non si capisce bene rispetto a chi ci staremmo muovendo in anticipo, se per stessa ammissione del governo nessuno si è interessato alle terre rare nelle ultime tre decadi, tutto questo mentre la Cina faceva shopping di giacimenti ai quattro angoli del globo, specie in Africa, di fronte alle nostre coste al di là quindi del Mediterraneo. Come nel recente convegno del Cnel nel quale aveva toccato l’argomento, Urso comunque ostenta ottimismo: «È stato aperto un tavolo sulle materie prime critiche e dalle prime stime in Italia ci sono 15 dei 34 elementi. Ma il potenziale è ancora più alto».

Non esistono quindi ancora piani ben definiti del governo sulle terre rare per il semplice fatto che non esiste nemmeno una mappa cui fare affidamento, Urso però anticipa che qualunque mossa in tal senso, essendo strategica per il Paese, sarà finanziata dai «fondi del Pnrr, di Repower Ue e dai fondi strutturali che possono essere reindirizzati, ma dobbiamo accelerare sul Fondo sovrano Europeo: può essere la chiave per fare acquisizione di giacimenti fuori dell’Ue in ottica di differenziazione delle forniture, e può finanziare i progetti di riconversione digitale e green per le imprese europee».

DOVE SCAVARE?

Il problema è che una volta tanto il governo italiano potrebbe avere meno difficoltà a trovare i fondi che le terre rare. Dai dati storici si sa che ci sono alcune vecchie miniere in Piemonte (Startmag ne ha parlato qui), che Altamin, multinazionale mineraria australiana che porta avanti pochi progetti mirati – soprattutto ricerche e rilievi –, presente in Italia da tempo, anche attraverso le controllate Strategic Minerals Italia Srl ed Energia Minerals Srl, intende sondare per capirne la portata.

Il Progetto Punta Corna ha radici in un luogo storicamente noto per le estrazioni di cobalto, nichel, rame e argento. I recenti campionamenti di Alta, ha fatto sapere tempo fa il gruppo, hanno restituito saggi di alto grado su una lunghezza di oltre 2 km da vene multiple sub-parallele, con un buon potenziale per la scoperta di ulteriori vene mineralizzate e una significativa estensione in profondità.

Qui la speranza sarebbe trovare soprattutto cobalto  – e non è detto che sia in quantità sufficiente ad avviare il giacimento -, dato che quasi tre quarti della produzione mondiale avviene nella Repubblica democratica del Congo dove Amnesty International e altre associazioni denunciano le condizioni critiche in cui, nelle miniere a conduzione locale (il più è invece in mani cinesi) sono costretti a lavorare i minatori, spesso minori, trattati a stregua di schiavi.

IL NORD OVEST RICCO DI GIACIMENTI?

In Piemonte Altamin si muove su basi storiche: il minerale veniva estratto in queste zone già nel Settecento e usato come pigmento per stoffe e opere d’arte. Difficile però dire sulla base di ciò che le vene che corrono sotto le Alpi siano sufficienti al fabbisogno della rivoluzione industriale che stiamo per abbracciare.

Altamin ha presentato domanda di autorizzazione per il Monte Bianco e il Corchia (Toscana), i due distretti minerari storici più importanti d’Italia, ricchi di rame, cobalto e manganese. Difficile però affermare che questo basti a renderci i primi in Europa, come detto dal ministro.

Sempre Altamin si sta recentemente scontrando con le popolazioni delle valli dell’estremo levante ligure Graveglia, Gromolo, Petronio e Vara, ma non perché è in cerca di litio, ma di rame, piombo, manganese, zinco, argento, oro, cobalto, nickel e minerali associati in diversi siti della zona, tanto da aver spinto la Regione Liguria a sedersi a un tavolo coi sindaci interessati, come ricordammo qui.

L’area interessata dalla ricerca è molto vasta, circa 8 mila ettari, e interseca i territori dei comuni di Sestri Levante, Né, Casarza Ligure e Castiglione Chiavarese: non si scaverà in questa fase, viene sottolineato nel progetto, ma si partirà da una valutazione “storica” delle vecchie miniere, circa una decina, già presenti nell’area, a cui si aggiungeranno campioni di rocce affioranti, acque dei torrenti e sondaggi elettromagnetici capaci di fornire una “ecografia” delle rocce in profondità. Sempre in Liguria, tra i comuni di Urbe e Sassello, nel Parco Nazionale del Beigua, si trova il giacimento di Pianpaludo, il più grande di titanio in Europa, e uno dei più grandi del mondo, che però vista l’area di interesse rischia di restare al di fuori della portata di tale meccaniche, ruspe, escavatori e cariche di tritolo.

DAL LAZIO ALLA CAMPANIA

Vulcan Energy ha ottenuto un permesso di ricerca per esplorare, nel Lazio, un pozzo scoperto da Enel nel 1974 a circa 1.390 metri di profondità. Lavorerà gomito a gomito con Altamin, in una vera e propria gara a chi tra le due arriverà per prima al giacimento, ammesso esista. Sappiamo che nella zona del lago di Bracciano, parecchio in profondità, tra i 1.500 e i 3000 metri, ci sono fluidi geotermici.

Si trovano nella zona vulcanica laziale ma anche in Campania. Furono esplorati negli anni 70-80 perché erano interessanti per la produzione di energia elettrica geotermica. Il progetto non andò in porto, ma in compenso sono “venute a galla” acque salate calde che contengono molto litio, anche 500 mg per litro di soluzione.

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