skip to Main Content

Dieselgate

Che cosa succede tra Commissione Ue ed Europarlamento sulle emissioni auto di Co2

Molti parlamentari della Commissioni Ue Trasporti e Industria chiedono target più alti sulla riduzione delle emissioni di Co2. Ma i costruttori auto si oppongono. Articolo di Giusy Caretto 

Meno 15% rispetto ai livelli del 2021 entro il 2015, meno 30% entro il 2030: a tenere impegnati nelle prossime settimane Commissione Ue ed Europarlamento saranno i limiti sulle emissioni di Co2 per gli anni a venire. In gioco la salute (e il portafoglio) dei cittadini e i cambiamenti climatici con i relativi impegni presi a Parigi, ma anche il futuro delle case automobilistiche preoccupate da un’accelerata Ue verso la mobilità elettrica e da obiettivi troppo ambiziosi da raggiungere nel giro di pochi anni.

E mentre c’è chi sostiene che già i numeri siano target già troppo bassi, c’è chi ha pensato ad un piano per dimostrare che sono irrealistici. Ma andiamo per gradi.

LO SCONTRO SULLE EMISSIONI

Partiamo dei numeri. La proposta della Commissione Ue presentata a novembre 2017 parla dell’obiettivo di una riduzione delle emissioni di Co2 rispetto ai livelli del 2021, del 15% nel 2025 (80,75 g/Km) e del 30% nel 2030 (66,5 g/km).

Molti parlamentari della Commissioni Ue Trasporti ed Industria, invece, sembravano puntare più in alto: -45% nel 2025 e meno 75% nel 2030. Per avere un’idea, si scenderebbe a 52,25 g/km di Co2 e a 23,75, rispetto ai 95 grammi previsti attualmente. Molto probabilmente, passerà il testo della Commissione, ma dovrà essere votato dal Parlamento Europeo in seduta Plenaria. Dopo, come spiega Affari e Finanza, inserto del lunedì di Repubblica, il testo definitivo (che dovrà passare anche dalla Commissione Ambiente) dovrà poi essere dal Consiglio dei ministri dell’Ambiente di tutti i Paesi Ue e dal Parlamento Europeo.

LE CASE AUTO NON CI STANNO

Target dei parlamentari delle Commissioni a parte, alle Case auto non piacciono nemmeno i limiti proposti nel novembre 2017 dalla Commissione Europea: anche questi sarebbero troppo ambiziosi e rischierebbero di danneggiare il settore.

Per l’Acea, l’associazione che riunisce i costruttori automobilistic in Europa, la spinta all’elettrico che ne deriva dall’innalzamento dei limiti delle emissioni è giusta, ma serve un piano per rendere la batteria una scelta di massa e non più di nicchia.

LO SCANDALO DIESELGATE (AL CONTRARIO)

Per dimostrare che gli obiettivi Ue sono troppo ambiziosi, secondo le indiscrezioni del Financial Times, che riprende  un documento del Joint Research Centre, alcuni costruttori di automobili avrebbero falsificato i dati sulle emissioni reali ritoccandoli, però, al rialzo.

Il centro di ricerca della Commissione Ue avrebbe esaminato 114 test dai quali emergerebbe che alcune case automobilistiche stanno configurando i loro test sulle auto in modo che i risultati del nuovo WLTP (il Worldwide light vehicles test procedure, la nuova metodologia di test approvata lo scorso anno) venissero gonfiati.

LA QUESTIONE COSTI (E ACCESSIBILITA’)

In realtà, la soluzione emissioni di Co2 non è facile. Secondo i costruttori auto, le nuove tecnologie per la riduzione delle emissioni e gli investimenti che ne deriveranno, infatti, faranno lievitare i costi di produzioni e i costi finali delle vetture (a cui parte della popolazione dovrà rinunciare).

Di contro, però, la Commissione risponde che i nuovi target porteranno ad una riduzione delle emissioni pari a 170 milioni di tonnellate tra il 2020 e il 2030, con una crescita del Pil di 6,8 miliardi di euro.

Vantaggi economici sono riservati anche al consumatore stesso: secondo la Commissione, grazie al taglio dei costi del carburante, infatti, l’utente, come spiega Affari e Finanza, potrà usufruire al momento dell’acquisto di un’auto nuova di un risparmio di circa 600 euro al 2025 e di 1.500 euro al 2030 (risparmio calcolato du intero ciclo di vita del veicolo).

RISCHIO PER IL SETTORE?

E c’è di più. Quello che maggiormente preoccupa il settore è l’occupazione: una transizione veloce alla mobilità elettrica, infatti, farebbe perdere numerosi posti di lavoro. L’auto elettrica richiede, infatti, competenze diverse da quelle che richiedono i normali motori a combustione.

La Commissione Ue è convimnta che i nuovi target portino fino a 70mila nuovi posti di lavoro, mentre uno studio dell’istituto di ricerca Fraunhofer IAO sostiene che al 2030, una quota del 25% di veicoli elettrici sul nuovo parco auto circolante e una quota del 15% degli ibridi plug-in porterebbe ad una perdita del 10-12% dei posti di lavoro attuali.

Back To Top