Skip to content

BERLINO Musk Faa

Elon Musk ha un problema di assenteismo nella gigafactory Tesla di Berlino o con tutti i suoi dipendenti?

Sono numerosi e noti i conflitti tra i dirigenti Tesla delle fabbriche Usa e gli operai americani. Ma adesso Musk sta scoprendo l'ostilità sindacale in Europa: dipendenti accusati di assenteismo a Berlino e attività bloccate in tutto il Nord Europa

Benvenuto in Europa, Elon. Il magnate sudafricano di Tesla, marchio automobilistico texano che, come si ricordava sempre qua su Start Magazine qualche mese fa, in patria è stato ripetutamente accusato di violare i diritti dei lavoratori americani, tanto da diventare uno dei target prediletti di un sindacato in pieno spolvero come l’UAW, deve ora vedersela con i rappresentanti dei metalmeccanici svedesi e tedeschi. Questi ultimi particolarmente agguerriti, se si considera che in Volkswagen erano riusciti a provocare la defenestrazione del passato amministratore delegato, Herbert Diess.

TUTTI I PROBLEMI DI MUSK A BERLINO

Nel suo dialogo su X con Donald Trump, l’ex presidente Usa si era complimentato con il proprio ospite per essere un eccellente “tagliatore di testa”, in riferimento sia ai tanti licenziamenti posti in essere dall’ex startupper dopo l’acquisizione di Twitter sia in quanto è un datore di lavoro che, per usare le parole di Ansa, “è noto per non tollerare lo sciopero nelle sue aziende”.

Ma le organizzazioni sindacali in Europa hanno abitudini e storie ben diverse e possono mal tollerare questa inedita mentalità americana. Musk lo sta scoprendo a proprie spese da quando ha deciso di avviare la propria gigafactory alle porte di Berlino, già definita in diverse occasioni per molteplici motivi “fornace che brucia miliardi“.

I DIPENDENTI TESLA EUROPEI SI AMMALANO TROPPO?

L’impianto europeo, che aveva dato numerosi grattacapi all’uomo più ricco del pianeta ancora prima di essere edificato per i tempi burocratici tedeschi necessari per l’avvio dei lavori – ritenuti inammissibili da Musk – e che è stato poi rallentato dalle proteste degli ambientalisti, bersaglio persino di un attentato e, sul finire dello scorso anno, ulteriormente frenato dagli scioperi in Nord Europa (che, come si vedrà a breve, non sono affatto finiti, anzi), ora sembra afflitto da una misteriosa epidemia che si concentrerebbe proprio lungo le linee di assemblaggio delle Tesla.

Secondo quanto riportato dal quotidiano economico tedesco Handelsblatt, ad agosto il tasso di malattia tra le tute blu ha raggiunto il 17%, ben oltre la media nazionale del 6,1% nel 2023. E dato che non era la prima volta che accadeva, Tesla aveva già offerto un bonus di 1.000 euro agli stoici che sarebbero andati al lavoro col mal di pancia, il mal di denti, o la goccia al naso, chiudendo l’anno senza raggiungere il 5% di assenze, ma i numeri di agosto dimostrano che l’incentivo non ha avuto l’effetto sperato.

LE VISITE A DOMICILIO DELLA DIRIGENZA

E così Musk è passato alle maniere forti, definendo “folle” quanto avviene alle porte di Berlino e chiedendo fantozzianamente alla direzione dello stabilimento tedesco di fare visite a domicilio per verificare se i lavoratori fossero effettivamente indisposti. André Thierig, che dirige la gigafactory texana su suolo tedesco e il responsabile delle risorse umane, Erik Demmler, hanno dunque indossato cappello, mascherina sanitaria e capotto e iniziato a girare per le case degli ammalati.

SCENE FANTOZZIANE

Un atteggiamento che certo mina il rapporto tra dirigenti e dipendenti ma che, soprattutto, sembra volto a instaurare un clima di terrore in fabbrica, visto che la presenza in casa non solo del medico fiscale ma anche del capo ufficio è un chiaro deterrente a evitare di prendersi troppi giorni di malattia.

Non tutti i dipendenti, comunque, sembrano essersi spaventati più di tanto, dato che le cronache locali parlano di casi in cui i manager sono stati allontanati in malo modo, hanno ricevuto la porta sul naso o si sono dovuti dileguare dietro la minaccia che la tuta blu indisposta avrebbe chiamato le autorità.

LA REPLICA DEI SINDACATI

Dirk Schulze, direttore regionale del potente IG Metall, il sindacato tedesco che rappresenta una parte dei 12.000 lavoratori della fabbrica, ha affermato al Guardian che sarebbero proprio le dure condizioni di lavoro e le lunghe ore di attività ad aver reso necessario un aumento dei congedi per malattia.

“Quando ci sono carenze di personale, i lavoratori malati sono messi sotto pressione e quelli che restano in salute sono sovraccaricati di lavoro aggiuntivo”, la motivazione addotta dal rappresentante dei lavoratori.

NON SOLO BERLINO, MUSK HA PROBLEMI IN TUTTO IL NORD EUROPA

Ma, come si anticipava, in Europa Tesla non è rallentata solo dall’epidemia che aleggia sulla Gigafactory di Berlino, ma anche dalle proteste che hanno fatto saltare l’intera filiera nordeuropea. L’epicentro di tutto questa volta la Svezia, dove è iniziato uno sciopero nell’ottobre 2023 per costringere la casa automobilistica statunitense ad accettare un contratto collettivo di lavoro.

Tesla non produce automobili in Svezia e il Paese è un mercato relativamente piccolo per la casa automobilistica, ma l’azione sindacale di decine di meccanici ha comunque creato problemi alle officine e alle consegne via mare. Questo grazie a una legge nazionale che consente a lavoratori di altre aziende di scioperare “in solidarietà” con i colleghi. Da dicembre, Tesla ha dovuto trasportare le sue auto su gomma, sfruttando il più possibili bisarche (probabilmente anche molto inquinanti). Dodici mesi dopo, un nuovo sindacato è intervenuto per sostenere le rivendicazioni del personale in agitazione.

UN NUOVO AVVERSARIO

A partire dal prossimo 10 ottobre, infatti, i membri del sindacato Vision hanno annunciato che non effettueranno più interventi di assistenza, riparazione o manutenzione alle stazioni di ricarica di Tesla. Analoghe agitazioni in solidarietà coi lavoratori interessati hanno bloccato le attività portuali in Danimarca, Finlandia e Norvegia arrivando persino a congelare la raccolta dei rifiuti nei siti del marchio dell’auto elettrica.

In tutta risposta Tesla aveva anche citato in giudizio lo “Stato svedese attraverso l’Agenzia dei trasporti svedese” quando i membri del sindacato locale si sono rifiutati di consegnare nuove targhe all’azienda, bloccando così le immatricolazioni e dunque le vendite delle auto elettriche.

MUSK RIMPIANGE LE CINESERIE?

Una gestione padronale sicuramente inedita per le socialdemocrazie di quelle latitudini che ben spiega come mai, finora, la punta di diamante della Casa americana sia stato lo stabilimento di Shanghai in cui, peraltro, Elon Musk aveva rinchiuso i propri operai (fornendo, bontà sua, a ognuno di loro “un sacco a pelo e un materasso dove dormire”) nel delicato frangente del Covid-19 per evitare interruzioni e contagi alla catena di montaggio e non perdere nemmeno un giorno per via della quarantena.

Torna su