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Tesla

Cosa sappiamo sull’attentato alla gigafactory di Tesla a Berlino

Gli impianti della gigafactory di Tesla a Gründheide, alle porte di Berlino, sono fermi per via di un attentato del gruppo estremista Vulkan. Tutti i dettagli.

Da questa mattina gli impianti della gigafactory di Tesla a Gründheide, alle porte di Berlino, sono fermi. La produzione è sospesa per un’interruzione di corrente dovuta a un traliccio elettrico in fiamme a Goßen-Neu Zittau, nella regione del Brandeburgo dove ha sede anche la gigafactory. Si è trattato di un attentato.

ATTENTATO RIVENDICATO DA GRUPPO VULKAN, SIGLA DI ESTREMA SINISTRA

A rivendicarlo in tarda mattinata il Gruppo Vulkan, classificato dalle autorità di sicurezza come estremista di sinistra. “Oggi abbiamo sabotato Tesla”, si legge in una lettera del gruppo riportata dai media tedeschi. Le prime investigazioni della polizia si erano già indirizzate verso l’ipotesi di un attentato. Ora le indagini penali sono affidate al Dipartimento di sicurezza dello Stato.

Gli operai del turno mattutino sono stati rispediti a casa dall’azienda e gli addetti alla sicurezza hanno provveduto ad evacuare l’impianto. L’azienda ha poi assicurato che sono state prese tutte le misure per mettere in sicurezza gli impianti di produzione. I vigili del fuoco sono stati chiamati intorno alle 5.15 e hanno iniziato a spegnere l’incendio.

Dopo aver consultato il fornitore di energia elettrica Edis, Tesla non prevede un rapido riavvio della produzione: ci vorrà “un po’ di tempo” prima che il danno possa essere riparato e la fabbrica possa essere nuovamente rifornita di elettricità, ha detto una portavoce dell’azienda.

PRODUZIONE SOSPESA, CI VORRÀ TEMPO PER LA RIPRESA

Tempi lunghi confermati anche da parte del fornitore di elettricità. “La riparazione dell’area danneggiata sul traliccio dell’alta tensione è attualmente in fase di preparazione”, ha dichiarato Danilo Fox, portavoce di Edis al quotidiano berlinese Tagesspiegel. Il sito danneggiato con il traliccio dell’alta tensione di E.DIS è stato messo in sicurezza. Ad essere interessata dai disagi non è solo la gigafactory. L’energia elettrica è stata interrotta anche nelle cittadine di Erkner e Grünheide e in alcune zone del sud-est di Berlino. Coinvolto anche un centro di smistamento prodotti della catena dei grandi supermercati Edeka, da cui vengono rifornite le filiali della capitale.

A rivelare per primo l’ipotesi di un attentato era stato il quotidiano regionale Märkische Allgemeine, che rivelando fonti vicine agli inquirenti aveva scritto che “l’incendio sarebbe stato appiccato intenzionalmente” e che la polizia aveva formulato l’accusa di incendio doloso. Nel frattempo, secondo il giornale, era stato inviato il servizio di smaltimento degli ordigni esplosivi.

IL GRUPPO VULKAN GIÀ NOTO PER AZIONI CONTRO TESLA

Il Gruppo Vulkan non è una sigla sconosciuta nella scena dell’estrema sinistra dell’area metropolitana della capitale. Era già sospettato di aver appiccato un incendio doloso alla rete elettrica nel cantiere della Tesla nel 2021. All’epoca, con un intervento sul sito di sinistra radicale Indymedia.org, tale gruppo accusò Tesla (che produce auto elettriche) di non essere “né verde, né ecologica, né sociale”. L’Ufficio per la protezione della Costituzione del Brandeburgo annotava nel suo rapporto del 2021 che “negli ultimi anni gli estremisti di sinistra, come il Gruppo Vulkan, hanno compiuto più volte attacchi incendiari”.

Tutto fa pensare a un’escalation della protesta contro i piani di ampliamento della gigafactory. Tesla punta a raddoppiare la produzione a Grünheide, passando da 500.000 auto all’anno a un milione e per farlo ha presentato alle autorità locali un progetto di espansione.

LE PROTESTE PER I PIANI DI AMPLIAMENTO

Dalla scorsa settimana, gli ambientalisti protestano per il momento in maniera pacifica contro tale progetto. Circa 80-100 attivisti occupano una parte della foresta nazionale che Tesla vuole disboscare per costruire una stazione merci e capannoni logistici e di stoccaggio che si troverebbero in parte in un’area di protezione delle acque. Hanno costruito diverse piattaforme tra gli alberi per erigervi case di legno da utilizzare come rifugio per i contestatori. Per il momento la protesta è stata tollerata dalle autorità, memori anche degli scontri che opposero lo scorso anno poliziotti e manifestanti nel corso di una analoga (ma più estesa) protesta ecologista in Nord Reno-Vestfalia per la miniera di carbone di Lützerath.

LA REAZIONE DELLE AUTORITÀ

Il ministro degli Interni regionale del Land Brandeburgo, Michael Stübgen (Cdu), in una dichiarazione precedente alla rivendicazione del Gruppo Vulkan, era stato prudente nel puntare il dito sui responsabili, ma molto duro riguardo alle conseguenze dell’attentato. “Se i risultati iniziali saranno confermati, si tratta di un attacco perfido alla nostra infrastruttura elettrica. Questo avrà delle conseguenze. Migliaia di persone sono state tagliate fuori dalle loro forniture di base e messe in pericolo”, aveva detto Stübgen, “lo Stato di diritto reagirà a questo atto di sabotaggio con la massima severità”.

IL REFERENDUM CITTADINO

L’ampliamento della gigafactory è controverso non solo tra i gruppi ambientalisti, moderati o radicali che siano, ma anche tra gli abitanti dei piccoli centri circostanti e delle aree rurali. Due settimane fa la maggioranza dei residenti di Grünheide si era detta contraria all’ampliamento della fabbrica di auto elettriche attraverso un referendum pubblico promosso dalle autorità locali. Circa 3.500 residenti avevano votato contro i piani di Tesla mentre poco meno di 1.900 avevano votato per l’ampliamento. L’affluenza alle urne era stata superiore al 70%.

TIMORI INDUSTRIALI PER UNA FUGA DI TESLA

Il voto referendario non è vincolante, anche se alcuni esponenti dell’amministrazione cittadina di  Grünheide hanno fatto sapere che ne terranno conto al momento della votazione sull’approvazione del progetto. Intanto gli occupanti ecologisti hanno fatto sapere che non lasceranno il campo di protesta e che al contrario hanno intenzione di proseguire a lungo l’occupazione dell’area perché temono che i consiglieri comunali ignoreranno la volontà dei cittadini espressa nel voto referendario. Il piano di Tesla richiederebbe l’abbattimento di oltre 100 ettari di foresta e parte del sito si trova in un’area di protezione delle acque.

Preoccupazioni per le reazioni di Tesla arrivano invece dalle associazioni industriali del Brandeburgo e dai ministri economici. L’azienda ha portato 12 mila posti di lavoro in una regione assetata di investimenti ed è disposta a crearne ancora di più, aveva detto qualche giorno fa il presidente dell’associazione industriale del Land, senza contare i contributi allo sviluppo infrastrutturale dell’area, dalla rete stradale a quella ferroviaria sino alle opere nei centri interessati dall’insediamento.

Da qualche tempo la stampa tedesca ha dato risalto ai corteggiamenti italiani nei confronti di Elon Musk e avanzano il pericolo che, sfiduciata da un ambiente sempre più ostile ai propri piani industriali, Tesla  possa levare le tende dal Brandeburgo ed emigrate altrove. Magari proprio in Italia.

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