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Ecco gli ultimi intoppi per Porsche

Il primo trimestre del 2025 conferma che Porsche ha difficoltà a rimettersi in moto: vendite crollate del 42 per cento in Cina e tracollo del 40,6 per cento per l'utile operativo. Inchiodano i lavori nell'ex startup acquisita nel 2021 Cellforce Group e ci si prepara alla bordata che arriverà dai dazi di Trump. Numeri, dati e previsioni sempre più fosche

La situazione è critica da parecchio: Porsche Se Holding, che detiene le partecipazioni nei gruppi automobilistici Volkswagen e in Porsche Ag, ha riportato nel 2024 una perdita netta di 20 miliardi di euro a causa dell’impatto delle svalutazioni, pari a 19,9 miliardi per quanto riguarda l’investimento nella casa di Wolfsburg e di -3,4 miliardi per Porsche Ag. Entrambe le aziende tedesche nel corso del 2024 hanno dovuto fare i conti con la costante e progressiva perdita di terreno in Cina. Nel 2023 la casa madre aveva registrato un utile di 5,1 miliardi.

IL 2024 DI PORSCHE IN NUMERI

Il numero totale di auto vendute nei 12 mesi dello scorso anno si è assestato a 310.718 contro le 320.221 unità del 2023: vendite record in Europa, Germania, Nord America, mercati oltremare ed emergenti, ma molto deludenti in Cina dove sono state consegnate ai clienti 56.887 Porsche con un crollo del 28 per cento rispetto all’anno precedente. Sembrava difficile fare peggio, almeno fino alla pubblicazione dei risultati relativi al primo trimestre.

IL 2025 TUTTO IN SALITA

Con risultati simili nello specchietto retrovisore e una guerra commerciale pronta a esplodere davanti al cofano erano nell’aria ritocchi alle previsioni per l’anno corrente, con la forbice del fatturato ristretta tra i 37 e i 38 miliardi di euro rispetto alla stima che la voleva tra i 39 e i 40 miliardi. Si è ristretto pure il margine sulle vendite con stime prudenziali che lo vogliono ricompreso tra il 6,5% e l’8,5%, in forte calo rispetto al 10-12% stimato in precedenza.

IN CINA IL PEGGIOR RISULTATO DAL 2013

Allo stesso modo si intuiva che non sarebbe bastato voltare pagina nel calendario per vedere le vendite di Porsche ripartire magicamente: nel primo trimestre si sono fermate a quota 8,86 miliardi di euro, riuscendo a far peggio (l’1,7% in meno) rispetto all’annus horribilis che Stoccarda sperava di aver archiviato.

L’epicentro è ancora una volta la Cina, con vendite crollate del 42 per cento nel primo trimestre. La frenata è espressa soprattutto dai numeri accanto alla voce utile operativo: 0,76 miliardi, ovvero un tracrollo del 40,6 per cento, mentre il margine è sceso dal 14,2 all’8,6%.

E poi c’è il capitolo dazi, che Stoccarda che non ha impianti di produzione negli Usa (aveva aumentato le unità spedite verso gli States, ma si tratta di una mossa di cortissimo respiro) pare freudianamente non voler affrontare allo stato attuale, avendo ammesso che le nuove previsioni si limitano a mettere i conto la conferma di balzelli al 25 per cento e non ulteriori inasprimenti, che Donald Trump invece ci ha ormai insegnato a dover attendere.

I CAMBI DI PILOTA

Nel corso del 2024 la situazione emergenziale era stata plasticamente rappresentata dagli improvvisi cambi ai vertici della società guidata dal ceo Oliver Blume, anche al timone del Gruppo Volkswagen, con Lutz Meschke, vice presidente del consiglio di gestione e responsabile Finanza e IT e Detlev von Platen, capo di Vendite e Marketing, che hanno visto i loro contratti risolversi anticipatamente.

STOCCARDA CORRE AI RIPARI

Così come Volkswagen anche Porsche è nel pieno di una riorganizzazione destinata a intervenire sul portafoglio prodotti, sulle attività di software e delle batterie al fine di recuperare la profittabilità nel breve e nel medio termine. Una medicina amara che, avvisa il Cfo Jochen Breckner “avrà un impatto negativo sui risultati del 2025”. Amara soprattutto per le 1.900 posizioni lavorative destinate a saltare entro il 2029 e le 2mila posizioni con contratti a tempo determinato che non verranno ulteriormente rinnovate per risparmiare. Già nel corso del 2024 la casa automobilistica sportiva aveva dovuto ridurre le spese di circa 1,5 miliardi di euro, ben oltre le previsioni iniziali.

E mentre Volkswagen riduce l’operatività di Cariad, la divisione interna che sviluppa tecnologia i cui ritardi a detta di molti osservatori sarebbero alla base delle difficoltà del Gruppo nell’elettrificazione della line up, a iniziare dall’ormai abortito Progetto Trinity, parallelamente Porsche tira il freno a mano sulla startup acquisita nemmeno quattro anni fa, Cellforce Group, per produrre “in casa” (nel vero senso della parola, a Stoccarda) le batterie elettriche necessarie alla transizione per le nuove motorizzazioni.

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