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Ricarica

Fit for 55, cosa succederà alle auto dopo il voto dell’Europarlamento

Il Parlamento europeo approva il divieto di vendita di nuove auto a benzina e diesel dopo il 2035. La legge, però, non è ancora effettiva. Tutti i dettagli.

 

Mercoledì il Parlamento europeo ha votato a favore della proposta della Commissione di vietare le vendite di nuove automobili a benzina e a gasolio dopo il 2035: da quella data in poi le uniche vetture immatricolabili dovranno essere a zero emissioni di CO2, e pertanto non potranno essere alimentate con combustibili fossili.

Alcuni parlamentari – principalmente del Partito popolare europeo, di centro-destra – volevano abbassare la quota di riduzione delle emissioni dal 100 al 90 per cento, ma sono stati respinti.

OBIETTIVI E DATI

Il divieto di vendita di nuovi veicoli a benzina o a gasolio ha lo scopo sia di incoraggiare il passaggio alla mobilità elettrica, sia di garantire il soddisfacimento del target di azzeramento netto delle emissioni entro il 2050. Entro il 2030, invece, l’Unione europea dovrà aver tagliato le proprie emissioni di gas serra del 55 per cento rispetto ai livelli del 1990, come stabilito dal piano “Fit for 55”.

L’intero settore dei trasporti è responsabile di un quarto delle emissioni di gas serra dell’Unione europea; dal 2017 al 2019, peraltro, i volumi emissivi sono aumentati.

L’ITER LEGISLATIVO NON È CONCLUSO

La legge approvata ieri dal Parlamento europeo, comunque, non è definitiva: il voto è servito a confermare la posizione dell’organismo in vista delle negoziazioni con i governi dei ventisette paesi membri dell’Unione.

COSA PENSA L’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA

L’industria automobilistica sta puntando molto sulla mobilità elettrica. Alcuni produttori come Ford (statunitense) e Volvo (svedese) hanno espresso pubblicamente il loro sostegno al piano di Bruxelles sul divieto di vendita di auto con motore a combustione interna; altri, come la tedesca Volkswagen, hanno comunque intenzione di terminare la vendita di mezzi a benzina e gasolio entro il 2035.

Alcune email viste da Reuters, tuttavia, raccontano come alcune associazioni industriali del settore automobilistico – ad esempio la tedesca VDA – abbiano fatto pressioni sui parlamentari europei per indurli a rifiutare la proposta della Commissione: sostengono che l’obiettivo di zero emissioni al 2035 favorisca le tecnologie elettriche rispetto ai carburanti a basse emissioni come i synthetic fuels, e che sia troppo presto per puntare sull’elettrificazione della mobilità visto il dispiegamento ancora insufficiente delle infrastrutture di ricarica.

A luglio dell’anno scorso, al momento della presentazione del piano della Commissione per le auto a zero emissioni, l’ANFIA (l’associazione della filiera dell’industria automobilistica italiana) aveva espresso “sconcerto e preoccupazione”. “Pur consapevoli dell’importante ruolo che l’industria automotive può giocare nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione del Green Deal europeo”, scrisse in un comunicato, “riteniamo che lo sforzo richiesto dall’attuale proposta non tenga in debito conto degli impatti industriali, economici e sociali di scelte così ambiziose e categoriche”.

QUANTO CONTANO LE AUTO ELETTRICHE NELL’UE

Nel 2021 le auto elettriche e ibride plug-in hanno rappresentato il 18 per cento delle nuove vetture immatricolate nell’Unione europea, stando all’European Automobile Manufacturers’ Association. Le vendite complessive di automobili sono state fiacche per via delle difficoltà produttive legate alle difficoltà di approvvigionamento di semiconduttori.

L’ANALISI DEL SOLE 24 ORE

Sul Sole 24 Ore Adriana Cerretelli ha commentato così il voto di mercoledì al Parlamento europeo: “Ieri a Strasburgo il corto circuito tra queste opposte paure ha rinviato a settembre il destino della riforma del mercato del carbonio, cioè delle licenze di inquinare (Ets), a sospendere il voto su carbon-tax alle frontiere e Fondo sociale per il clima. È passata invece la linea Von der Leyen sul divieto di vendita di auto con motore a scoppio entro il 2035”.

“Pur cogliendo l’enorme potenziale di competitività che sta nella svolta verde”, ha aggiunto, “l’industria preme per il pragmatismo. Anche Commissione Ue e Stati membri, Germania in testa, sembra si stiano orientando verso una maggiore gradualità. Senza gli idrocarburi di Putin e aspettando le energie verdi, i costi della diversificazione di fonti, infrastrutture e reti intra-europee da costruire, l’inevitabile ricorso a fossili o nucleare per chi ce l’ha in caso di interruzione delle forniture russe, diventa una strada senza alternative”.

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