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Ucas Gcap

Difesa, quale sarà il ruolo dei velivoli da combattimento senza equipaggio (Ucas) nel Gcap

Essenziale legare lo sviluppo di Ucas a programmi come il Gcap. Chi c'era e cosa si è detto al seminario "Velivoli da combattimento senza pilota, intelligenza artificiale e futuro della difesa" organizzato dallo Iai

Da Cina e Usa fino ai Paesi europei, è corsa tra le principali potenze militari allo sviluppo di velivoli da combattimento senza pilota, o uncrewed combat air systems (Ucas).

Per l’Italia e l’Europa le sfide, ma anche le opportunità, a livello industriale, tecnologico e operativo sono molteplici. Senza dimenticare il ruolo dell’Intelligenza artificiale per massimizzare l’impiego di questi asset.

“D’altronde abbiamo un esempio dell’evoluzione dell’impiego dei velivoli senza pilota integrati con l’intelligenza artificiale nel Tempest (Gcap), un velivolo pilotato, tecnologicamente avanzatissimo che sfrutterà anche l’Ia per gestire una combinazione di droni che, altrimenti, il solo pilota, farebbe fatica ad impiegare” ha evidenziato l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, Capo di Stato maggiore della Difesa  nel corso webinar “Velivoli da combattimento senza pilota, intelligenza artificiale e futuro della difesa” organizzato dall’Istituto Affari Internazionali. Il seminario è stata anche l’occasione per presentare lo studio “Above and beyond: State of the art of uncrewed combat air systems and future” curato da Alessandro Marrone e Elio Calcagno dello Iai.

Tutti i dettagli.

COSA SONO GLI UCAS

Come spiegato da Elio Calcagno, i sistemi aerei da combattimento senza pilota non sono una novità assoluta. “i droni Uas uncrewedaerial systems (Uas) sono figli delle operazioni in Medio Oriente post 11 settembre”.

Alcuni programmi sono partiti addirittura vent’anni fa, come ad esempio il programma multinazionale nEUROn – che ha visto un’importante partecipazione italiana (con Leonardo), ma che puntava a un dimostratore tecnologico.

Oggi gran parte dei programmi per lo sviluppo di Ucas si concentra su sistemi da affiancare a piattaforme pilotate (come fatto negli Usa e in Russia). Questi sono meglio conosciuti come loyalwingmen, o adjuncts.

Inoltre, gli Ucas hanno proprietà particolari che li distinguono nel complesso dagli Uav: la bassa osservabilità; la capacità di raggiungere velocità anche molto elevate, la capacità di trasportare armamenti sofisticati. Quando si parla di questi strumenti è opportuno farlo in un’ottica di sistema di sistemi, dove gli Ucas saranno soltanto uno dei ‘nodi’ di una più ampia rete di assetti dove agiranno in modo collaborativo e complementare.  L’Ia offre diverse opportunità per quel che riguarda il processare velocemente informazioni da fornire ai piloti e operatori o abbattendo i tempi di reazione in caso di minaccia.

EVITARE LA DICOTOMIA TRA DRONE SENZA EQUIPAGGIO E VELIVOLO PILOTATO

Ma questi velivoli non si sostituiranno ai piloti in futuro.

“La dicotomia tra drone senza equipaggio e velivolo pilotato va evitata”, sottolinea il prof Alessandro Marrone precisando che “Gli Ucas su cui puntano le principali aeronautiche al mondo, sia quelle alleate sia quelle avversarie, non sono un rimpiazzo, sono un moltiplicatore di forza dei velivoli di quarta, quinta e sesta generazione”.

INTEGRAZIONE DEGLI UCAS CON F-35 E GCAP

Nel contesto italiano in cui l’innovazione italiana si sviluppa meglio quando è legata, almeno in prospettiva, a programmi di procurement, illustra ancora Marrone, “legare lo sviluppo di Ucas a programmi come il Gcap è un modo per connettere meglio rispetto al passato i requisiti della forza armata italiana e le potenzialità della base industriale tecnologica nazionale”. Il Global Combat Air Program (Gcap) è il programma di Regno Unito, Italia e Giappone per lo sviluppo di un aereo da combattimento di sesta generazione entro il 2035.

“Questo pone immediatamente il tema della cooperazione con il Regno Unitom con cui l’Italia ha una storia lunghissima di programmi congiunti, ma anche con il Giappone. Con quest’ultimo il sistema paese italiano deve prendere le misure” ha evidenziato Marrone.

“Se gli Ucas italiani del futuro saranno sviluppati nel Gcap, dovranno al tempo stesso operare con gli F-35, che resteranno in servizio per altri decenni. Ciò richiede un certo grado di apertura e condivisione da parte degli Stati Uniti dell’architettura degli F-35, ciò è in parte avvenuto — non senza difficoltà — con l’integrazione di armamenti non americani negli F-35 in servizio nelle aeronautiche dei paesi europei, compresa l’Italia. Ora bisogna avviare un dialogo tempestivo e costruttivo tra i paesi partner del gcap e gli Stati Uniti  per arrivare a una soluzione win win sugli ucas dei paesi alleati, integrabili quindi all’F-35” ha osservato il Prof Marrone.

IL GCAP VA AVANTI “REGOLARMENTE” BENE E LE SFIDE LEGATE AGLI UCAS

E a proposito del programma trilaterale Gcap, “il programma sta andando regolarmente bene” ha reso noto il generale Luca Goretti, Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica militare, puntualizzando che “è normale che ogni tanto ci sia qualche scaramuccia, ma alla fine il percorso è ben indicato”.

In particolare, il numero uno dell’Aeronautica italiana ha affermato che “Il requisito operativo che l’Italia ha presentato è stato preso a esempio come requisito operativo del Gcap dagli stessi inglesi”.

“Il problema principale — prosegue il generale Goretti — è che dobbiamo correre perché la tecnologia non fa sconti, se prima un sistema d’arma richiedeva 20 anni dalla progettazione all’ingresso in linea operativa, adesso 12/13 anni. I giapponesi richiedono di avere il velivolo in linea operativa nel 2035, è oggi, ma noi stiamo sviluppando un sistema dei sistemi ancora sulla carta”.

IL RUOLO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE (IA)

C’è poi il discorso dell’intelligenza artificiale che apre un’altra questione: fino a che punto questa AI è intelligente? “L’algoritmo della AI si basa su dati oggettivi, non ha quello che noi chiamiamo fantasia di chi sta per aria, ecco perché il ruolo dell’uomo sarà ancora cruciale” ha sottolineato il capo di Sma.

“Le sfide che stiamo affrontando oggi sono racchiuse nel quesito: qual è il livello di autonomia che possiamo accettare? Quali saranno i carichi di lavoro di ogni singolo pilota o equipaggio che dovranno gestire questi sistemi?” ha concluso il generale Goretti.

SVILUPPO IN OTTICA MULTI DOMINIO

Inoltre, “Il disegno del futuro impiego di questi mezzi” senza equipaggio deve avvenire “in prospettiva multi dominio” ha evidenziato il generale Nicola Lanza De Cristoferis, vicecomandante del Covi.

“In questo senso purtroppo ancora siamo molto indietro, anche se c’è un investimento importante da parte della Difesa nel Joint Operation Center (JOC) del Covi” ha precisato il vicecomandante del Covi. Si tratta del rinnovamento della capacità operativa di Comando e Controllo, finalizzato ad assicurare l’interoperabilità dei Comandi delle Componenti dello Strumento militare con gli standard Nato/europei/multinazionali.

“La Difesa ha preso coscienza di questa necessità e lo sforzo reale oggi è attivare le singole forze armate nello studio delle proprie capacità in ottica multi-dominio”, ha puntualizzato il generale Lanza.

IL PUNTO DELL’INDUSTRIA

Infine, lo stato dell’arte dell’industria italiana sui velivoli da combattimento senza equipaggio.

“È chiara l’importanza strategica di questo settore nell’industria aeronautica” ha confermato Carlo Gualdaroni, Chief Commercial & Business Devolopment Officer di Leonardo, ammettendo al tempo stesso che l’azienda “si è mossa in maniera scomposta in questo settore negli ultimi anni”.

Tuttavia, “Con la nuova direzione di Leonardo, abbiamo fatto uno sforzo per meglio focalizzare i nostri interessi” ha precisato Gualdaroni. A questo proposito l’azienda ha realizzato “due poli: uno sotto la divisione velivoli e l’altro sotto quella Elicotteri”. Quest’ultimi dovranno “coprire a tutto tondo quelle che sono le necessità delle forze armate italiane e speriamo anche internazionali in questo settore”.

CHE NE È DEL FALCO DI LEONARDO

“Da decenni lavoriamo con discutibili risultati in questo settore” ha evidenziato Gualdaroni.

“Abbiamo realizzato prodotti come la soluzione Falco più o meno utilizzata con operazioni di sorveglianza marittima, anche nel programma Frontex”. “Da questa competenza abbiamo sviluppato delle versioni armate, come il Falco Astore ma queste soluzioni non sono quelle che soddisfano completamente le esigenze delle nostre forze armate” ha ammesso ancora l’ingegnere di Leonardo.

La motivazione risiede nel fatto, secondo Gualdaroni, che questi sistemi derivano “da piattaforme che avevano uno scopo diverso, come quello di sorveglianza”. Pertanto, “non hanno le prestazioni aeromeccaniche e fanno troppo affidamento sul controllo da remoto”.

NECESSARIO RISPONDERE ALLE PROSSIME SFIDE

Ecco perché per il manager di Leonardo “è necessario fare quel salto di qualità che con la nuova focalizzazione del settore avviata da Leonardo vogliamo acquisire. Per rispondere meglio alle esigenze di oggi e di domani, dobbiamo migliorare le prestazioni aeromeccaniche e aerodinamiche, ma anche lavorare sulla bassa osservabilità. Così come aumentare la capacità di trasporto dei mezzi di armamento così come la resilienza per resistere alle sfide cibernetiche”.

Per ultimo, “è fondamentale far interagire questi sistemi unmanned [come gli Ucas appunto] con i sistemi pilotati. È la vera sfida del futuro ed è quanto sta emergendo nel programma Gcap dove alla piattaforma di sesta generazione sono collegati e connessi gli sciami di droni” ha concluso Gualdaroni.

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