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Volkswagen

Crisi Volkswagen, perché Blume non potrà fare a meno di tagliare in Germania

Il Ceo di Volkswagen, Oliver Blume, motiva i tagli: la baldanza dei competitor cinesi e la bolla dell'auto elettrica non sarebbero la vera causa della crisi; la colpa, piuttosto, sarebbe imputabile ai costi troppo alti sostenuti in Germania. A iniziare dagli stipendi degli operai, ma un quotidiano tedesco riporta altri numeri.

Nemo propheta in patria. Potrebbe valere anche per l’Ad di Volkswagen Oliver Blume, così ferale nei giudizi sullo stato di salute del Gruppo da essere in lizza per diventare l’uomo più odiato in Germania, persino più del suo predecessore Herbert Diess, defenestrato appena osò ammettere che la transizione ecologica avrebbe probabilmente comportato migliaia di licenziamenti (ora se la starà ghignando).

LO SPETTRO DI HERBERT DIESS NON AGITA OLIVER BLUME

Oliver Blume naturalmente non ha alcuna intenzione di fare la fine di chi lo ha preceduto, impallinato dal potente sindacato dei metalmeccanici – e in particolare dalla carismatica Daniela Cavallo, che siede nel Consiglio di fabbrica come rappresentante dei lavoratori. E sono mesi che avverte che momenti eccezionali richiedono interventi eccezionali.

“POCA TORTA, TROPPI COMMENSALI”

Per questo ripete come un mantra che i suoi non sono capricci: “La situazione del marchio Vw è così grave che non si può lasciare che tutto continui come prima”, aveva detto qualche settimana fa senza troppi giri di parole l’Ad Blume alla Bild. “La torta – aveva motivato – è diventata più piccola e abbiamo più ospiti a tavola”.

VOLKSWAGEN IN PATRIA COSTA TROPPO

Adesso sempre alla Bild ha spiegato che il solo modo per raggiungere l’obiettivo di un margine operativo pari al 6,5% nel 2026, traguardo che Volkswagen non può permettersi di mancare, è ottimizzare l’intera struttura, specie in patria. E ottimizzare significa sostanzialmente tagliare.

Perché il problema sarà anche legato alla transizione ecologica affrettata, alle imposizioni di Bruxelles e alla concorrenza del Dragone, ma per Oliver Blume la vera zavorra è dovuta alla struttura aziendale: il resto sarebbe solo ciò che ha fatto emergere quanto finora non si sarebbe voluto vedere, sostiene il top manager.

“La debole domanda del mercato europeo e profitti significativamente inferiori dalla Cina mettono in luce decenni di problemi strutturali in Volkswagen”, ha infatti spiegato l’amministratore delegato. Per Blume i costi degli stabilimenti e delle sedi in Germania doppiano la media negli altri Paesi europei nei quali opera Volkswagen. Ovvero: Spagna, Portogallo, Slovacchia e Polonia. Perciò anzitutto bisogna liberarsi di tale zavorra, se si vuole realmente riprendere quota.

GLI OPERAI DI VW GUADAGNANO DAVVERO COSì BENE?

Il quotidiano tedesco Welt ha cercato di capire quanto guadagnino effettivamente i lavoratori del gruppo: un operaio specializzato tipico, inquadrabile contrattualmente all’ottavo livello, percepirebbe secondo la ricostruzione giornalistica un salario lordo annuo di circa 56.023 euro, con indennità e bonus annuali contro lo stipendio mediano lordo della categoria che in Germania è di 55.750 euro.

Per questo la testata ha concluso che i salari non sono diversi da quelli dei lavoratori del settore nel Paese. Volkswagen pagherebbe di più le figure specializzate: a Wolfsburg lo stipendio base degli ingegneri è di 69.200 euro contro i 67.700 della media di chi opera col medesimo titolo nell’industria metallurgica.

QUAL È LA VERA STRATEGIA DI OLIVER BLUME?

Questo vuol dire che Oliver Blume ha torto? Che non è vero che Volkswagen strapaga i propri dipendenti? No. Significa che in valori relativi gli stipendi di Vw sono in linea, specie per gli operai, con quelli medi in Germania.

Ma l’amministratore di Volkwagen non a caso ha parlato dei vari Paesi europei in cui Wolfsburg assembla autovetture. Non sorprende insomma che il costo del lavoro sia assai inferiore in Spagna, Portogallo, Slovacchia e Polonia. Viene però da chiedersi se la sua ricetta della crisi sia allora adeguare i salari tedeschi a quelli di un operaio polacco.

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