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Audi Bruxelles

Volkswagen pronta a chiudere l’hub hi-tech Audi per l’auto elettrica di Bruxelles?

Volkswagen ha comunicato al consiglio di fabbrica dell'hub Audi a Bruxelles la decisione di non assegnare nessun modello per i prossimi anni. E i combattivi sindacati tedeschi, che promettono battaglia se la dirigenza dovesse chiudere anche Dresda e Osnabrück, lasciano di fatto sguarnita la difesa dello stabilimento belga

Con i suoi 563.321 metri quadrati è il più piccolo degli stabilimenti Audi: impiega infatti tra i 2.500 e i 3mila dipendenti e se non fosse stato recentemente messo a nuovo per dedicarsi alle auto elettriche del marchio, difficilmente avrebbe fatto notizia.

L’HUB DI AUDI BRUXELLES IN NUMERI

Fondato nel 1949, passato nel 1970 sotto il gruppo Volkswagen, ha prodotto finora oltre 8 milioni di vetture e adesso si stava apprestando a vivere una seconda giovinezza puntando sulla nuova mobilità. Le sue linee hanno sfornato poco più di 200 mila auto elettriche. Che rischiano pure di essere le sole uscite da Audi Bruxelles.

Negli anni scorsi Volkswagen, convinta sostenitrice dell’auto elettrica – forse per lasciarsi alle spalle l’onta del dieselgate – aveva pubblicizzato in modo serrato il maquillage dell’impianto, rimesso a nuovo così da affrontare le sfide industriali connesse alla transizioni ecologica. La Casa di Wolfsburg, proprietaria del marchio Audi, aveva organizzato visite guidate per frotte di giornalisti, reclamizzando i nuovi modi di intendere le fabbriche: piccole, a misura d’uomo, iperconnesse.

ULTIMA TAPPA DI UNA FILIERA MOLTO (TROPPO?) LUNGA

Poi, se si guarda più attentamente, si scopre che l’alta tecnologia con gli spazi ristretti c’entra ben poco: lo stabilimento Audi di Bruxelles è così piccolo in quanto l’hub è solo la tappa finale di una filiera assai lunga e poco green, considerato che le carrozzerie arrivano da Ingolstadt e i moduli delle batterie da Györ in Ungheria mentre il resto da altri fornitori.

LA DATA DA SEGNARE IN ROSSO

Si intuisce insomma perché Volkswagen abbia deciso di partire proprio dall’hub Audi di Bruxelles per i tagli che si sono resi improvvisamente necessari a fronte del crollo della domanda di auto elettriche. Non è infatti uno stabilimento vitale per la produzione e l’assemblaggio potrà avvenire su linee di fabbriche più grandi.

La data da cerchiare in rosso sul calendario è il 17 settembre, quando si terrà la prossima riunione del consiglio di fabbrica: i sindacati mirano almeno a far passare la proposta di un cambio di destinazione d’uso, che inizialmente pareva nei piani anche della dirigenza dato che si parlava di mantenere qualche centinaio di lavoratori in loco. Molto dipenderà anche da eventuali incentivi che il Belgio potrebbe mettere sul piatto o dal palesarsi di possibili acquirenti (magari cinesi) anche se le ridotte dimensioni dell’hub Audi di Bruxelles non lo rendono idoneo per le necessità di chi non ha già una filiera continentale.

LE ALTRE FABBRICHE A RISCHIO

Quel che è certo, è che la spending review di Volkswagen ha iniziato a ricomprendere altri hub oltre quello Audi di Bruxelles: nel mirino dei contabili di Wolfsburg le fabbriche di Dresda e Osnabrück. Chiara insomma l’intenzione del Gruppo di concentrarsi sulle linee produttive minori che non consentono di essere realmente competitivi sul mercato globale.

I due impianti tedeschi, però, a differenza dell’hub Audi di Bruxelles, sono presidiati dai sindacati, guidati col pugno di ferro da Daniela Cavallo, la presidente del consiglio di fabbrica diventata famosa per essere stata l’artefice della defenestrazione dell’ex Ad Herbert Diess quando iniziò a ventilare che la mobilità elettrica avrebbe inevitabilmente comportato tagli al personale.

L’ALTOLA’ DI DANIELA CAVALLO

“Con me, non ci sarà alcuna chiusura in questo Paese – ha avvertito Cavallo. La chiusura delle fabbriche o il licenziamento dei dipendenti per ragioni operative sono consentiti solo in uno scenario: quando l’intero modello di business è morto. Ma non è così. Volkswagen non soffre per le sue sedi tedesche o per i costi del personale tedesco, ma per il fatto che il consiglio di amministrazione non sta facendo il suo dovere”.

LA REPLICA DI VW: SERVONO 500MILA VENDITE

L’azienda da parte sua ha replicato attraverso il direttore finanziario Arno Antlitz che “mancano le vendite di circa 500.000 automobili, pari all’incirca ai volumi di due stabilimenti. E questo non ha nulla a che fare con i nostri prodotti o con le scarse performance commerciali. Il mercato, semplicemente, non esiste più”, aggiungendo però un elemento che lascia intravedere qualche spiraglio: “Abbiamo ancora un anno, forse due anni, per cambiare la situazione, ma dobbiamo sfruttare questo tempo”. Insomma, mentre Dresda e Osnabrück possono ancora salvarsi, lo stabilimento Audi a Bruxelles quasi certamente pare destinato alla chiusura.

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