Le case automobilistiche più convinte ed entusiaste della transizione ecologica continuano a fornire numeri e specifiche di batterie in via di sviluppo sempre più performanti. Ma la realtà resta una: per caricare un’auto elettrica occorre ancora troppo tempo. Specie rispetto a quanto si impiega normalmente per un pieno di benzina.
Normale perciò chiedersi se un mondo sempre più frenetico, in cui ci si attacca al clacson appena scatta il verde, in cui alcuni sconsiderati si fiondano tra le porte in chiusura della metro per non attendere la prossima o attraversano lontani dalle strisce per risparmiare qualche metro, possa davvero sintonizzarsi coi ritmi compassati necessari per ricaricare una batteria.
Anche perché, inutile dirlo, le infrastrutture ancora latitano, specie in Europa, soprattutto qua in Italia e le poche colonnine elettriche vengono spesso utilizzate come zona di sosta in cui abbandonare magari un’auto in sharing. Non sorprende perciò se i cinesi, veri e propri campioni della modalità elettrica, continuino a percorrere strade alternative rispetto per esempio a Tesla, studiando il cosiddetto battery swapping.
COS’È IL BATTERY SWAPPING
L’alternativa al tempo speso attendendo che la batteria si ricarichi è una sola: cambiarla con una appena caricata. Avete presenti i veloci cambi gomme ai box che talvolta rendono adrenaliniche le corse di Formula 1? Non è proprio la stessa cosa, ma rende l’idea.
La tecnica del battery swapping (“sostituzione della batteria” per i non anglofoni) prevede di recarsi in apposite stazioni di rifornimento per un cambio al volo della batteria esaurita con una carica. È la soluzione a tutti i problemi di ricarica? Dipende. Di battery swap, o swapping, se ne parla dagli inizi del ‘900, prima che i motori endotermici prendessero piede. Pare che, oltre un secolo fa, la prima a ideare un sistema simile sia stata General Motors, con stazioni di posta riconvertite ad hoc.
LE CASE CHE CI HANNO PROVATO
In tempi più recenti, forse qualcuno ricorderà che l’alleanza tra i francesi di Renault e i giapponesi di Nissan (che ha appena subito un importante maquillage contenutistico) passò anche da quel tema, attraverso investimenti in una startup, Better Place.
Se ne occupò pure un’altra ex startup poi diventata colosso incontrastato della mobilità: Tesla di Elon Musk, ma lasciò perdere preferendo tentare la strada delle ricariche superveloci con tecnologie proprietarie.
AI CINESI PIACE IL BATTERY SWAPPING
Per trovare Case che ancora credono nella tecnica dello Swapping occorre andare in Cina. Nio, per esempio, alcune settimane fa ha fatto sapere di aver effettuato oltre 30 milioni di sostituzioni di batteria da quando il servizio, nel maggio del 2018, è stato reso disponibile nel Paese asiatico arrivando a contare 1.937 stazioni di scambio batterie chiamate Power Swap Station destinate a salire a 2300 entro la fine di quest’anno.
Sembrano molte, in realtà in una nazione immensa come la Cina risultano ancora poca cosa, ma la “fase beta” sta procedendo bene per l’ex startup dell’auto elettrica, che a giugno 2022 aveva già effettuato 10 milioni di sostituzioni di batterie, numeri poi raddoppiati nell’aprile del 2023 per poi arrivare, dopo circa cinque mesi, a 30 milioni di pit stop.
COME FUNZIONA IL BATTERY SWAPPING
Le stazioni di Nio, attraverso una procedura automatizzata, permettono di procedere una batteria in 5 minuti. Quelle di ultima generazione inaugurate in Cina contengono 21 accumulatori contro i 13 nella generazione precedente in modo da poter effettuare 408 sostituzioni al giorno, contro le 312 della generazione precedente.
LA PARTNERSHIP TRA NIO E GEELY
L’attivismo di Nio nel battery swapping e la sostanziale immobilità nel progresso nella realizzazione di batterie realmente veloci ha spinto Geely, holding cinese proprietaria anche di numerosi marchi automobilistici europei come Volvo, Polestar o Lotus, ad avviare una partnership strategica con la scale-up connazionale. Non è una notizia di poco conto o destinata a riguardare l’Asia dal momento che Geely potrebbe approntare una strategia simile per i marchi occidentali nel proprio portafoglio e, dunque, iniziare a installare stazioni ad hoc anche nel Vecchio continente.