Caro direttore,
come tu ben sai io non so nulla di trasporto aereo, se non per l’utilizzo che mi capita di farne molto di rado come mezzo di trasporto. E ancora meno ne so di procedure antitrust dell’Unione europea, una materia per me completamente ostica e in verità anche piuttosto noiosa. Però sai anche che sono molto curioso, che amo la logica e non mi piace che mi si raccontino cose palesemente incoerenti e pertanto in sospetto di falsità.
Fatte queste premesse prima di addentrarmi in una selva per me oscura devo confessarti che ieri pomeriggio, mentre sorseggiavo il mio solito tè in un nota caffetteria di Piazza di Pietra, ho ascoltato per caso la conversazione dei miei vicini di tavolo, credo parlamentari di Montecitorio o del Senato. Stavano parlando animatamente del colpo di scena nella trattativa tra Ita Airways e il ministero dell’Economia da un lato e Lufthansa dall’altro, delle possibili cause e dei probabili effetti.
Non ne sapevo nulla, avevo anzi letto al mattino sui giornali cartacei, una mia vecchia abitudine a cui non intendo rinunciare, che era tutto a posto, che era stato raggiunto un accordo coi vettori che avrebbero dovuto subentrare a Ita in una serie di slot a Fiumicino e Malpensa per garantire concorrenza su talune rotte europee e di lungo raggio, come richiesto dalla Direzione concorrenza della Commissione europea. Entro la mezzanotte gli accordi firmati sarebbero stati trasmessi a Bruxelles, rispettando la scadenza indicata nella decisione dello scorso luglio della Commissione. In pratica solo una formalità.
E invece no, tutto saltato all’ultimo minuto. E perché? Per saperne di più apro allora la tua testata. Scrive Startmag: “Nella notte tra il 4 e il 5 novembre è stato bloccato l’accordo sulla vendita di Ita Airways a Lufthansa. Stando a quanto riportato dal Corriere della Sera e dall’Agi, i rappresentanti del ministero dell’Economia italiano (che possiede il 100 per cento di Ita, precedentemente nota come Alitalia) e della compagnia aerea tedesca avrebbero iniziato a discutere sul prezzo dell’operazione”. E infatti il titolo del pezzo è: “Ita Airways: perché Giorgetti (Mef) ha fermato l’accordo con la furbetta Lufthansa”.
Il prezzo dell’operazione? La furbetta Lufthansa? Ma che c’entra il prezzo dell’operazione con la cessione di slot verso altri vettori aerei che avviene per favorire il mantenimento della concorrenza? Perché il prezzo, per quel poco che ne posso capire, riguarda l’accordo di Ita e Mef con Lufthansa mentre la cessione di slot, sempre se ho compreso bene, riguarda un accordo tra queste tre parti, che stanno dallo stesso lato del tavolo, verso compagnie terze che si chiamano EasyJet, AirFrance-Klm e British-IAG. Ma se le tre parti ieri stavano dallo stesso lato del tavolo, come hanno fatto a litigare? Questa è la domanda che mi sono posto mentre mi si accendeva nella mente un campanello d’allarme.
Ma non trovando alcuna risposta sensata ho abbandonato la caffetteria e mi sono inoltrato meditabondo nell’affollata via del Corso, ostacolato dalla consueta selva di turisti provenienti in direzione ostinata e contraria. Il caso ha voluto che io avessi appuntamento a cena in un noto ristorante di via della Fontanella con un amico di vecchia data che di mestiere si occupa proprio di antitrust e sa tutto di quello che avviene a Bruxelles e delle note rigidità della commissaria uscente alla concorrenza, Vestager. Dunque ho girato a lui le mie domande senza risposta. Trascrivo alla lettera quello che mi ha detto:
“Guarda non so nulla del caso specifico ma mi sembra palese che si sia trattato, anche se stiamo parlando di aerei, di due treni che sono stati inoltrati nottetempo sullo stesso binario sino a scontrarsi e deragliare entrambi”.
“Ma per errore?”, ho chiesto io.
“No, queste cose non accadono mai per errore. Osserva bene: se il primo treno, quello degli slot ceduti, fosse arrivato in tempo a Bruxelles avrebbe liberato il binario per permettere al secondo treno, quello dell’accordo di cessione, di arrivare alla sua meta, quello che viene chiamato closing. Invece mandando il primo treno addosso al secondo hanno deragliato entrambi e nessuno appare in grado di arrivare alla meta prevista”.
“Ma chi è stato a farlo? Lufthansa?”, ho chiesto io.
“Evidentemente no. Anche se Lufthansa avesse avuto ragione di chiedere un adeguamento al ribasso del prezzo questo era proprio il momento peggiore per farlo perché mettendo sul binario della trattativa il masso del ‘prezzo’ era evidente che avrebbe rischiato di far deragliare il treno per Bruxelles, quello degli slot, e a catena anche il treno per Fiumicino, quello del closing che a lei sta tanto a cuore. Dunque non può essere stata Lufthansa perché sarebbe stato autolesionismo puro”.
Questa lucida analisi, che ti mando perché non penso di trovarne di simile sui giornali oggi, mi ha fatto venire in mente tutti i precedenti deragliamenti aeronautici non casuali dell’Italia: il treno di MSC-Aponte nel 2022, quello del fondo Usa Cerberus nel 2018, quello di Air France nel 2008 e infine quello di Klm nel 2001. Ci vorrebbe un esorcista, come disse nel 2008 l’amministratore delegato di Air France Jean-Cyril Spinetta. Ma è evidente che in più di un ventennio un esorcista non sia ancora stato trovato.
Cordiali saluti,
Francis Walsingham