Il tempo stringe, in cassa ci sono poco meno di 360 milioni ed è urgente un piano industriale che garantisca la continuità della compagnia. Questo il messaggio che arriva dal tavolo convocato dal neo ministro allo Sviluppo economico, Stefano Patuanelli (M5s), per fare il punto sull’operazione. E mentre si guarda alla prossima scadenza del 15 ottobre, con la speranza che la vicenda Atlantia non abbia un impatto sul dossier, cresce tra i sindacati la preoccupazione per gli esuberi. Ecco dettagli, numeri e incognite.
CHE COSA SI MUOVE PER ALITALIA
La volontà di tutto il Governo è di accompagnare non una procedura di salvataggio ma di rilancio dell’Alitalia, che è un simbolo dell’industria italiana come la Ferrari, sottolinea Patuanelli aprendo il tavolo che vede i sindacati tornare dopo poco più due mesi e mezzo a via Veneto per capire il futuro della compagnia: l’ultima volta, il 3 luglio, a presiedere il tavolo c’era Di Maio, erano state concesse 4 proroghe e in cassa c’erano circa 430 milioni; oggi il ministro è Patuanelli (sempre M5s), siamo alla sesta proroga.
LA CASSA VERA DI ALITALIA
Insomma, Alitalia continua a volare in perdita e a bruciare cassa. Uno dei commissari, Stefano Paleari, ha detto che la liquidità «a fine agosto è superiore a 360 milioni, oltre i depositi». A giugno la cassa era a 436 milioni. Dunque è diminuita di oltre 60 milioni nel picco della stagione” “La cassa effettiva è inferiore di alcune centinaia di milioni, perché dentro la liquidità ci sono anche i soldi degli anticipi per i biglietti prevenduti”, chiosa oggi Gianni Dragoni del Sole 24 Ore.
I NUMERI DI ALITALIA
L’operatività continua, i risultati sono buoni (“agosto è stato molto positivo, speriamo anche i mesi futuri, le prenotazioni sono buone”), e gli investimenti dovrebbero salire a 220 milioni (dai 180 milioni dello scorso anno). Ma “la cosa urgente”, avverte il commissario Stefano Paleari, “è stabilire quanto prima un piano industriale che consenta di dare alla compagnia una continuità di lungo termine. Questa è la cosa più importante”.
IL CASO ATLANTIA
Ora la palla è tutta nelle mani del consorzio composto da Fs, Delta, Atlantia e Mef, che ha davanti ancora diversi nodi da sciogliere dalla joint venture transatlantica alla governance, all’ultima definizione delle quote azionarie. E mentre da più parti si allontana il timore che le dimissioni di Castellucci da Atlantia possano incidere sul dossier (“Non mi fa paura questa uscita”, dice il viceministro del Mise Stefano Buffagni), il ceo della compagnia americana Ed Bastian, con un no comment su Atlantia, conferma l’interesse ad “avere il 10%” della nuova Alitalia.
IL NODO ESUBERI
Cresce intanto la preoccupazione sul fronte degli esuberi, con i sindacati che tornano a chiedere che nel piano non ce ne siano. Ma le parole arrivate dal titolare del Mise non contengono questa garanzia: “Il ministro – rileva il segretario della Uil Carmelo Barbagallo – ha detto che fino a quando non avrà certezza sul piano industriale non è abituato a dire cose che poi magari potrebbero non verificarsi”. E lo stesso Mise, in una nota a fine serata, spiega che c’è l’impegno a dare, appunto, “adeguata tutela” ai lavoratori e anche a prorogare fino a marzo 2020 gli ammortizzatori sociali già in corso.
I 3 PUNTI APERTI SU ALITALIA
Tre i punti davvero ancora aperti nel dossier Alitalia, sintetizza il Sole 24 Ore: “1. L’impegno richiesto a Delta ad aumentare la quota e a partecipare alle future ricapitalizzazioni; 2. Le rotte transatlantiche con un maggior spazio di crescita per Alitalia anche rispetto agli accordi commerciali di Delta con Air France-Klm e Virgin; 3. La scelta dell’a.d. della Nuova Alitalia”.