L’Alzheimer, la forma più comune di demenza in età avanzata, è molto difficile da identificare nelle fasi iniziali. Non esiste infatti un test specifico per determinare se una persona è affetta dalla malattia e spesso si arriva alla diagnosi per esclusione, dopo un attento esame delle condizioni fisiche e mentali e non per mezzo di prove tangibili specifiche della malattia.
Ma secondo uno studio pubblicato su Frontiers in Aging Neuroscience la svolta per individuare precocemente l’Alzheimer potrebbe essere un semplice test delle urine, meno invadente e più economico delle attuali opzioni.
GLI STRUMENTI PER INDIVIDUARE L’ALZHEIMER
Sebbene non esista una cura per l’Alzheimer, riconoscere la malattia il prima possibile è fondamentale sia per dare alla persona coinvolta la possibilità di programmare gli anni a venire che per intraprendere terapie (come il donepezil o la galantamina) in grado di ridurre la gravità dei sintomi e rallentare la progressione.
Tuttavia, fino a circa 20 anni fa l’autopsia era l’unico modo per confermare se un individuo fosse affetto da Alzheimer o da un’altra forma di demenza.
Oggi, secondo il National Institute on Aging, i medici possono verificare la presenza di biomarcatori associati alla malattia eseguendo rachicentesi, ovvero una puntura lombare che estrae il liquido cefalorachidiano.
In particolare, i medici cercano biomarcatori come il peptide betamiloide, responsabile delle placche che si accumulano nel cervello.
UN BIOMARCATORE URINARIO
Ma gli autori dello studio, i ricercatori della Shanghai Jiao Tong University e del WuXi Diagnostics Innovation Research Institute in Cina hanno scelto di indagare il ruolo dell’acido formico come biomarcatore urinario della malattia di Alzheimer in quanto hanno notato che il metabolismo anormale della formaldeide è una caratteristica chiave del deterioramento cognitivo legato all’età.
LO STUDIO
Per lo studio sono stati reclutati 574 partecipanti presso la Memory Clinic del Sixth People’s Hospital di Shanghai. Le persone, che variavano dalla cognizione sana alla malattia di Alzheimer, sono state suddivise in cinque gruppi: 71 partecipanti con cognizione sana; 101 con declino cognitivo soggettivo; 131 con deterioramento cognitivo senza decadimento cognitivo lieve; 158 con decadimento cognitivo lieve e 113 con malattia di Alzheimer.
I ricercatori hanno raccolto campioni di urina dai partecipanti per analizzare i livelli di acido formico e hanno prelevato anche campioni di sangue per l’analisi del DNA.
I RISULTATI
Dopo aver confrontato i livelli di acido formico tra i gruppi, i ricercatori hanno scoperto che c’era una differenza tra i partecipanti con una buona capacità cognitiva e quelli con almeno un certo grado di compromissione.
In generale i gruppi con un certo livello di declino cognitivo presentavano tutti livelli di acido formico urinario più elevati rispetto al gruppo con cognizione sana e i pazienti con Alzheimer avevano livelli significativamente più elevati.
Nonostante sia necessario continuare a indagare il legame tra Alzheimer e acido formico, questo, scrivono gli autori, “significa che l’acido formico urinario può essere utilizzato per la diagnosi precoce [della malattia di Alzheimer]”.