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Tunisia

Perché sono ballerini i numerini sbandierati da Conte in Parlamento

Che cosa ha detto e che cosa non ha detto Conte in Parlamento. L'analisi dell'editorialista Gianfranco Polillo

 

Nell’anestetico ed un po’ caramelloso discorso del Presidente del consiglio, Giuseppe Conte, i numeri l’hanno fatta da padrone. Trasparenti le finalità. Dimostrare la razionalità dell’azione governativa, alle prese con un contesto epidemiologico fin troppo drammatico. E quindi sottolineare, in qualche, modo l’irresponsabilità di chi aveva opposto al Governo il “gran rifiuto”. La negazione di quel “tavolo di confronto” che Conte, senza farsi scoraggiare, aveva riproposto. “Se vi fossero però ripensamenti, posso confermare fin da ora che la proposta del Governo permane immutata”. Tanto più ch’essa “non sottende una confusione di ruoli” né “una sovrapposizione di responsabilità”, che resta esclusiva del Governo.  Miracoli delle dialettiche acrobazie.

Ma torniamo ai numeri. Quel dato oggettivo che condiziona tutti gli attori della vicenda politica italiana: maggioranza ed opposizione. Il primo confronto, per fortuna a vantaggio dell’Italia, è con il resto dell’Europa. Nelle due ultime settimane, ricorda il premier, nella maggior parte dei Paesi del continente l’incremento dei casi è stato “superiore a 150 contagi per ogni 100.000 abitanti”. In quale intervallo: un giorno, una settimana, un mese? Conte non lo dice. Presumibilmente dovrebbe trattarsi di un dato giornaliero. Ma non è questa l’unica défaillance che rischia di alterare il quadro più complessivo. Meglio allora non rischiare e rimanere nel generico: in Italia i contagi – aggiunge sempre il Presidente del consiglio – sono “meno della metà di quelli rilevati in Francia, circa la metà di quelli spagnoli e poco meno della metà di quelli del Regno Unito”.

Una precisione solo più apparente è quella che si ha nei successivi passaggi. “Dal 19 al 25 ottobre, risulta che il numero dei nuovi casi è quasi raddoppiato rispetto alla settimana precedente (100.46 casi rispetto a 52.960). Ieri, domenica 1° novembre, in Italia si registravano 378.129 contagiati”. Dato impressionante se paragonato al picco della prima ondata. Il 19 aprile 2020 si registrò, infatti, un numero di contagi pari a 108.257 casi, secondo il database della Protezione civile. Il massimo prima della progressiva discesa.  Sennonché questo dato non è stato indicato nel discorso del Presidente del consiglio, per cui tutte le sue successive considerazioni appaiono zoppicanti.

“Il 94% dei contagiati (357.288) – continua Conte nel suo discorso – risulta in isolamento domiciliare. Mentre al picco della prima ondata si curava in casa solo il 51,8% di contagiati, oggi solo il 5% (18.962 persone) è ricoverato con sintomi in ospedale, contro il 41,5% al picco della prima ondata, mentre solo lo 0,5% (1.939 persone) risulta ricoverato in terapia intensiva contro il 6,7%”. A riflettere su queste cifre sembrerebbe, pertanto, che la situazione odierna sia infinitamente migliore dell’incubo della scorsa primavera. Fosse così, non si comprenderebbero le maggiori preoccupazioni. Ma è proprio così?

Sfortunatamente i successivi passaggi non offrono lumi sufficienti. Si dice, infatti che i posti occupati nelle terapie intensive sono pari a 1.939, come detto prima. In percentuale il 21% dei “posti letto già disponibili, nel totale dei 9052 posti, e il 18% di quelli che si otterranno anche con l’ulteriore distribuzione da parte del commissario Arcuri di nuove attrezzature per un totale di 10.841.”. Sennonché nel corso della prima ondata il numero massimo delle terapie intensive – sempre secondo il database della Protezione civile – fu raggiunto il 3 aprile con un numero di ricoverati pari a 4.068. Ne deriva che se allora, come dice Conte, “gli ospedali italiani disponevano di 5179 posti letto in terapia intensiva”, il tasso di occupazione risultava pari al 78,5 per cento. Differenze, tra le due fasi, che parlano da sole.

Cifra che risulterebbe ancora più alta se utilizzassimo i dati appena forniti: il 6,7% di una platea, che non è dato conoscere, se non ricorrendo a quel database, già indicato. Ma, in questo caso, il numero delle terapie intensive risulterebbe ben al di sopra (7.250) dei posti disponibili. Cosa che ci potrebbe anche stare considerato la rotazione eventualmente intervenuta: visto che quei posti letto sono occupati solo temporaneamente. Ma, a maggior ragione, in questo caso il confronto sarebbe più tranquillizzante.

Comunque, al di là di ogni elucubrazione, le incongruenze dei numeri risultano evidenti. Come risulta confermato da questa chicca ulteriore. “Ricordo, infatti” – sostiene Giuseppe Conte – che all’inizio dell’emergenza gli ospedali italiani disponevano di 5179 posti letto in terapia intensiva. Durante questi mesi, abbiamo distribuito 3370 nuovi posti e nuovi ventilatori. I posti letto attivati o attivabili ad oggi sono quindi 9052, più 75%”. Manco per niente. Sulla base di questi numeri i posti totali sono pari a 8549. Come minimo, salvo vi sia qualcosa di più clamoroso, un banale errore di somma, che viene tuttavia ripetuto: “Il commissario Arcuri ha altresì a disposizione ancora 1789 ventilatori che verranno distribuiti nei prossimi giorni in funzione dell’andamento che porteranno i posti letto in terapia intensiva a 10.841. Il che sarebbe giusto se si partisse da una base di 9052 posti letto. Ma se il dato di partenza fosse quello della somma appena corretta, allora i posti letto a disposizione si ridurrebbero a 10.338. Comunque un buon numero rispetto alla prima ondata. Se non fosse che il numero degli attuali contagiati è oggi tre volte tanto.

Questo è l’aspetto più preoccupante. Finora il virus è apparso essere più pervasivo, ma meno letale: stando almeno ai dati forniti dal Presidente del consiglio e dallo staff di tecnici che lo circonda. Al tempo stesso una buona ed una cattiva notizia, i cui sviluppi sono tuttavia imprevedibili. Non spetta naturalmente a noi avventurarci in un campo che non ci compete. Un suggerimento tuttavia ci sentiamo di darlo. Se volete avere una comunicazione efficace, indispensabile per indurre a comportamenti più corretti, allora non trascurate di fare bene i conti. I numeri sono più forti e testardi di qualsiasi esortazione. La presenza di un contabile tra tanti illustri luminari può fare la differenza.

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