La peste suina africana (Psa), in circolazione in Italia dai primi mesi del 2022, ora preoccupa davvero gli allevatori, che chiedono al governo di intervenire subito per salvare un comparto da 11 miliardi e da cui dipendono 70mila persone.
Ecco i numeri e le misure annunciate dal governo per fronteggiare l’emergenza.
I DATI DEL BOLLETTINO EPIDEMIOLOGICO
Secondo l’ultimo bollettino epidemiologico diffuso dal ministero della Salute e aggiornato a oggi il numero di comuni coinvolti nell’epidemia è arrivato a 588.
Le Regioni interessate sono sei: Piemonte, Liguria, Lazio, Calabria, Sardegna e Lombardia. I numeri più alti si segnalano in provincia di Alessandria, dove si contano 490 cinghiali positivi alla peste suina, 270 in provincia di Genova e 153 in provincia di Savona. In provincia di Reggio Calabria, invece, sono 413 i suini infetti e 189 in provincia di Pavia. Per un totale di 1.031 cinghiali e 609 suini.
Proprio nel pavese, dove il numero dei contagi è così alto, il titolare di un allevamento di suini di Zinasco, e un veterinario dell’azienda sono indagati dalla Procura di Pavia con l’ipotesi di reato di non aver segnalato i primi casi di morti sospette di animali che si sono verificate all’inizio di agosto, provocando così un focolaio di peste suina.
I NUMERI DEL COMPARTO
Come denunciato da Cia-Agricoltori Italiani, prendere di petto la situazione è urgente perché, sebbene la peste suina non rappresenti un rischio per la salute dell’uomo in quanto non è trasmissibile all’essere umano, è una malattia molto grave che provoca la morte di suini domestici e cinghiali selvatici, con pesanti conseguenze economiche e sociali su tutto il settore a livello nazione e internazionale.
Quello suinicolo è infatti un comparto molto importante anche per l’export e, come ha spiegato Antonio Sorice, presidente della Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva (SIMeVeP), “l’export dei prodotti agroalimentari italiani è uno dei punti di forza della nostra economia: basti pensare ai prosciutti di Parma, San Daniele, ma anche altri prodotti derivanti da carne suina richiesti in tutto il mondo”.
Tuttavia, “per essere esportati nei Paesi dove la peste suina africana non esiste, è richiesto che i prodotti debbano partire dal territorio italiano indenni da malattie, nel momento in cui la patologia si diffonde negli allevamenti, altri Paesi del mondo impongono il divieto di importazione di prodotti dal nostro Paese con un danno economico enorme”.
“Mettere subito in campo tutti gli strumenti a disposizione per far fronte alla peste suina e salvare un comparto da 11 miliardi di fatturato. Bisogna procedere immediatamente con abbattimenti organizzati e sistematici sul territorio per ridurre la pressione dei cinghiali, come previsto dal Piano straordinario, e mettere in sicurezza le aziende suinicole, soprattutto nelle zone vocate più a rischio, garantendo risorse e sostegni al comparto”. Queste le richieste avanzate da Cia-Agricoltori Italiani alla riunione urgente sulla situazione Peste suina africana, tenutasi al ministero della Difesa, con i ministri Guido Crosetto e Francesco Lollobrigida, i sottosegretari Patrizio La Pietra e Marcello Gemmato e il commissario straordinario per la peste suina Vincenzo Caputo.
“La situazione, ormai, è diventata critica ed occorre agire in maniera concreta per salvaguardare tutta la suinicoltura Made in Italy, da cui dipendono 70 mila addetti”, gli fa eco Gabriele Carenini, responsabile nazionale Cia per la fauna selvatica. “Per questo è molto importante la disponibilità annunciata dal ministro della Difesa a impiegare personale qualificato per il contenimento del numero degli ungulati, come avevamo richiesto da tempo”.
COSA CHIEDONO GLI ALLEVATORI
Carenini si è detto soddisfatto per la prossima costituzione di una cabina di regia permanente con tutte le rappresentanze agricole e i ministeri dell’Agricoltura, dell’Ambiente, della Salute e della Difesa, per supportare l’azione in campo del commissario Caputo, che l’ha definita “un’azione che deve essere tempestiva e risolutiva”.
Alessandro Beduschi, assessore regionale all’agricoltura della Lombardia, ha invece ribadito la necessità di “aumentate le catture di cinghiali che diffondono il virus”, con l’aiuto dell’esecutivo per “potenziare queste attività, utilizzando l’esercito e la protezione civile, ma anche valorizzando il ruolo dei cacciatori” e “prevedendo anche inediti sistemi di incentivazione”, oltre alle “attività di biosicurezza per creare barriere attorno agli allevamenti per le quali servono risorse straordinarie”.
COSA FARÀ IL GOVERNO
In un’intervista su Primocanale, a seguito della riunione con il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, Caputo ha annunciato i prossimi passi che verranno fatti in particolare in territorio ligure: applicazione della nuova ordinanza in via di pubblicazione, in cui verranno istituti e confermati alcuni momenti organizzativi, in particolare la nascita di gruppi operativi territoriali (Got), la figura del bioregolatore che può essere anche un cacciatore che ha particolare predisposizione di incarico di pubblico servizio per i piani eradicativi e dei momenti interdisciplinari composti da uomini e donne che provengono dal mondo dell’agricoltura, dell’ambiente e della sanità, i quali metteranno in piedi un piano eradicativo per portare fuori la Regione Liguria da questa patologia.
Caputo ha poi ipotizzato che “lavorando bene” ci vorranno circa 3-4 anni per eradicare del tutto il problema.