Le etichette alimentari forniscono ai consumatori informazioni sul contenuto dei prodotti e li aiutano a prendere decisioni di acquisto consapevoli. In teoria. In pratica, secondo la Relazione speciale 23/2024 della Corte dei conti europea, per come sono oggi, rischiano soltanto di generare confusione, essere fuorvianti o non sempre comprensibili.
Da qui l’appello alla Commissione Ue a prendere provvedimenti.
LA VERIFICA DELLA CORTE DEI CONTI UE
La Corte dei conti europea ha verificato se l’etichettatura degli alimenti nell’Ue aiuti i consumatori a prendere decisioni consapevoli nel momento in cui acquistano prodotti alimentari.
Ha inoltre verificato il quadro giuridico dell’Ue e come viene monitorata la comprensione delle etichette da parte dei consumatori. Infine, ha preso in esame i sistemi di controllo degli Stati membri, le modalità con cui verificano che le imprese del settore alimentare rispettino le norme relative all’etichettatura e il modo in cui la Commissione e gli Stati membri riferiscono in merito a tali controlli.
GLI ESITI
Secondo la Corte, sebbene complessivamente l’etichettatura degli alimenti nell’Ue possa aiutare i consumatori, vi sono anche “notevoli lacune nel quadro giuridico dell’Ue e debolezze nel monitoraggio, nella rendicontazione, nei sistemi di controllo e nelle sanzioni”. “I consumatori – afferma la relazione – si trovano di fronte a etichette che possono generare confusione, essere fuorvianti o non sempre comprensibili”.
Da un lato infatti gli Stati membri si sono mossi in autonomia per colmare le lacune europee, causando disparità tra i consumatori, dall’altro le imprese del settore alimentare hanno introdotto nuove pratiche in materia di etichettatura, aumentando la complessità del sistema. La Corte ha infine riscontrato che il quadro giuridico dell’Ue stabilisce quali sono le informazioni essenziali che devono figurare sulle etichette degli alimenti, ma 7 degli 11 aggiornamenti previsti non sono stati completati.
PERCHÉ LE ATTUALI ETICHETTE CREANO CONFUSIONE
La relazione fa alcuni esempi sul perché le etichette alimentari attualmente in circolazione possono confondere i consumatori. Per dirne una, le diciture “senza additivi”, “senza conservanti, “senza antibiotici” sono una pratiche che “può essere utilizzata dalle imprese alimentari come strumento di marketing”. Tuttavia, le norme non stabiliscono condizioni specifiche per l’uso di queste indicazioni, che “dovrebbero essere conformi ai requisiti generali del regolamento FIC (ossia essere esatte, non generare confusione o essere fuorvianti per i consumatori)”.
Allo stesso modo l’indicazione “naturale” è spesso utilizzata dalle aziende alimentari come strumento di marketing. Ma anche in questo caso si tratta di un’indicazione che “non ha una definizione ufficiale, se non nel contesto del regolamento sugli aromi (ad esempio, “aromi naturali di vaniglia”) e il regolamento sulle indicazioni (ad esempio “naturalmente ad alto contenuto di fibre”)”.
Mancano, invece, tra l’altro, etichette che indichino il grado di trasformazione degli alimenti, anche se i dati scientifici suggeriscono che il consumo di grandi quantità di alimenti ultra trasformati aumenta il rischio di sviluppare malattie legate all’alimentazione e non esistono norme dell’Ue che definiscano i termini “vegano” o “vegetariano”.
TROPPI SISTEMI DI ETICHETTATURA
La confusione, inoltre, secondo la Corte può essere causata dalla frammentazione dei sistemi di etichettatura europei, che si dividono in sistemi incentrati su sostanze nutritive specifiche (Assunzioni di riferimento, NutrInform Battery, FOP Regno Unito) e sistemi a indicatori sintetici (Keyhole, Heart/Health logos, Nutri-Score).
LE RACCOMANDAZIONI
Per tutti questi motivi, la Corte dei conti europea raccomanda alla Commissione di: colmare le lacune del quadro giuridico dell’Ue in materia di etichettatura degli alimenti; impegnarsi maggiormente per analizzare le pratiche in materia di etichettatura; monitorare le aspettative dei consumatori e intraprendere azioni per aiutarli a capire meglio le etichette degli alimenti; rafforzare i controlli degli Stati membri sulle etichette volontarie e sul commercio al dettaglio online; migliorare la rendicontazione relativa all’etichettatura degli alimenti.