Cibi ‘buoni’ e cibi ‘cattivi’, serve un’etichetta per distinguerli? Secondo Parigi che ha ideato il Nutriscore sì, ma non tutti – Italia in primis – sono d’accordo. A rafforzare il parere dei contrari è uno studio olandese secondo cui la maggior parte delle ricerche sull’etichetta a semaforo sono state condotte in Francia, da autori dell’Équipe de Recherche en Epidémiologie Nutritionnelle (Eren, Équipe di ricerca in epidemiologia nutrizionale), ovvero il centro dove è nato il sistema di etichettatura. In altri casi, da esperti “collegati ai suoi sviluppatori”.
COS’È IL NUTRISCORE
Il Nutriscore è l’etichetta per alimenti nata in Francia nel 2017 con l’obiettivo indirizzare il consumatore su una scelta piuttosto che un’altra. È detta anche ‘a semaforo’ perché prevede una scala di 5 colori che vanno dal verde, metafora del cibo ‘buono’, al rosso, che invece segnala un cibo ‘cattivo’ passando per il verde più chiaro, il giallo e l’arancione. A ogni colore è anche abbinata una lettera. Al verde ovviamente la A, per arrivare fino alla E del rosso.
CHI È PRO E CHI È CONTRO
La Commissione Ue aveva in programma di risolvere la questione a livello europeo entro la fine della legislatura, ma le divergenze tra gli Stati membri le hanno fatto rimandare la decisione a data da destinarsi. Come scriveva Start a fine 2022, oltre alla Francia, il Nutriscore è stato adottato – su base volontaria – da Belgio, Germania, Paesi Bassi, Lussemburgo, Spagna e Svizzera, anche se questi ultimi due Paesi ci starebbero ripensando.
Fermamente contrari – in quanto penalizzerebbe moltissimi prodotti, la cui discriminazione appare pretestuosa – sono Italia, Repubblica Ceca, Svezia, Grecia, Cipro, Ungheria, Lettonia e Romania.
Anche nella patria del Nutriscore, tuttavia, non mancano le polemiche. La Francia, come l’Italia, ha i suoi prodotti identitari di cui va fiera e i produttori di formaggio, per esempio, non ci stanno: “Come si spiega che il Bleu d’Auvergne sia classificato come E quando le patatine fritte fatte con l’olio ricevono una A?”, ha dichiarato Sebastien Ramade, presidente dell’associazione dei formaggi d’Auvergne.
Alcuni membri del Parlamento europeo sostengono che gli alimenti ultra-processati dovrebbero invece essere presi di mira perché come ha detto l’eurodeputata Irene Tolleret: “il problema del sovrappeso tra gli adolescenti non è dovuto al consumo di troppo Camembert”.
PERCHÉ GLI STUDI SUL NUTRISCORE NON SONO IMPARZIALI
Il dibattito scientifico sulla validazione e sull’efficacia del Nutriscore è ancora molto acceso, ma cosa ne pensano gli esperti? Per rispondere a questa domanda, Stephan Peters e Hans Verhagen, ex membri del comitato scientifico che ha ideato un sistema simile per gli alimenti in Olanda, hanno condotto una ricerca passando in rassegna tutti gli articoli pubblicati su PubMed che discutono dell’etichetta.
Nei 104 articoli esaminati hanno notato che “la grande maggioranza degli studi che supportano il Nutriscore sono condotti dai suoi sviluppatori”; mentre “la maggior parte (61%) degli studi condotti indipendentemente ha mostrato risultati sfavorevoli”.
Inoltre, aggiungono gli autori, “sebbene l’effetto teorico del Nutriscore sia stato convalidato su un algoritmo multi-nutriente, non ci sono prove reali di effetti benefici del Nutriscore su questo algoritmo in una gamma completa di supermercati”. E, dunque, per Peters e Verhagen, “non ci sono prove scientifiche sufficienti per sostenerne l’uso come strumento efficace di salute pubblica”.
UNA QUESTIONE DI SALUTE
Che il Nutriscore abbia dei problemi è innegabile, ma resta da risolvere il problema di salute pubblica. L’Italia infatti è quarta in Europa per sovrappeso e obesità infantile, e se si considera solo l’obesità, il nostro Paese è addirittura al secondo posto, stando ai dati del rapporto 2022 del Childhood Obesity Surveillance Initiative (Cosi) dell’Ufficio Europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Ecco perché la Commissione Ue sta esaminando anche altri sistemi. Tra questi, quello verde o nero “Keyhole” dei Paesi nordeuropei e il NutrInform Battery, sostenuto dall’Italia, che attraverso il simbolo della batteria indica al consumatore l’apporto nutrizionale dell’alimento in rapporto al suo fabbisogno giornaliero e al corretto stile alimentare.
Guardando fuori dall’Europa c’è chi, come il Cile, afferma di essere riuscito a far migliorare la qualità dei prodotti, riformulati con meno sale o zucchero, grazie a un sistema severo per cui i cibi contrassegnati da un’etichetta nera non possono fare pubblicità in televisione. E, stando a Guido Girardi, ex senatore che ha ideato il sistema, una legislazione simile è in corso di elaborazione in 32 Paesi.
Ora, per il Nutriscore l’ultima possibilità di essere rilanciato è il 25 aprile, quando gli verrà dedicato un simposio scientifico organizzato dal Belgio, che detiene la presidenza di turno dell’Ue.