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Covid-19

Infodemia: consigli su come parlare (e non sparlare) di pandemia

"La comunicazione su Covid-19 deve rivendicare l’ignoranza, la provvisorietà dei suoi risultati e l’esercizio del dubbio". Estratto dal libro di Marco Ferrazzoli e Giovanni Maga del Cnr “Pandemia e infodemia - Come il virus viaggia con l’informazione" (Zanichelli) che sarà presentato giovedì 20 gennaio, alle 17, presso la Biblioteca Universitaria di Pavia

 

Stiamo vedendo quanto sia complicato il rapporto tra il mondo della ricerca scientifica e gli altri soggetti sociali, cittadini e istituzioni.

La pandemia in tal senso offre una straordinaria occasione di dialogo, che però almeno finora non è stata colta al meglio.

Talvolta, anzi, è parso l’opposto: a livello sociale, pubblico, ma soprattutto mediatico è esplosa una bolgia di voci, posizioni, pareri, interventi, che ha determinato uno sconcerto diffuso.

Un’infodemia. […] Che cosa può fare chi lavora nella comunicazione, informazione e divulgazione scientifica in queste situazioni?

Proviamo a cercare una risposta nel giusto mezzo tra gli estremi eccessivi della colpevolizzazione: di chi non assume comportamenti corretti oppure di coloro che non hanno saputo convincere ad assumerli.

Il massimo divulgatore italiano, Piero Angela, […] raccomanda ai divulgatori la «concisione», l’«essere non solo chiari ma anche non-noiosi», secondo l’«antico motto latino ludendo docere, cioè insegnare divertendo», ma soprattutto l’umiltà di accettare che «quando un lettore (o ancor più un telespettatore) non capisce, la colpa non è sua». Facile a dirsi, molto meno a farsi. […]

Il web apre infinite possibilità alla comunicazione ma anche all’ignoranza, che rischia paradossalmente di aumentare assieme alla disponibilità delle informazioni […] Internet ci illude che le risposte siano sempre pronte nell’istante in cui le otteniamo da un motore di ricerca e che si possa sempre tutti intervenire con la facilità con cui si mette un like. Schematizzando, siamo passati da una società verticale, in cui il sapere era un potere talvolta autoritario – dell’insegnante, del genitore, del medico… – a una società orizzontale, in cui tutti riteniamo di poter esprimere sempre opinioni di pari valore su qualsiasi argomento. […]

Detto ciò, i social network non meritano la bocciatura senza appello di chi li considera un luogo infernale, habitat esclusivo di haters (seminatori di odio) e fake news (bufale). È vero che spesso vi circolano le cose più stupide e pericolose, talvolta con esiti tragici, ma è altrettanto vero che, per sollecitare giovani e giovanissimi a indossare la mascherina, può essere efficace affidare il compito a influencer come Fedez e Chiara Ferragni. Ogni messaggio deve passare attraverso il canale più adatto al segmento di pubblico che si vuole raggiungere. Più che combattere l’infodemia con la censura e demonizzare i social meglio farne degli alleati, come in parte già accade. […]

Bisogna insomma essere pragmatici. Secondo alcuni mediologi non si può neppure teorizzare a priori la strategia perfetta di comunicazione: è possibile solo dedurla in base agli effetti ottenuti. […]

Più che il pericolo che grandi masse seguano i propagandisti di fake news, come nella favola del pifferaio, dovremmo temere le cosiddette echo chamber, cioè la tendenza a rinchiuderci nelle nostre bolle informative, spazi «su misura» (costruiti anche dagli algoritmi dei social media) dove incontriamo prevalentemente conferme a quanto già riteniamo di sapere o desideriamo che sia vero, per ascoltarne l’eco. […]

Temi complessi come la virologia e argomenti dibattuti come le vaccinazioni richiedono al contrario una posizione curiosa e umile, di apertura al nuovo, disponibile a rimettere in discussione ciò che pensiamo, attingendo da fonti di verificata autorevolezza. Bisogna, però, rendere le informazioni autorevoli più credibili senza atteggiarsi a profeti di certezze. […]

La comunicazione su Covid-19 deve rivendicare l’ignoranza, la provvisorietà dei suoi risultati, affermare il metodo per «tentativi ed errori» e l’esercizio del dubbio.

Infine, non bisogna escludere alcun registro di comunicazione, umorismo incluso. Ridere o sorridere su un’emergenza sanitaria non è offensivo o blasfemo, anzi può esorcizzare ansia e timore, affrontando bufale e complottismi senza salire in cattedra.

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