Questione di serendipità. Lo ha definito così il vicepresidente esecutivo per la ricerca e lo sviluppo biofarmaceutici di Astrazeneca, Mene Pangalos, il colpo di fortuna derivante da un errore di dosaggio che ha portato il loro vaccino ha un’efficacia del 90%.
Il vaccino anti Covid prodotto dalla società, e sviluppato dall’Università di Oxford e dalla sua società spin-out, Vaccitech, in collaborazione con l’italiana Irbm, aveva infatti soddisfatto l’endpoint primario di efficacia, con una media del 70%. Una percentuale inferiore a quello degli annunci di Pfizer e Moderna, efficaci al 95%. Inferiore anche al risultato del 95% di efficacia del vaccino russo Sputnik V, comunicato oggi.
Ma la casa farmaceutica britannica ha affermato lunedì che il vaccino potrebbe essere efficace al 90%, se somministrato come mezza dose seguita da una dose completa un mese dopo, citando i dati di studi in fase avanzata in Gran Bretagna e Brasile.
Tutti i dettagli.
L’EFFICACIA DEL VACCINO ASTRAZENECA AL 90%
“Il nostro vaccino è efficace al 90% con il regime di una dose e mezzo”, ha dichiarato ieri all’Adnkronos Salute Piero Di Lorenzo, amministratore delegato e presidente dell’Irbm di Pomezia, che ha collaborato alla messa a punto insieme all’Università di Oxford del vaccino anti-Covid prodotto e commercializzato su vasta scala da Astrazeneca.
La notizia di un’efficacia media del 70% del vaccino Oxford-Irbm aveva aperto la mattinata: poi i dati completi hanno evidenziato che era soltanto una media tra le varie prove di sperimentazione ed il vaccino al dosaggio di una dose e mezzo arrivava al 90%.
“Abbiamo testato una serie di dosaggi proprio per individuare la soluzione che garantisse la migliore efficacia e tollerabilità”, ha spiegato Di Lorenzo.
EFFICACIA DELLA MEZZA DOSE GRAZIE ALLA SERENDIPITÀ”
“Il motivo per cui abbiamo avuto la mezza dose è la serendipità”, ha detto a Reuters Pangalos di Astrazeneca.
Un gruppo più ampio che aveva ricevuto due dosi complete, come pianificato, ha prodotto una lettura dell’efficacia del 62%, portando a un’efficacia complessiva del 70% in entrambi i modelli di dosaggio.
Nel periodo in cui Astrazeneca stava iniziando la sua partnership con Oxford alla fine di aprile, i ricercatori universitari stavano somministrando dosi ai partecipanti alla sperimentazione in Gran Bretagna.
Ben presto hanno notato che gli effetti collaterali attesi come affaticamento, mal di testa o dolori alle braccia erano più lievi del previsto. “Così siamo tornati indietro e abbiamo controllato. Abbiamo scoperto che avevano somministrato la dose del vaccino a metà”, ha riferito Pangalos.
Pertanto la società ha deciso di continuare con la mezza dose e somministrare la dose piena di richiamo al momento programmato.
I RISULTATI DELLO STUDIO CLINICO
Per ricapitolare: a circa 3.000 persone è stata somministrata la mezza dose e poi una dose completa quattro settimane dopo. I dati mostrano che il 90% di loro è protetto. Nel gruppo più grande, a cui sono state somministrate due dosi complete anche a quattro settimane di distanza, l’efficacia è stata del 62%.
NON SE LO SPIEGANO NEMMENO GLI SCIENZIATI AL LAVORO SUL VACCINO ASTRAZENECA
Come ha riportato il Guardian, gli scienziati hanno affermato di non essere ancora in grado di spiegare completamente perché la mezza dose ha mostrato una protezione migliore. Tuttavia, potrebbe dipendere dal fatto che inneschi il sistema immunitario in modo diverso.
La professoressa Sarah Gilbert dell’Università di Oxford, che ha guidato la ricerca, ha dichiarato: “Potrebbe essere che somministrando una piccola quantità di vaccino per iniziare e successivamente con una grande quantità, sia un modo migliore per mettere in azione il sistema immunitario. Dando una risposta immunitaria più forte e più efficace”.