Dopo esser stato recepito dal distretto socio-sanitario di Nettuno e distribuito alle famiglie con persone disabili ma poi ritirato dalla stessa Amministrazione comunale per le reazioni indignate dei destinatari e il clamore suscitato nella pubblica opinione, il questionario messo a punto dalla Regione Lazio per testare lo “stress” dei caregiver che avevano presentato istanza allo scopo di accedere ai sussidi compensativi per le disabilità – già definito dello scandalo o della vergogna – è approdato al Comune di Roma e inoltrato ai nuclei familiari dell’area metropolitana, sollevando come prevedibile lo stesso polverone.
Ora il modulo incriminato è ritornato al mittente: la Regione Lazio – che l’ha elaborato come Caregiver burden inventory o “Inventario del carico assistenziale” nella delibera che riconosce le figure dei caregiver familiari, sotto forma di linee guida e conoscitive, valuterà se correggerlo, ritirarlo o rimandarlo in circolazione con gli improbabili chiarimenti che tuttavia non giustificherebbero l’iniziativa che è apparsa subito inqualificabile, inidonea e di pessimo gusto.
Lette alcune domande viene da chiedersi a chi sia venuta in mente questa indegna pensata: “Da zero a quattro, quanto ti vergogni di tuo figlio o del tuo familiare disabile?”, “Quanto risentimento provi nei suoi confronti?”, “Quanto non ti senti a tuo agio quando hai amici in casa?”, “Senti che stai perdendo vita?”.
Con una specifica: uno significa poco, due moderatamente, tre parecchio e quattro molto. Questa iniziativa dimostra la scarsa o nulla competenza nel settore delle disabilità di chi elabora, avvalora e mette in circolazione siffatta modulistica (necessario quanto l’Isee per accedere ai sostegni) definita “strumento scientifico” indicato da una delibera di giunta regionale tra i possibili strumenti da utilizzare da parte dei Comuni e consiste in una modalità di autovalutazione (percezione soggettiva dello stress, semplice ma efficace, riferita a cinque differenti aspetti della condizione di caregiver familiare: carico oggettivo, psicologico, fisico, sociale ed emotivo (percezione soggettiva).
L’obiettivo è quello di individuare idonee misure di sostegno per le famiglie interessate ma nell’involucro di uno psicologismo di basso profilo umano e culturale. Presentata come “uno strumento di valutazione del carico assistenziale, in grado di analizzarne l’aspetto multidimensionale”, in realtà inutile, dannosa e prigioniera dei neologismi del linguaggio 4.0.
Dunque i familiari di un disabile dovrebbero dichiarare non solo i disagi ma quanta vergogna, addirittura “risentimento”, provano per la loro situazione ma ci si chiede chi mai risolverebbe il loro eventuale scompenso emotivo. Siamo alle solite: si dà spazio all’incompetenza professionale che raccoglie dati al limite della violazione della privacy e dei principi costituzionali, senza un briciolo di buon senso e di umanità, e ci si mette sopra il cappello dell’investitura politica e istituzionale. Moduli del genere non ne dovrebbero proprio girare. Il disagio o le speranze dei caregiver non sono merce di pubblico scambio con l’assistenza dovuta alle persone con disabilità. Vergogna dunque sì: ma tutta per questa iniziativa.