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Riforma Settore Farmaceutico

Cosa prevede la riforma del settore farmaceutico proposta dalla Commissione Ue

La proposta di riforma del settore farmaceutico avanzata dalla Commissione europea divide gli Stati membri e provoca il mal di pancia alle Big Pharma, che attraverso le lobby stanno già dando battaglia. Tutti i dettagli

 

A Bruxelles non si sta parlando solo della riforma del Patto di stabilità ma anche di quella del settore farmaceutico che, dopo 20 anni, ha come obiettivi rendere l’accesso ai medicinali più sicuro e conveniente, incoraggiare l’innovazione e ridurre la burocrazia.

Ecco cosa prevede la proposta della Commissione europea.

A COSA SERVE UN REGOLAMENTO UE SUI FARMACI

Rimandata per anni, la riforma del settore farmaceutico, una cui bozza era circolata a gennaio, ieri è stata presentata ufficialmente. Il regolamento europeo sui farmaci non veniva infatti toccato da due decenni e riguarda molti temi: dall’accesso alla carenza di medicinali, fino all’autorità di regolamentazione del settore.

BASTA FAVORITISMI AI PAESI RICCHI

“Attualmente – osserva Politico – i pazienti dei Paesi orientali più poveri dell’Ue ricevono i nuovi farmaci anni dopo le loro controparti occidentali”, questo perché i Paesi più ricchi possono pagare per ricevere medicinali innovativi senza dover aspettare alternative meno costose.

La Commissione ha quindi proposto di abolire le disuguaglianze, riducendo di due anni (da 10 a 8) il tempo che i nuovi farmaci di marca hanno a disposizione per essere immessi sul mercato prima del lancio da parte dei concorrenti, e consentendo alle aziende farmaceutiche di recuperare questi due anni solo se il lancio avviene in tutti i 27 mercati dell’Ue.

“I farmaci che trattano una ‘necessità medica non soddisfatta’ – spiega Politico – avranno sei mesi in più, così come i farmaci per i quali lo sviluppatore conduce uno studio clinico con un farmaco concorrente (il che rende più facili le trattative sui prezzi)”, mentre “i farmaci che trattano altre malattie oltre a quella principale otterranno un anno in più di protezione”.

NODO BREVETTI

Questa forse – insieme alla misura precedente – è una delle questioni che le Big Pharma faranno più difficoltà a digerire e per cui combatteranno maggiormente. La Commissione, infatti, vuole rendere molto più semplice l’attuazione di una licenza obbligatoria in caso di emergenza, ovvero uno strumento che consente ai governi di scavalcare i brevetti per garantire l’approvvigionamento.

A questo si aggiungerebbe la sospensione della protezione dei dati normativi, cioè quei dati necessari – anche in presenza di una licenza obbligatoria – ai produttori di farmaci generici per immettere nel mercato opzioni alternative.

LA RIFORMA DELL’EMA

Grandi cambiamenti, sempre secondo la proposta, riguarderebbero anche l’Agenzia europea per i medicinali (Ema), che dovrebbe fornire una maggiore consulenza scientifica ai produttori di farmaci e valutazioni più rapide dei dati. Procedure semplificate che, per Politico, sono vendute dalla Commissione come un vantaggio per le Big Pharma, anche se “resta da vedere se il settore è d’accordo”.

CARENZA FARMACI

La carenza di farmaci in Europa, che si è fatta particolarmente sentire questo inverno, vorrebbe essere risolta costituendo delle scorte di emergenza di medicinali o ingredienti per produrli.

“Altre misure – afferma Politico – includono l’obbligo per le aziende di notificare alle autorità con sei mesi di anticipo eventuali problemi di approvvigionamento e di preparare piani di prevenzione delle carenze”.

Entro la fine di quest’anno l’Ema stilerà un elenco di farmaci critici per monitorarne la disponibilità e contribuire a coordinare una risposta. Inoltre, attraverso la creazione di un sito, le informazioni relative alle carenze saranno rese pubbliche.

GUERRA ALLA RESISTENZA ANTIMICROBICA

Un altro problema più volte citato ultimamente è la resistenza antimicrobica, responsabile ogni anno in Europa di 35mila decessi, di cui 11mila solo in Italia, che infatti, nell’Ue, è seconda solo alla Grecia.

La Commissione ha dunque proposto un “controverso” incentivo, come lo definisce Politico, in quanto premierebbe gli sviluppatori di nuovi antibiotici con un voucher vendibile che garantisce un anno di protezione dei dati per un farmaco a scelta dell’azienda.

NON DIMENTICHIAMOCI L’AMBIENTE

Infine, la proposta mira anche a ridurre l’impatto ambientale dell’industria farmaceutica. Per intervenire concretamente, la Commissione vorrebbe dare la possibilità all’Ema di rifiutarsi di approvare un farmaco nel caso in cui chi lo sviluppa non fornisca sufficienti informazioni sui potenziali rischi ambientali di cui è responsabile.

LE PRESSIONI DELLE LOBBY DIETRO LE QUINTE

La proposta di riforma dovrà ora passare al vaglio di Consiglio e Parlamento europeo, prossimo alle elezioni del 2024.

Ma nonostante il commissario per la salute Stella Kyriakides, usando le parole del cantante Bono Vox, abbia ricordato che “il luogo in cui si vive non dovrebbe determinare se si vive o si muore”, stando a Politico si registrano malumori – soprattutto sulla stretta sulla proprietà intellettuale – da parte del settore farmaceutico, che “ha già esercitato un’intensa attività di lobby contro le disposizioni principali”.

“Diversi big dell’industria – prosegue il quotidiano -, tra cui i dirigenti di Novo Nordisk e Novartis, hanno dichiarato che le aziende farmaceutiche probabilmente andranno all’estero. E Big Pharma ha fatto capire di avere amici ai piani alti”.

GLI SCHIERAMENTI

Intanto, per Politico, gli schieramenti sembrano già essersi formati con Germania, Italia e Danimarca contrari alla proposta, e Austria, Estonia, Ungheria, Paesi Bassi, Polonia e Slovacchia favorevoli.

Come fa presente Il Sole24Ore, quello farmaceutico è uno dei settori di eccellenza dell’Italia e la riforma, così pensata, rischia di “far perdere al Vecchio Continente e al nostro Paese una fetta dei 1.600 miliardi di dollari di investimenti previsti da qui al 2028 per scoprire nuove terapie in favore di Usa e Cina che già oggi siamo costretti a rincorrere”.

Soprattutto la riduzione dell’esclusiva di mercato riservata ai nuovi farmaci dai 10 anni attuali a 8 potrebbe non attirare più gli importanti investimenti di Big Pharma. Già oggi, osserva il quotidiano economico, “se nel 2001 Usa ed Europa erano quasi appaiate (44% contro 41%) vent’anni dopo gli Usa attirano il 52% degli investimenti, contro il 31% della Ue e con l’Oriente che cresce (17% tra Cina e Giappone)”.

Dello stesso rischio, lo scorso gennaio quando era circolata una bozza della proposta, aveva parlato a Politico anche Nathalie Moll, direttrice generale della Federazione Europea delle Associazioni e delle Industrie Farmaceutiche (Efpia): “Che si tratti di ingenuità, di cieco ottimismo o di una decisione più consapevole da parte dell’Europa di affidarsi all’innovazione degli Stati Uniti e dell’Asia, tutti dovrebbero essere certi che ciò che abbiamo visto come bozza di proposta legislativa sarebbe estremamente dannoso per la competitività dell’industria farmaceutica innovativa europea”.

A quelle anticipazioni il ministro agli Affari europei Raffaele Fitto aveva manifestato contrarietà e il governo italiano si prepara a dare battaglia: “Pur condividendo la finalità generale di garantire nel mercato europeo un tempestivo ed equo accesso a medicinali sicuri – ha detto Fitto al Sole24Ore -, le proposte mettono a serio rischio la tutela e la competitività del settore farmaceutico che rappresenta un punto di forza delle nostre economie. La nostra posizione è chiara siamo già al lavoro in vista dei negoziati sia in Consiglio che in Parlamento”.

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